Madre. Mamma: la parola più dolce, la prima che viene balbettata dalle labbra di un bambino, quella che spesso è l’ultima, sulle labbra dei morenti. Nel Cristianesimo la parola madre è fondamentale: essa ci richiama l’altissima dignità della donna, chiamata a trasmettere la vita, a nutrirla, ad accudirla. E tra le donne ce n’è una, in particolare, che venne chiamata a generare il Verbo di Dio.
Maria, la nuova Eva, la donna per eccellenza, la Madonna. La donna si trova al cuore dell’evento salvifico del Cristianesimo: la rivelazione di Dio, che è l’imperscrutabile unità della Trinità, è contenuta nelle sue linee fondamentali nell’annunciazione di Nazareth. «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo».
«Come avverrà questo? Non conosco uomo». «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio (…). Nulla è impossibile a Dio» (cf. Lc 1, 31-37)(16).
È facile pensare a questo evento nella prospettiva della storia d’Israele, il popolo eletto di cui Maria è figlia; ma è facile anche pensarvi nella prospettiva di tutte quelle vie, lungo le quali l’umanità da sempre cerca risposta agli interrogativi fondamentali ed insieme definitivi che più l’assillano. Attraverso lo stupore di Maria avviene l’Incarnazione, l’inizio di quella risposta definitiva, mediante la quale Dio stesso viene incontro alle inquietudini del cuore dell’uomo. È attraverso la tenerezza di una madre che il Verbo si fa carne.
La maternità contiene in sé il grande mistero della generazione della vita, un mistero custodito dalla donna. Maria abbraccia il mistero della «donna», all’interno del mistero di Cristo.L’essenza della Nuova Alleanza consiste nel fatto che il Figlio di Dio, consostanziale all’eterno Padre, diventa uomo: accoglie l’umanità nell’unità della Persona divina del Verbo. Colui che opera la Redenzione è al tempo stesso un vero uomo. L’uomo – sia il maschio che la femmina – è l’unico essere nel mondo che Dio abbia voluto per se stesso: è una persona, è un soggetto che decide di sé. Al tempo stesso, l’uomo non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé.
La maternità dunque è frutto dell’unione di un uomo e di una donna,e in questo modo essa realizza – da parte della donna – uno speciale «dono di sé» come espressione di quell’amore sponsale col quale gli sposi si uniscono tra loro così strettamente da costituire «una sola carne». Il reciproco dono della persona nel matrimonio si apre verso il dono di una nuova vita, di un nuovo uomo, che è anche persona a somiglianza dei suoi genitori. La maternità implica sin dall’inizio una speciale apertura verso la nuova persona: e proprio questa è la «parte» della donna, come scriveva san Giovanni Paolo II nella sua enciclica Mulieris dignitatem.
In tale apertura, nel concepire e nel dare alla luce il figlio, la donna si ritrova mediante un dono sincero di sé. Il dono dell’interiore disponibilità nell’accettare e nel mettere al mondo il figlio è collegato all’unione matrimoniale, che – come è stato detto – dovrebbe costituire un momento particolare del reciproco dono di sé da parte e della donna e dell’uomo.
La maternità della donna, nel periodo tra il concepimento e la nascita del bambino, è un processo bio-fisiologico e psichico che ai nostri giorni è conosciuto meglio che non in passato ed è oggetto di molti studi approfonditi. L’analisi scientifica conferma pienamente come la stessa costituzione fisica della donna e il suo organismo contengano in sé la disposizione naturale alla maternità, al concepimento, alla gravidanza e al parto del bambino, in conseguenza dell’unione matrimoniale con l’uomo.
Al tempo stesso, tutto ciò corrisponde anche alla struttura psico-fisica della donna. Quanto i diversi rami della scienza dicono su questo argomento è importante ed utile, purché non si limitino ad un’interpretazione esclusivamente bio-fisiologica della donna e della maternità. Una simile immagine «ridotta» andrebbe di pari passo con la concezione materialistica dell’uomo e del mondo. In tal caso, andrebbe purtroppo smarrito ciò che è veramente essenziale: la maternità, come fatto e fenomeno umano, si spiega pienamente in base alla verità sulla persona. Il Creatore fa ai genitori il dono del figlio.
Da parte della donna, questo fatto è collegato in modo speciale ad «un dono sincero di sé». Le parole di Maria all’annunciazione: «Avvenga di me quello che hai detto» significano la disponibilità della donna al dono di sé e all’accoglienza della nuova vita. Nella maternità della donna, unita alla paternità dell’uomo, si riflette l’eterno mistero del generare che è in Dio stesso, in Dio uno e trino L’umano generare è comune all’uomo e alla donna. E, se la donna, guidata dall’amore verso il marito, dirà: «Ti ho dato un figlio», le sue parole nello stesso tempo significano: «Questo è nostro figlio». Eppure, anche se tutti e due insieme sono genitori del loro bambino, la maternità della donna costituisce una «parte» speciale di questo comune essere genitori, nonché la parte più impegnativa.
L’essere genitori – anche se appartiene ad ambedue – si realizza molto più nella donna. È lei a «pagare» direttamente per questo comune generare, che letteralmente assorbe le energie del suo corpo e della sua anima. Bisogna, pertanto, che l’uomo sia pienamente consapevole di contrarre, in questo loro comune essere genitori, uno speciale debito verso la donna. Nessun programma di «parità di diritti» delle donne e degli uomini è valido, se non si tiene presente questo in un modo del tutto essenziale. La maternità contiene in sé una speciale comunione col mistero della vita, che matura nel seno della donna: la madre ammira questo mistero, con singolare intuizione «comprende» quello che sta avvenendo dentro di lei.
Alla luce del «principio» la madre accetta ed ama il figlio che porta in grembo come una persona. Questo modo unico di contatto col nuovo uomo che si sta formando crea, a sua volta, un atteggiamento verso l’uomo – non solo verso il proprio figlio, ma verso l’uomo in genere -, tale da caratterizzare profondamente tutta la personalità della donna.