Il pomeriggio di papa Francesco a Sarajevo prosegue nel segno della pace e dell’amicizia tra le fedi. È in questo spirito che si è tenuto anche l’incontro con i rappresentanti musulmani, ortodossi, cattolici ed ebrei della capitale bosniaca, ospitato presso il Centro Studentesco Francescano Internazionale, struttura sorta nel 1997, in uno spirito di riconciliazione, all’indomani della tragedia della guerra.
“Essere qui è già un ‘messaggio’ di quel dialogo che tutti cerchiamo e per il quale lavoriamo”, ha dichiarato il Pontefice durante il suo discorso, sottolineando il “lavoro prezioso” svolto dal Centro a servizio dello “sviluppo sociale, culturale e spirituale” di tutta la regione balcanica.
Il dialogo interreligioso, ha sottolineato il Santo Padre, oltre ad essere “condizione imprescindibile per la pace”, e quindi “un dovere per tutti i credenti”, è innanzitutto una “conversazione sulla vita umana”, prima ancora che sui “grandi temi della fede”.
In tal modo, si impara a condividere “la quotidianità dell’esistenza, nella sua concretezza, con le gioie e i dolori, le fatiche e le speranze”, ad assumere “responsabilità comuni”, a progettare “un futuro migliore per tutti”, ad imparare “a vivere insieme, a conoscersi e ad accettarsi nelle rispettive diversità, liberamente, per quello che si è”.
Il dialogo, ha proseguito il Papa, aiuta anche a sviluppare una “comunanza spirituale” e si presenta come “scuola di umanità e un fattore di unità, che aiuta a costruire una società fondata sulla tolleranza e il mutuo rispetto”.
Per questo motivo, il dialogo interreligioso non può essere limitato ai soli “responsabili delle comunità religiose, ma dovrebbe estendersi quanto più è possibile a tutti i credenti, coinvolgendo le diverse sfere della società civile” ed in particolare “i giovani”.
Presupposto indispensabile per il dialogo è però una “identità formata”, senza la quale, esso diventa “inutile e dannoso”, ha puntualizzato il Pontefice.
Rinnovando il suo appoggio al Centro Studentesco Francescano Internazionale di Sarajevo, Bergoglio ha aggiunto: “Siamo tutti consapevoli che c’è ancora tanta strada da percorrere. Non lasciamoci, però, scoraggiare dalle difficoltà e continuiamo con perseveranza nel cammino del perdono e della riconciliazione”.
La strada da percorrere, secondo Francesco, è quella del fare “giusta memoria del passato”, imparando le “lezioni della storia” ed evitando “i rimpianti e le recriminazioni”. In primo luogo, però, dobbiamo lasciarci “purificare da Dio, che ci dona il presente e il futuro: Lui è il nostro futuro, Lui è la fonte ultima della pace”.
Lasciati alle spalle le “guerre” e le “distruzioni” dell’ultimo decennio del secolo scorso, Sarajevo “con la sua varietà di popoli, culture e religioni, può diventare nuovamente segno di unità, luogo in cui la diversità non rappresenti una minaccia, ma una ricchezza e un’opportunità per crescere insieme”.
In un mondo ancora “lacerato da conflitti”, il Papa ha concluso, individuando l’esempio di una terra come quella bosniaca: “attestare che è possibile vivere uno accanto all’altro, nella diversità ma nella comune umanità, costruendo insieme un futuro di pace e di fratellanza. Si può vivere facendo la pace”.