Poeti della preghiera

Nelle parole del Santo Padre, l’anello di congiunzione tra poesia e preghiera, universali esigenze dell’anima

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Papa Francesco si è imposto all’attenzione della gente con un’umanità spontanea e cordiale, imprimendo al suo annuncio del Vangelo un’impronta di ottimismo e fiducia. Nelle sue parole si avverte un distillato di saggezza ed anche di creatività genuina.

Le occasioni in cui queste doti si manifestano nel suo affettuoso rapporto con i fedeli sono infinite: con specifico riguardo alla poesia, vogliamo citarne una dove emerge l’amore del Santo Padre per la parola poetica (ricordiamo che Bergoglio, in gioventù, insegnò letteratura e scrittura creativa e conobbe personalmente Jorge Luis Borges, lo scrittore di Buenos Aires ritenuto uno dei più influenti autori del XX secolo).

All’udienza generale dell’11 marzo 2015 Papa Francesco ha parlato del ruolo dei nonni nella famiglia: “La preghiera degli anziani è una ricchezza per la Chiesa ed è una grande iniezione di saggezza per l’intera società umana”, ha affermato, aggiungendo che “l’anzianità è una vocazione”. Il Pontefice ha quindi esortato i suoi coetanei ad inventarsi nuovi modi per rendere attiva questa fase della vita, offrendo il senso della loro testimonianza. Ed ha citato le tante “testimonianze di santi e sante anziani” invitando a seguire “la scia di questi vecchi straordinari”, per diventare anche noi un po’ “poeti della preghiera”.

“Poeti della preghiera”: una bellissima immagine che individua, in modo quanto mai diretto e immediato, l’anello di congiunzione tra due universali esigenze dell’anima, così intimamente legate che un pregevole critico letterario del ‘900 – padre Guido Sommavilla, anche lui gesuita – arrivò a dire che i poeti “non possono non essere, lo sappiano o no, cristiani”.

Proprio così, perché la parola vive anche e soprattutto della luce dello spirito, che in essa prende voce, figura, calore. Nella parola poetica c’è sempre la presenza dell’oltre, una segreta tensione verso l’assoluto. “L’origine della poesia – scriveva Giuseppe Ungaretti – è il contatto dell’uomo con Dio, è il contatto dell’uomo che non sa, che non potrà mai sapere. Quel contatto così che l’illumina, e in un modo impreciso perché non è dato conoscere che vagamente il mistero…”.

Ed ecco dunque che, nella dimensione di cristiana sensibilità e intelligenza che pervade la poetica ungarettiana, il mistero della poesia si fa ansia di verità e strumento di rigenerazione spirituale. Proprio come la preghiera. Perché il problema religioso, afferma il poeta, “ad un certo momento si pone irrimediabilmente nella vita dell’uomo”.

PREGHIERA

di Giuseppe Ungaretti

Quando mi desterò
dal barbaglio della promiscuità
in una limpida e attonita sfera
Quando il mio peso mi sarà leggero
Il naufragio concedimi Signore
di quel giovane giorno al primo grido

Giuseppe Ungaretti (1888-1970) studiò a Parigi dove frequentò i grandi pionieri del rinnovamento artistico e letterario: da Apollinaire a Max Jacob, da Picasso a De Chirico. Richiamato alle armi, visse la drammatica esperienza della guerra che incise profondamente sulla sua poesia. Dal 1937 al 1942 fu in Brasile dove insegnò lettere italiane a San Paolo. Tornato in Italia, fu nominato Accademico e tenne la cattedra di letteratura all’Università di Roma. Per la sua vasta opera, in cui ha sviluppato la rivoluzione poetica dei grandi simbolisti francesi conservando le radici della tradizione europea e mediterranea, è considerato uno dei maggiori poeti del ‘900.

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Come i nostri lettori ben sanno, una delle caratteristiche di questa rubrica di poesia su ZENIT è quella di pubblicare opere di autori diversi – per età, stile e collocazione storica – le cui composizioni possono riferirsi ad un medesimo argomento o tema. Per riaffermare il comune sentire dell’umana esperienza che, attraverso un caleidoscopio di espressioni, ripropone sempre alcuni temi universali, che sono il motivo del costante successo della poesia.

Ecco quindi altri due componimenti – accomunati dal medesimo titolo di Preghiera – che esprimono la sincera urgenza di un’intima relazione con Dio. Il primo è di Gherardo Del Colle, sacerdote e personalità letteraria del dopoguerra; il secondo è di Fulvia Iovine, autrice napoletana ancor giovane ma che ha già al suo attivo quattro sillogi poetiche.

PREGHIERA

di Gherardo Del Colle

Signore, non andartene lontano:
in quest’ora di tenebre
non basta un po’ di sole a illimpidirmi,
e l’olio manca nella mia lucerna.
Siedi con me, Signore, al desco arido
della mia vita:
ch’io Ti conosca al frangere del pane.

Frate francescano e poeta, Gherardo Del Colle (1920-1978), appartenne alla provincia ligure dei Cappuccini. Docente di letteratura italiana nelle scuole dell’Ordine e cappellano ospedaliero, svolse il suo ministero sacerdotale in diversi conventi della sua provincia. Fu inoltre attivo nel campo della critica letteraria: attività che, insieme alla costante produzione poetica, lo inserisce a pieno titolo fra le personalità culturali di spicco del secondo dopoguerra.

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PREGHIERA

di Fulvia Iovine

Gesù nostro,
che ti avvali
della volontà dell’Uomo
e concedesti il libero arbitrio,
fa’ che rispettiamo
il nostro destino
di scelte giuste
in amore e pace.
Fa’ che nel peccare
sopportabile sia il peso della croce
e sii misericordioso nel Tuo perdono.
Sii compassionevole
nella gloria
dei martiri.
Offrici il bene quotidiano
e che la Tua guida
possa essere
di cammini liberi,
di valori acquisiti,
portandoci nell’abbraccio fraterno
di tutti i popoli convertiti
in un unico Padre.

Fulvia Iovine, dopo Canti dalla gabbia, Nel silenzio della solitudine e Il Divino sentire ha pubblicato, nel 2015, la sua quarta silloge poetica: Il Domatore del Jolly. La poesia intitolata Preghiera, che qui pubblichiamo, è presente nell’antologia L’ape poeta (2010). Con la silloge Nel silenzio della solitudine ha vinto il premio della giuria del Concorso “Emily Dickinson” (2011). Con la poesia Speranza ha vinto il primo premio del Concorso Internazionale “Domenico Aliquò” per la sezione poesia inedita (2012).

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I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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