Il cristianesimo e la cultura tradizionale cinese non sono così incompatibili come molti credono. Ne è convinto Kim Sheung Chiaretto Yan, 57 anni, da 40 anni membro del Movimento dei Focolari.
Research fellow, presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), fondato da Chiara Lubich, Yan ha girato il mondo per molti anni, vivendo a lungo anche in Italia, dove ha conseguito il dottorato in missiologia alla Pontificia Università Gregoriana.
Un nuovo soggiorno italiano sta per concludersi per Yan proprio in questi giorni, durante i quali lo studioso cinese è stato coinvolto in un tour di presentazioni della traduzione italiana del suo saggio Il Vangelo oltre la Grande Muraglia. Sfide e prospettive del cristianesimo in Cina (EMI, 2015).
A margine di uno di questi eventi, ZENIT ha incontrato Yan, che ha raccontato la storia della sua conversione, soffermandosi anche sulle sfide e sulle opportunità del cristianesimo nella Cina di oggi.
Dottor Yan, può raccontarci come avvenne il suo incontro con il Movimento dei Focolari?
È avvenuto nel 1974 ad Hong Kong, allora colonia britannica indipendente dalla Repubblica Popolare Cinese ma comunque caratterizzata da una mentalità e da una cultura profondamente materialiste. La mia famiglia era però originaria della Cina Popolare e mio papà era rimasto ad abitare lì: io e mia madre andavamo a trovarlo periodicamente da Hong Kong. Erano gli anni della Rivoluzione Culturale, che aveva segnato profonde divisioni nel paese, nelle famiglie e nella società.
A 17 anni mi capitò, dunque, di fare conoscenza con un gruppo di giovani dei Focolari, provenienti, oltre che da Hong Kong, da Macao e da altri luoghi della Asia sudorientale. Erano ragazzi che, come me, cercavano il senso della loro vita e in quegli anni il mio cuore era pieno di domande sull’esistenza. Mi colpì tantissimo il senso di unità tra quei ragazzi, ebbi come la sensazione che ci conoscessimo da molto tempo, come se fossimo una grande famiglia. Sentivo parlare di un Dio che è amore e che ci ama così come siamo, e che tutto quello che ci accade nella vita ha un senso. Fu come una nuova luce per me vedere il susseguirsi di fatti, anche negativi, con occhi nuovi, con una nuova prospettiva. Non ero ancora cristiano ma già percepivo in questi giovani la gioia del Vangelo, del mettere in pratica le parole di Gesù, a partire dall’amare il prossimo come se stessi. Iniziai instaurare un rapporto nuovo con gli altri, a partire dai vicini di casa, salutandoli ogni giorno. Dall’altra parte mi ritrovavo i miei familiari e i miei amici di vecchia data, che non erano cristiani e non conoscevano Gesù, né la Chiesa come istituzione. Allora compresi la responsabilità di fare conoscere loro Cristo, attraverso la nostra vita. In seguito ho viaggiato molto, completando i miei studi qui in Italia e poi nelle Filippine. Da vent’anni mi sono ristabilito in Cina: attualmente risiedo a Shanghai ma ho vissuto anche a Pechino, dove è presente una piccola comunità.
Quand’è che poi ha deciso di farsi battezzare nella Chiesa Cattolica?
Il mio battesimo fu celebrato nell’aprile del 1975, pochi mesi dopo il mio primo incontro con il movimento dei Focolari, avvenuto alla fine del 1974. Già prima di ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, comunque, andavo a messa e sentivo che non mi mancava nulla. Mi sono sentito subito uno di loro. L’adesione ai Focolari non è stata una mia scelta. Come dice Gesù: “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi” (Gv 15,16). Cristo si è quindi manifestato nella mia vita, attraverso la gioia che vedevo negli altri. Ho trovato il senso della vita, seguendo Lui che si manifesta giorno per giorno. La fede è qualcosa che viene dall’Alto e che io posso cogliere in me, nella mia interiorità e nel mio rapporto quotidiano con gli altri. Oggi in Cina condivido il mio tempo con amici e colleghi non cristiani, tuttavia è una gioia per me essere sempre presentato ad altri come “cristiano”. Cerco di testimoniare la mia fede più che con le parole, con il mio modo di essere.
Il suo nome da cristiano, Chiaretto, è un omaggio alla vostra fondatrice, Chiara Lubich?
Fu lei stessa a darmi questo nome, al momento del mio battesimo. Durante il Giubileo del 1975, i Focolari tennero un raduno giovanile, il Genfest, una sorta di GMG ante litteram, durante il quale fummo ricevuti in udienza da papa Paolo VI. Poi fummo battezzati io e un altro cinese, per il quale Chiara, scelse il nome di Paolo, in omaggio al Santo Padre, mentre per me scelse il suo stesso nome. La fondatrice mi assegnò poi un programma di vita, che partiva dal motto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Incontrare i Focolari è stato come incontrare una luce che ha generato la vita dentro me e intorno a me. Negli anni successivi ho visto molti giovani compiere un cammino simile al mio: non erano cristiani, poi, venendo in contatto con noi, lo sono diventati.
È stata da poco pubblicata la traduzione italiana del suo libro Il Vangelo oltre la Grande Muraglia. Quali sono le particolarità e i tratti più originali di questo saggio?
Ho diviso il mio libro in tre parti. Nella prima cerco di dimostrare come il Vangelo sia compatibile con la cultura cinese: anche il Confucianesimo, ad esempio, tende all’unità e parla dell’armonia dei rapporti, in particolare il rapporto dell’uomo con la natura e con il cosmo.
La seconda è di natura più storica: parlo dell’evangelizzazione in Cina dai tempi di Matteo Ricci, fautore di un processo di inculturazione e di rispetto di tutte le culture, secondo una concezione che oggi è tornata attuale. Analizzo anche il magistero dei Papi sulla Cina e i loro sforzi nel riavvicinare il paese alla Chiesa Cattolica.
Nella terza parte parlo di sfide e prospettive nell’evangelizzazione. Oggi la Cina vive una rinascita delle religioni, dopo vari decenni di ideologie materialiste, quindi il momento è cruciale. Credo la nostra identità sia nella Chiesa che papa Francesco descrive nella Evangelii Gaudium: una Chiesa più concentrata sull’opzione missionaria che non sulla sua autoconservazione. Essere cattolici significa essere universali, abbracciare tutti e dialogare con tutti: se così non è, si acuisce il pericolo di uno scisma che rischia di compromettere il futuro del cristianesimo in Cina, dove peraltro già siamo poco dell’1%. Indubbiamente continuiamo a soffrire le divisioni tra cattolici “clandestini” fedeli al Papa e chi invece obbedisce alla chiesa “patriottica” fedele al governo. Soprattutto dopo la lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi (2007), però, le differenze si stanno assottigliando. Anche nel clero tutti sono, in coscienza, fedeli al Papa. Se stanno venendo meno queste distinzioni, perché allora è ancora così difficile il dialogo?
Quali difficoltà incontrano in particolare i cattolici? Perché crescono meno dei protestanti?
Prima del comunismo, in Cina i cattolici erano più del doppio dei protestanti, dopo la situazione è cambiata e i protestanti sono quattro volte di più. Inizialmente sono cresciute entrambe le componenti ma i cattolici hanno poi rallentato la crescita, fino quasi a fermarsi. I protestanti, per certi versi, sono più attivi, si riuniscono in gruppi che leggono il Vangelo, creano comunità. Anche noi cattolici siamo attivi ma i protestanti sono più “aggressivi”, in più non hanno il problema del rapporto irrisolto tra Chiesa e Stato. La Chiesa soffre questa divisione, questo conflitto tra la madre-chiesa e la madre-patria. È come una famiglia in cui la madre e il padre litigano e i figli soffrono per questa divisione. I segni dei tempi, però, ci dicono che la strada è quella dell’unità: unità tra cattolici ed unità ecumenica.
Qual è la s
ituazione della libertà religiosa nel vostro paese?
La situazione è assolutamente migliorata rispetto al passato. Le autorità cinesi che dieci anni fa nemmeno si ponevano il problema, oggi iniziano a capire che la natura della Chiesa Cattolica va rispettata. La Cina ha vissuto in 30-40 anni un processo di urbanizzazione e di industrializzazione, paragonabile a quello avvenuto in Europa in due secoli. Oggi il governo punta molto ad una scelta di indipendenza e di autodeterminazione, dopo la colonizzazione del passato, in particolare da parte dei giapponesi. Al tempo stesso c’è chi, come il presidente Xi Jinping, parla di un “sogno cinese”, di una Cina che gestisce bene i suoi affari, contribuendo anche al bene del mondo. Nella cultura asiatica ed in particolare confuciana, l’autorità civile o l’imperatore vengono posti al di sopra della religione, mentre in Occidente, per molti anni, è avvenuto il contrario. C’è quindi una diversa concezione della libertà religiosa. Capendo questo, possiamo imparare a dialogare meglio. Quindi anche il tema del rapporto tra Chiesa e potere civile si può affrontare e risolvere.