Il Dio di Gesù Cristo e Geova, una strana personalità
Se prendiamo il racconto biblico dell’incontro tra Abramo e i tre angeli, offertoci dalla prima Lettura dell’odierna Liturgia, noi cattolici, educati dalla nostra Chiesa, ricaviamo da quel racconto varie idee su Dio.
La prima consiste nel fatto che le espressioni “il grido è giunto fino a me… sono sceso per… lo voglio sapere…” sono tutte antropomorfiche, cioè fanno agire Dio alla maniera umana, ma non vanno prese alla lettera perché appunto cozzano contro l’onnipresenza e l’onniscienza di Dio che non ha bisogno di spostarsi per recarsi in un luogo.
E invece il geovismo insegnerà, appunto seguendo un criterio fondamentalista di lettura biblica, che “Dio non è onnipresente”, ma che “abita in un ben determinato luogo del cielo”; che non è Spirito nel vero senso della parola perché “ha un cervello in un corpo di forma ben definita”; che è provvisto di “organi di senso” con cui percepisce la realtà creata; che non indaga su ogni opera dell’uomo ma solo su quelle che vuole e, non potendo essere presente in due luoghi, manda, quando e se vuole, in sua vece lo “spirito santo” (le minuscole sono testuali) che sarebbe la “sua forza attiva” (una sorta di energia totipotente) il quale, nel caso, si comporta come un investigatore che va “anche in luoghi lontanissimi”, registra e riferisce. Quanto al futuro dell’uomo Geova lo conosce solo perché “può calcolare tutte le variabili”. E – amarissimus in fundo – si viene a scoprire che Geova è perfino sessuato al maschile perché mentre la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (Bibbia geovista) del 1967 lo qualificava “vigorosa persona di guerra” (Esodo 15,3) le successive traduzioni hanno precisato che sarebbe una “virile persona di guerra”. Il Figlio di Dio non sarebbe generato ma creato perché in cielo non c’era alcuna persona di sesso femminile dalla quale Geova avrebbe potuto generare il suo unigenito Figlio…; no comment!
Altre idee che noi cattolici traiamo da quel dialogo tra Abramo e l’Angelo sono: il potere intercessorio del giusto nei confronti dei propri fratelli peccatori; la pazienza di Dio e la sua misericordia dal momento che Dio dice di contentarsi anche di un numero di giusti molto inferiore ai 50 ipotizzati all’inizio da Abramo; il fatto che la misericordia, ove non motivata, non può impedire la giustizia divina punitiva; e quindi la calda esortazione, da autoripetersi personalmente nell’esame di coscienza serale, di mettersi d’accordo con Dio finché c’è luce e si può operare (come direbbe Gesù) non rimandando la propria conversione; e altri spunti di teologia e ascesi… Il geovismo invece appunta tutto il suo interesse nel volto minaccioso di Geova e citerà questo passo per ammonire a convertirsi prima della prossima fine del mondo, e a non far passare i messaggeri di Geova invano.
Giustizia del Dio di Gesù Cristo e giustizia di Geova
Lasciando ovviamente agli esperti il giudizio sul genere letterario del brano, noi ora confronteremo l’idea di giustizia divina che abbiamo noi cattolici con quella che i TG dicono di ricavare dalla Bibbia. E riflettiamo su quella osservazione critica che Abramo fa al Signore in questi termini: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio?… Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?”
L’idea importante, talmente evidente alla mente di Abramo da formulare una sorta di allarmato rimprovero nei confronti di una volontà divina che non distingua tra innocenti e peccatori, è che ritenere meritevoli di punizione gli innocenti alla pari dei peccatori non è giusto. E se ci chiediamo di dove Abramo riceva tale illuminazione ci accorgiamo che la trae dalla propria coscienza e non da una rivelazione biblica (ovvero ricorrendo alla fede). Di più questo episodio ci insegna che non basta, come ritiene il geovismo e una buona fetta di protestantesimo, che Dio decida di fare una cosa perché quella cosa sia da classificarsi automaticamente “giusta”. Deve essere al contrario! Cioè Dio, se fa o decide di fare una cosa, la fa solo perché è giusta! Quindi l’idea, il criterio valoriale, circa il bene e il male di una azione, di ciò che è giusto o ingiusto fare, non deriva ultimamente dalla Bibbia, cioè da una rivelazione di Dio. Deriva bensì dalla ragione, dalla retta coscienza. E’ in base ad essa che Abramo ha schedato il proposito di Dio, di accomunare nella distruzione innocenti e peccatori, come ingiusto. Occorre del resto ricordarlo che tanti “giusti” e “ingiusti” dell’ AT, come tuttora nei popoli ancora digiuni di rivelazione, sono classificati come tali da Dio solo in base alla loro valutazione morale di coscienza? Ovvero noi qui ci vediamo anche l’invito della Bibbia ad armonizzare la Fede con la Ragione, una Fides et Ratio, anziché uno svalutare la Ragione per esaltare la Fede. E anche (come no?) al dovere di affinare le capacità della ragione per applicarla anche a valutare criticamente i motivi di credibilità che i vari Movimenti Religiosi Alternativi esibiscono perché si dia loro credito.
Niente da fare invece per il geovismo che non ha imparato né da tutto il capitolo 18 di Ezechiele l’insegnamento circa la responsabilità personale, né da questo intervento critico di Abramo che un criterio di giustizia che accomuna, senza distinzione, innocenti e colpevoli, giusti e peccatori, non sarebbe giusto.
Infatti il geovismo insegna tranquillamente che Geova, ad Armaghedon, distruggerà indistintamente persone capaci di peccare e creature ancora incapaci. Leggiamolo:
«Le forze esecutive di Dio colpiranno senza badare a età o sesso, poiché Dio avrà detto loro [agli angeli] di non avere pietà: “Colpite. Il vostro occhio non commiseri, e non provate nessuna compassione. Dovreste uccidere vecchio, giovane e vergine e fanciulletto e donne, fino alla rovina”.- Ezechiele 9:5,6; Zaccaria 14:12,13.» (Torre di Guardia 01-02-85, pp. 3-4)
In un altro testo si dice che Geova “non lascerà né radice né ramo”; ovvero sterminerà (e si precisa “giustamente”!) insieme alle “radici” (i genitori malvagi) anche i rami (i figli innocenti incapaci di intendere e di volere).
«Col tempo tutti i nemici della giustizia, insieme ai loro sostenitori, “devono divenire come la stoppia”. Il Giorno di Geova arderà fra loro come una fornace. “Non lascerà né radice né ramo. In quel giorno della resa dei conti, i bambini, o rami, saranno giustamente trattati in base alla valutazione che Dio avrà fatto delle loro radici, i genitori, che sono responsabili dei figli. I genitori malvagi non avranno discendenti che ne perpetuino le vie malvage.» (Torre di Guardia, 22/4/1995 p. 22).
L’ultima riga di questa citazione ci offre anche una… perla di antropologia geovista. Se ne ricava infatti che i figli sono inquadrati come macchine senza personalità propria (persone incapaci, divenute adulte, di cambiare idee e abitudini cattive dei genitori). I figli verrebbero al mondo come dei modelli omologati ad un’originale difettoso, ad immagine e somiglianza dei genitori. Cosa del tutto assurda e pienamente sconfessata da tutta la Bibbia e dal buon Gesù che ha iniziato la sua predicazione invitando i cattivi a convertirsi.
(La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 28 luglio)
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NOTA
Naturalmente bisogna che la nostra ragione risponda al problema che comunque, anche riducendo le condizioni per il perdono e non ottenendole, Dio, secondo questa narrazione biblica (della quale, ripeto, lasciamo agli esperti giudicare il genere letterario), ha di fatto distrutto tutti gli abitanti delle due città, e perciò sia genitori che figli. Ma il discor
so di Abramo su ciò che è giusto o non lo è non riguardava il danno che i figli ricevono per collegamento naturale di vita con i genitori malvagi. Questo collegamento esiste ed esisterà sempre, a partire dalle conseguenze, disastrose per i figli innocenti, di ciò che ha combinato per l’umanità il peccato di Adamo e combinano tuttora i peccati attuali di tutti i padri il cui comportamento danneggia oggettivamente con i suoi effetti la prole. Il discorso in oggetto riguarda piuttosto la stortura di ritenere i figli meritevoli della stessa distruzione dei padri, perché ritenuti peccatori al pari di loro solo per legame di parentela, nella piena inconsapevolezza del peccato morale dei genitori, e perché ritenuti predestinati a seguire le orme dei genitori. Nel geovismo poi si sa che tale distruzione dei Sodomiti significa annientamento perpetuo! Mentre noi siamo certi che, in forza del collegamento azioni-effetti, i figli ricevono sì il danno dal comportamento genitoriale malvagio ma restano moralmente innocenti di fronte a Dio, il quale, anche se li accomuna nel disastro che manda o permette contro i padri (come di fatto accade nei disastri di ogni tipo dovuti a cattive scelte umane) ne diversifica la sanzione eterna punendo i genitori colpevoli e salvando i figli innocenti. Dio insomma, il nostro Dio, assegna a ciascuno la colpa morale solo in base alla percezione, nella mente di ogni soggetto agente – come precisamente diciamo nel nostro catechismo – di una scelta che abbia “materia grave, piena avvertenza, e deliberato consenso”. (cf tutto il cap 18 di Ezechiele secondo cui ognuno paga per le proprie colpe). E di fronte a Dio poi la morte non è il male supremo. Essa viene vinta sia dalla risurrezione sia dalla beatitudine eterna che Egli dona alle vittime innocenti.
Non ci resta che augurare a Gazzé di essere aperto, senza pregiudizio, anche alla visita di un operatore del GRIS (anche vis-à-vis con i TG!) se vuole sfatare il pericolo di una catechizzazione geovista che stravolge ogni punto di verità biblica (come dimostreremo in futuro). Intanto, per una introduzione graduale al geovismo strutturata sulle letture bibliche domenicali, si veda il mio Thread “E venne un uomo di nome Giovanni…” nel forum www.grisroma.org sezione “Testimoni di Geova”
* GRIS sta per Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa. Associazione di fedeli che si dedica dal 1987, e dal 1990 con approvazione dello statuto da parte della CEI, allo studio e informazione su Movimenti Religiosi Alternativi e Sètte.