Nulla di fatto per la svolta tanto attesa nelle “leggi elettorali” della Conferenza Episcopale italiana. Sarà ancora il Papa a nominare il presidente dei vescovi. E a deciderlo sono stati gli stessi presuli che – dopo non poche discussioni – hanno votato a maggioranza la decisione durante la loro 66° Assemblea generale, avviata lunedì in Vaticano e incentrata proprio sulla riforma dello Statuto Cei.
L’episcopato italiano continua dunque a mantenere la prerogativa di essere l’unico al mondo ad affidare al Papa, Vescovo di Roma ma anche Primate d’Italia, la nomina del proprio Capo. Una scelta dovuta al “legame unico” tra la Chiesa italiana e il Pontefice che “deve essere valorizzato ed espresso”, come ha spiegato l’attuale presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, riferendo personalmente ieri la notizia ai giornalisti, dopo la sessione serale.
Bagnasco, però, ha annunciato anche una “mezza” novità riguardo alle procedure elettive del presidente dei vescovi, di chiara impronta collegiale e quindi ‘bergogliana’. “Abbiamo escluso la votazione diretta”, ha detto il porporato, ma “saranno presentati al Santo Padre i tre confratelli maggiormente votati, a lui resta poi la libertà di scelta”.
In altre parole, i vescovi parteciperanno all’elezione del loro Capo, presentando al Papa tre nomi con indicati i voti conseguiti da ciascuno. Da questi il Pontefice dovrà poi estrarre quello del futuro presidente. I presuli della terna dovranno aver raggiunto il 50% dei voti: verrà infatti votato un candidato alla volta e, qualora non venisse raggiunto il quorum, si ripeterebbe la votazione.
Ancora non si è deciso se i nomi, dopo la comunicazione al Pontefice, saranno resi pubblici, ha spiegato Bagnasco. Inoltre, la modifica statutaria – decisa con maggioranza qualificata – sarà finalizzata con un voto successivo dalla Assemblea straordinaria in programma a novembre, sempre a maggioranza qualificata.
“Non escludo – ha dichiarato l’arcivescovo di Genova – che sarà reso noto all’Assemblea il risultato delle votazioni, ma è un dettaglio che si studierà nel regolamento che potremo approvare nella prossima assemblea di novembre a maggioranza semplice. Oggi (ieri n.d.a.) servivano invece i due terzi dei voti”.
Considerando che, inizialmente, il Consiglio Episcopale permanente della Cei – una sorta di piccolo “Parlamento” interno – aveva stabilito di mantenere la prassi e deciso di limitarsi ad elencare 15 nomi, la soluzione appare dunque un pacifico compromesso. O meglio, “una buona conclusione”, per dirla con le parole di Bagnasco.
Evidentemente l’invito di Francesco alla “piena comunione” e a evitare “chiacchiere e gelosie” interne, pronunciato nel suo sentito discorso di lunedì, ha sortito l’effetto desiderato. Come pure l’esortazione del cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione dei vescovi, che nella sua omelia durante la Messa di martedì aveva chiesto ai presuli di “non abbassare il livello spirituale” dell’Assemblea, riducendola ad un mero “gioco di fazioni, polarizzazioni e politica”.
“Abbiamo lavorato intensamente e con molta fraternità, chiarezza e serenità”, ha tenuto infatti a precisare il cardinale Bagnasco. “Pur accettando il criterio di una maggiore partecipazione dei vescovi nella scelta che in altri episcopati del mondo avviene con la votazione diretta, da noi esclusa – ha detto ai giornalisti – è stato deciso di mantenere al Papa la nomina, presentandogli i tre confratelli scelti, individuati e designati nello spirito di un aiuto al Santo Padre”.