In Repubblica Centrafricana torna a scorrere sangue cristiano. Miliziani appartenenti al gruppo di Seleka hanno attaccato con granate la chiesa di Nostra Signora di Fatima, alla periferia di Bangui, capitale del Paese.
All’attacco è seguito un lungo scontro a fuoco nel quale, da quanto riferiscono alcune fonti, sarebbero rimaste uccise una sessantina di persone, tra cui anche un sacerdote. Si parla inoltre di decine di ostaggi portati via dai terroristi.
Secondo alcuni testimoni, prima dell’assalto i fedeli si trovavano nel cortile della chiesa, molti dei quali, una volta giunti gli assalitori, hanno provato a fuggire nel compound dell’edificio. Ma non c’è stato scampo. “Eravamo all’interno della chiesa quando abbiamo sentito sparare fuori – racconta il reverendo Freddy Mboula a Rainews – e dopo mezzora di fuoco c’erano corpi sparsi ovunque”.
Ai microfoni della Radio vaticana,don Mathieu Bondobo, sacerdote centrafricano attualmente a Roma, ha dichiarato: “All’inizio ci siamo sempre impegnati a dire che questo conflitto è politico, non è interreligioso; ma il fatto di attaccare così una parrocchia, in modo voluto, ci fa paura, perché è un dato forte per dire che il conflitto sta diventando sempre più interreligioso”.
La tensione in Repubblica Centrafricana è altissima. Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu, nelle scorse settimane è arrivato a denunciare che il Paese è sull’orlo del baratro. Per porre un argine, il 10 aprile il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione che istituisce la missione di stabilizzazione nella Repubblica Centrafricana e autorizza l’invio di diecimila caschi blu a partire dal 15 settembre 2014.
(F.C.)