Quaresima: un tempo d'attesa pervaso di valori spirituali e poetici

Una poesia dedicata a don Bosco interpreta la dimensione spirituale della preparazione alla Pasqua

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Negli articoli di ZENIT dedicati alla poesia abbiamo cercato di cogliere tutte le “occasioni” dell’ispirazione poetica, da quelle totalmente libere, legate a un particolare stato d’animo o a un’emozione improvvisa, a quelle che potremmo definire “a tema”, dedicate ad un momento celebrativo o al manifestarsi di un sentimento. A quest’ultimo proposito, abbiamo proposto interpretazioni poetiche dell’Immacolata Concezione, del Santo Natale e di San Valentino.

Ormai siamo in tempo di Quaresima, i quaranta giorni che preludono all’avvento della Pasqua, che si celebrerà quest’anno il 5 aprile. Quali sono i valori spirituali, interpretabili anche da un punto di vista poetico, che esprimono il senso profondo di questo cammino di preparazione alla Risurrezione di Nostro Signore? Senza dubbio, la carità, l’umiltà, la preghiera… a cui possiamo aggiungere l’aiuto al prossimo, il perdono…

Mentre formulavamo questi pensieri, ci è giunto un poemetto inviatoci da Maurizio Soldini, medico e insegnante di bioetica presso la “Sapienza” Università di Roma, nonché scrittore e poeta con all’attivo diverse pubblicazioni. Il poemetto, intitolato Oratorio, è stato composto dal dott. Soldini per celebrare il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco.

Nel leggerlo, ci siamo detti: chi meglio di don Bosco ha interpretato, con il concreto esempio di virtù eroiche, l’attesa fiduciosa della risurrezione del Cristo sepolto? Così come la Pasqua porta ai credenti un annuncio di salvezza, don Bosco portò ai giovani emarginati del suo tempo l’annuncio di una vita dignitosa, da conquistare con fatica e da spendere nell’osservanza dei doveri cristiani. Ma don Bosco, uomo del “fare”, fu anche un sacerdote altamente spirituale, che arrivava a commuoversi durante l’Eucarestia…

La nostra epoca, esaurita la spinta propulsiva del secondo dopoguerra, che fu anche epoca di ideali e di scelte legislative improntate ai valori, sta ricadendo in una spirale di ingiustizia sociale analoga a quella dell’Ottocento. E i “preti di strada” – come diremmo con linguaggio dei nostri giorni – sono oggi più che mai attuali. Lo dimostra il successo di un “prete di strada” speciale: padre Jorge (come continua a farsi chiamare Papa Francesco…).

La composizione di Maurizio Soldini, intitolata Oratorio, si snoda in una sequenza di episodi rappresentati con grande vividezza immaginativa. Colti nell’istante atemporale del loro divenire, grazie anche alla soluzione stilistica dell’assenza di punteggiatura. Il tono è di tipo realistico-narrativo, atto a “raccontare”, e insieme far rivivere, la vita di un Oratorio salesiano alla periferia di Roma intorno alla metà del secolo scorso, comunicando l’atmosfera di fraternità ed empatia che pervade la piccola comunità di sacerdoti e di giovani. Sotto l’egida spirituale di un gigante della fede – don Bosco – che a quel senso di comunità dedicò la vita intera.

ORATORIO

di Maurizio Soldini

tramestio di panche nella corsa
per l’adunata ai vertici del canto
nell’odore della mensa e di arance
un filo di incenso fumante nell’aria
e poi “ora pro nobis” e un “sempre
sia lodato” liberatorio al gioco
tra tavoli di ping pong e calciobalilla
una medaglia di domenica mattina
e Peppe Bertorello sempre sorridente
tra la legatoria e mille maglie
si asciuga la dolcezza che trasuda
a tener buona una masnada di ragazzi
don Lai abbrivio ai piccoli cantori
don Nonne severo nella direzione
e don Abbà il filosofo virtuoso
che fischia i falli sul campo di pallone
ma prima tutti a messa con don Carlo
il parroco della prima comunione
o a scucir la predica a don Braido
e poi tutti a dottrina il sabato
la cresima col Vescovo di zona
silenzi dei ritiri spirituali all’ombra
di don Bosco e Domenico Savio
i festival della canzone di maggio
all’imbrunire la festa di Maria Ausiliatrice
la processione accesa per le vie
le suore e i salesiani all’Ateneo
tanti studenti santi professori
un giorno alcuni anche famosi
a reggere le sorti pontificie
la sorte ha dato a noi questo oratorio
in un quartiere proprio tutto nuovo
ai margini di Montesacro e Val Melaina
sorte la chiama chi rifiuta provvidenza
un oratorio è invece provvido di intese
che ognuno serba nei suoi anni
segnati dallo spirito del canto
dai giochi e dalle riflessioni di quel santo
i giovani rimangono come erano
anche se inceneriscono i capelli
i giovani che videro affacciati
alle finestre imbandierate Paolo VI
su quella striscia d’asfalto in mezzo ai prati
a dare la benedizione all’opera voluta
da quel buon papa che non fece a tempo
la chiesa era gremita con Giovanni Paolo
mio padre gli sorride nella foto
la chiesa nuova al posto della fossa dei leoni
dove un campetto faceva l’alter ego al campo
vero dove le maglie rosse del don Bosco
facevan da volano alle passioni
accanto alla palestra dove i cestisti
si libravano guidati da Vincenzo
che il pomeriggio sonava la chitarra
il premio della gioia un bel presagio
nel gioco della vita se hai avuto la fortuna
di crescere nella solarità di un bel frastuono
all’ombra di un sant’uomo nato duecento
anni or sono che volle follemente l’oratorio
e ha regalato a noi un cielo tutto d’oro

Maurizio Soldini è nato nel 1959 a Roma, dove vive e lavora. Scrittore e poeta, insegna bioetica e svolge l’attività di clinico medico presso la “Sapienza” Università di Roma.

Attivo come editorialista, collabora con il quotidiano Avvenire e con la rivista letteraria online La Recherche. Ha pubblicato raccolte di poesia e saggi scientifici, tra cui: Il linguaggio letterario della bioetica (Libreria Editrice Vaticana, 2012). Si sono occupati della sua poesia importanti esponenti della critica come Elio Pecora, Plinio Perilli e Dante Maffia.

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Maurizio Soldini, nel presentare il suo poemetto, scritto per rendere omaggio a don Giovanni Bosco, il “santo dei giovani”, lo definisce come un’opera “narrativo-minimalista, giocata su un pedale basso imperniato sulla poetica di Giovanni Giudici, uno dei maggiori poeti del Novecento”. E fa riferimento, in particolare, alla poesia La vita in versi, una delle opere più significative di Giudici.

L’occasione ci è gradita per aprire una finestra su questo importante autore del secolo appena trascorso, la cui opera è caratterizzata da impulsi sociali e reminiscenze cattoliche, con un anelito di intensa moralità. La vita in versi può definirsiuna sorta di “manifesto poetico”di Giovanni Giudici,e si conclude con un verso che assomma al valore poetico una potente capacità di sintesi esistenziale:“in ogni caso l’essere è più del dire”.

LA VITA IN VERSI

di Giovanni Giudici

Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettano occhiate
d’accordi. E gli astanti s’affacciano
al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
è possibile a tutti più che nascere
e in ogni caso l’essere è più del dire.

Giovanni Giudici (1924-2011) è stato un poeta, giornalista e saggista di formazione cattolica. Ha esordito in poesia nel 1965 con La vita in versi, pubblicando numerose raccolte poetiche. Dopo un’antologia in due volumi pubblicata nel 1991, ha scritto un originale libretto di riflessioni sulla poesia intitolato Andare in Cina a piedi (1992). Nelle opere pubblicate nell’ultimo scorcio di vita si fa più intensa l’interrogazione metafisica.

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In questo tempo di Quaresima, e in vista della Santa Pasqua, che ricorre quest’anno il 5 aprile, la rubrica di poesia di ZENIT dedicherà una particolare attenzione alle poesie ispirate al tema.

I poeti interessati alla pubblicazione possono inviare i loro brani poetici all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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