C’erano tutti e diciassette i membri della Commissione per la tutela dei minori oggi, in Sala Stampa vaticana, pronti a presentare ai media del mondo i lavori e le prospettive emerse nella prima sessione di lavoro che si concluderanno domenica. Nove uomini e otto donne, in totale, ognuno di diversa nazionalità (vengono da Asia, Africa, Sud America, Oceania), ognuno con un diverso bagaglio di esperienze e conoscenze. Chi di pastore, chi di esperto, chi di vittima stessa di abusi.
Al banco dei relatori, accanto al portavoce padre Federico Lombardi, erano seduti: il cardinale Seán Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente del nuovo organismo istituito per volontà del Papa il marzo scorso; Peter Saunders, britannico di Londra, fondatore della National Association for People Abused in Childhood, e Kayula Gertrude Lesa, religiosa africana attiva tra i rifugiati e le vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù in Zambia. Questi ultimi sono due nuovi membri della Commissione.
Con loro la squadra è al completo e si sta già impegnando per presentare a Papa Francesco delle “raccomandazioni molto concrete”, come ha sottolineato O’Malley. Anche perché gli abusi sessuali e le violenze sui minori da parte di membri del clero sono questioni su cui non si può perdere altro tempo.
La strada è stata spianata anni fa da Benedetto XVI, sin da quando occupava la scrivania di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con un duro e meticoloso lavoro che ha portato alla riduzione di 848 preti pedofili allo stato laicale e al sanzionamento di circa 2.572 sacerdoti accusati di abuso.
Una linea di “tolleranza zero” che Bergoglio ha abbracciato in pieno e che ora si rinvigorisce con la neonata Commissione, traducendosi più nel concreto in “programmi di prevenzione ben studiati e non improvvisati”. In particolare, ha detto O’Malley, “la Commissione è molto preoccupata sulla ‘responsabilità’ dei vescovi.
Traccia per i lavori della plenaria è stata la Lettera inviata giovedì scorso dal Pontefice ai presidenti delle Conferenze episcopali e ai superiori degli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, come ha sottolineato Lombardi.
Un documento fondamentale – ha ribattuto il cardinale cappuccino – diffuso in una data particolare: “Il 2 febbraio, la festa della presentazione del bambino Gesù al tempio”. Scelta non casuale, questa, che suona come una promessa dell’impegno che la Santa Sede si sta assumendo per far fronte a questa brutta piaga interna alla Chiesa.
“Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia sforzi per tutelare i loro figli e hanno il diritto di rivolgersi ad essa con piena fiducia, perché è una casa sicura”, scriveva Francesco infatti nella missiva. E O’Malley, oggi, ha rincarato la dose assicurando: “Noi stiamo lavorando per rendere il tempio un posto sicuro per i bambini”.
Il porporato ha quindi riferito di aver inviato un’altra lettera per sollecitare ogni Conferenza a indicare “una persona di riferimento che possa stabilire una linea di comunicazione”. E anche – in linea con le indicazioni del Papa e in accordo con la lettera del 3 maggio 2011 dell’ex Sant’Uffizio – a “suggerire le prassi migliori” alle diocesi che, per varie cause, hanno riscontrato difficoltà nel seguire le linee-guida.
In generale, circa “il 96%” delle Conferenze Episcopali hanno risposto positivamente a tali indicazioni, ha riferito l’arcivescovo di Boston, il resto o non ha risposto, o “sono state mandate delle norme deboli”. Pertanto Commissione e Congregazione per la Dottrina della Fede stanno creando una mappa per individuare i paesi che necessitano maggiore aiuto, “anche economico”. Alcuni dei paesi non rispondenti sono infatti zone “di missione” dalle risorse scarse, per cui il Vaticano sta pagando tutte le spese.
Si lavora sodo, quindi, e anche velocemente. Anche perché – ha rimarcato l’austero cardinale – “non si può pensare di insabbiare nulla”. Come ha scritto il Papa: “Non potrà venire accordata priorità ad altro tipo di considerazioni, come ad esempio il desiderio di evitare lo scandalo”.
Un’altra prospettiva della Commissione è poi di “sviluppare corsi educativi nell’ambito della Chiesa”, che comprendano programmi di prevenzione, rivolte pure alle famiglie, e diversi “working group”. Ovvero gruppi di lavoro che possano amplificare l’impegno della squadra vaticana. Fino alla prossima plenaria, stabilita per l’ottobre 2015, si riuniranno poi delle sotto-commissioni che si concentreranno su singole questioni. Ampio spazio sarà dato poi alle stesse vittime che verranno contattate per dare “un contributo speciale”, soprattutto alle questioni relative alla prevenzione.
Tra le notizie più importanti, infine, l’annuncio di una Giornata di preghiera per chi è ferito nel corpo e nell’anima da abusi sessuali. Un segnale per ribadire l’importanza dell’incontro e dell’ascolto, ma anche – come ha affermato Peter Saunders – che “qualcosa di estremamente significativo sta succedendo nella lotta alla pedofilia”.