Dal giorno della destituzione di Gheddafi, l’incendio in Libia ha continuato a covare sotto le ceneri. Nel fine settimana scorso, è riaffiorato con tutta la sua portata devastante. È una vera e propria azione eversiva quella che ha spinto gli uomini di Mokhtar Fernana, che ha detto di essere il comandante della polizia militare, a irrompere in Parlamento. L’episodio ha prodotto almeno due morti e una cinquantina di feriti.
Tripoli e non solo. Focolai di rivolta si sono accesi anche in altre zone del Paese, come Bengasi, teatro di bombardamenti e guerriglia che hanno causato quasi cento morti e riavvolto il nastro della memoria a un paio d’anni fa, quando la Libia era teatro di una sanguinosa “primavera araba”. Deus ex machina dei disordini a Bengasi è Khalifa Haftarm, ex generale in congedo messosi a capo di nugoli di rivoltosi anti-governativi. Motivi della protesta sarebbero la richiesta di una nuova carta costituzionale e la matrice islamista del nuovo Premier Ahmed Maiteeq.
Motivazioni che però non convincono a pieno. “Non si spara, ma la situazione rimane tesa, anche perché non si capisce bene cosa vi sia sotto e cosa i vari miliziani vogliano fare” ha dichiarato poco fa all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli.
Riaffiorano i fantasmi del recente passato. “Mi auguro che non ci sia una guerra civile, ma ci sono tutte le premesse perché possa scoppiare”, afferma mons. Martinelli. Il quale aggiunge: “La Libia sta vivendo un momento particolare. Non mi sono mai trovato in una situazione così critica. Speriamo che il buon senso prevalga. La mia speranza deriva dalla preghiera e dal fatto che la gente vuole la pace”.
Il Vicario Apostolico racconta l’atmosfera che si respira a Tripoli. Dopo i pesanti combattimenti di domenica scorsa, “il giorno successivo sembrava che non fosse successo niente: i tripolini erano scesi nei bar come se nulla fosse”, spiega. E si dice “stupito di come la popolazione sia capace di passare rapidamente da una situazione di guerra ad una di pace”. Secondo il vescovo ciò è dovuto al fatto che “la gente anela alla pace, ne ha bisogno dopo questi anni di incertezza”.
“Per questo dico: pregate per noi, perché l’unica forza è quella della preghiera che smuove i cuori delle persone”, l’invito finale di mons. Martinelli.
(F.C.)