L’uomo è un “mammifero dell’ordine Primati, famiglia Ominidi, genere Homo”. Così è scritto alla voce ”uomo”, nell’autorevole Enciclopedia Italiana on line.
Se l’uomo è un primate, ha senso chiedersi se Darwin aveva ragione nell’affermare la sua discendenza dalle scimmie.
Il darwinismo può venire considerato un “paradigma”, nel significato attribuito a questo termine dal Kuhn: “Con tale termine – scrive l’epistemologo – voglio indicare conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerche”[i].
Il paradigma evolutivo darwiniano è oggi ampiamente diffuso dai manuali scolastici, che presentano spesso la teoria di Darwin non come un’ipotesi scientifica ma come una verità assoluta; è quindi opportuno interrogarsi sul valore epistemologico di questa teoria.
L’Origine della specie del 1859 è la prima opera in cui vengono presentate le nuove scoperte riguardanti il processo di evoluzione della flora, della fauna e della stessa umanità.
Nel libro vengono affermati i seguenti capisaldi della teoria di Darwin:
Nel mondo biologico esiste una “lotta per l’esistenza”, per cui sono “selezionati” dalla natura gli individui che si adattano meglio all’ambiente, mutando alcuni caratteri che trasmettono ai loro eredi, rendendo così possibile l’evoluzione.Le mutazioni sono casuali, non esiste quindi nessuna finalità nella natura.Tutti gli esseri organici che hanno vissuto sulla terra, compresi gli uomini, sono derivati da una singola forma primordiale.L’evoluzione biologica è una forma di progresso, in cui si assiste al passaggio da forme di vita meno idonee ad altre più idonee alla sopravvivenza.L’intero processo evolutivo è di carattere puramente materiale.Le scimmie antropomorfe sono gli antenati dell’uomo, e non ci sono differenze qualitative, “salti ontologici”, tra le scimmie e gli esseri umani.
La prima edizione dell’Origine della specie fu esaurita in un giorno e suscitò molte polemiche sia in ambito scientifico che teologico, poiché veniva negato il “fissismo” delle specie, sostenuto dai biologi del tempo, e la tesi creazionista.
Il fissismo è una teoria elaborata da Linneo nel Settecento che, in continuità con quanto sostenuto da Aristotele e interpretando letteralmente il libro del Genesi, affermava che le specie viventi, vegetali e animali, sono immutabili. Secondo questa teoria è quindi impossibile la graduale trasformazione da specie più elementari a specie più complesse, come sosteneva Darwin.
La teologia cristiana afferma che il mondo è creato da Dio, è regolato da leggi da Lui volute, e, in particolare, che l’uomo, immagine di Dio, è uno spirito incarnato, ontologicamente differente da qualsiasi animale.
Gaspari afferma giustamente che l’evoluzionismo darwiniano “sconvolse la tradizionale visione del mondo, l’ordine dell’universo, la finalità dei fenomeni biologici, cioè tutti fatti che erano interpretati, in base all’antica tradizione, come l’espressione di un disegno, di una volontà superiore. […] Darwin propose una spiegazione della realtà naturale fondata su un processo materialistico, autoreferenziale e autosussistente che, in un certo senso, poteva fare a meno di Dio. Un punto di vista che piacque moltissimo a tutti coloro che volevano dimostrare quanto la Chiesa fosse arretrata e come il mondo funzionasse con regole diverse da quelle espresse dai teologi”[ii].
In effetti, la teoria darwiniana piacque a tutti quelli intellettuali che sulla scia di Hegel consideravano la storia come un processo evolutivo che progredisce di bene in meglio, ai filosofi positivisti, seguaci di Comte, il quale affermava l’inevitabilità del progresso e lo sviluppo dell’umanità dallo stadio teologico a quello metafisico e a quello scientifico.
È da rilevare che Marx apprezzava molto il pensiero di Darwin, al punto di volergli dedicare il I libro del Capitale, perché trovava delle analogie tra il suo materialismo dialettico, in base al quale l’essenza dell’uomo è storica, quindi si sviluppa nel tempo, e la teoria evolutiva. Un altro contemporaneo di Darwin il cui pensiero è molto vicino al suo è Spencer; il quale sosteneva che l’evoluzione è “il fondo di ogni progresso” ed è presente in tutti i campi: nella biologia, nella società, nella cultura, ecc.
Come si vede la teoria di Darwin si inserisce in un contesto culturale evoluzionista e la sua specificità consiste nell’essere una teoria biologica, di carattere scientifico e, in quanto scientifica, deve essere valutata sul piano epistemologico.
Una teoria empirica, come quella darwiniana, per essere scientifica deve essere falsificabile, cioè controllabile fattualmente; infatti, il criterio di demarcazione tra una teoria scientifica e una non scientifica, è, come afferma Popper, la sua falsificabilità.
La teoria evoluzionista è falsificabile? Cioè sono da essa estraibili delle conseguenze che possono essere controllate empiricamente?
Sì, il controllo è possibile, ma, come vedremo, da tale controllo risulta che la teoria non ha avuto alcuna conferma nella realtà per i motivi che seguono.
Non si è mai osservato il passaggio da una specie all’altra
Gli organismi viventi oggi esistenti sono morfologicamente completi e ognuno è distinto dall’altro e non si osservano organismi che evolvono in altre forme di vita.
Necessità della documentazione fossile
La teoria darwiniana, essendo smentita dall’osservazione degli organismi attualmente viventi, necessita di essere confermata dalla documentazione fossile, perché, se mancasse questa conferma, si dovrebbe affermare la comparsa improvvisa di interi gruppi di specie e crollerebbe, conseguentemente, l’ intera teoria dell’evoluzione.
Darwin era consapevole di questo rischio quando scrisse: “Se molte specie […] fossero realmente apparse improvvisamente, questo fatto sarebbe fatale alla teoria dell’evoluzione”[iii].
Il problema che si pone relativamente alla possibilità che la teoria evolutiva venga confermata, riguarda la quantità di fossili reperibili per tale scopo.
A tale quesito rispondono due ricercatori, Carrington e Kier, affermando: “Nei musei di tutto il mondo ci sono cento milioni di fossili, tutti catalogati e identificati”[iv]. “Con l’aiuto dei fossili i paleontologi possono oggi darci un eccellente quadro della vita nelle ere passate”[v].
Se Darwin avesse ragione, si dovrebbero trovare alcuni fossili con organi in via di sviluppo: rettili che stavano evolvendo in uccelli, animali con bocche che si stavano trasformando in becchi e cose del genere.
Invece niente di tutto questo: i fossili ritrovati testimoniano che i rettili sono rettili, le bocche sono bocche e via di seguito.
La documentazione fossile smentisce la teoria dell’evoluzione. E’ scritto in proposito nel Bulletin del Field Museum of Natural History di Chicago: “La teoria darwiniana è sempre stata intimamente legata alla documentazione fossile, e probabilmente la maggioranza delle persone pensa che i fossili siano uno dei cardini delle interpretazioni darwiniane della storia della vita. Purtroppo non è esattamente così. […] La documentazione geologica, allora come oggi, non rivela una precisa catena graduale indicante una lenta e progressiva evoluzione”[vi].
3. I Fossili dicono che la vita è sorta all’improvviso
I fossili ritrovati attestano che non si riscontrano passaggi graduali da individui non viventi ad altri viventi, perché la vita è come “esplosa” all’improvviso, causata da un atto creativo.
Scrive in proposito lo zoologo Coffin: “Se l’ipotesi dell’evoluzione
graduale dal semplice al complesso è esatta, si dovrebbero poter trovare gli antenati di queste creature viventi improvvisamente apparse nel Cambriano; ma non sono stati trovati, e gli scienziati ammettono che ci sono scarse speranze di trovarli in futuro. Stando esclusivamente ai fatti, sulla base di ciò che effettivamente si trova nella terra, la teoria più idonea è quella di un improvviso atto creativo che abbia dato origine alle principali forme di vita”[vii].
Riporto, qui di seguito, considerazioni analoghe di studiosi che hanno affrontato scientificamente il problema dell’origine della vita e il valore della teoria darwiniana.
De Brienne: “Le creature viventi trovate negli strati risalenti al periodo Cambriano risultano emerse tutte all’improvviso e contemporaneamente: nelle testimonianze fossili non vi si trovano antenati preesistenti da cui possano essere derivate. Già all’inizio del Cambriano si incontrano fossili di 500 specie diverse appartenenti a sette sottotipi diversi. Vi sono sia crostacei che spugne, oltre a vermi, echini e meduse. Le differenze tra i sottotipi erano già tanto nette da restare ancora tali ai nostri giorni”[viii].
Monastersky: “Mezzo miliardo di anni fa apparvero improvvisamente le ragguardevoli forme di animali complessi che oggi vediamo. Questo momento, al principio del periodo Cambriano, all’incirca 550 milioni di anni fa, segna l’esplosione evolutiva che riempì i mari delle prime creature complesse. Gli ampi phyla animali odierni erano già presenti nei primi anni del Cambriano ed erano distinti tra loro quanto lo sono oggi”[ix].
Marcozzi: “Vediamo ora cosa ci dicono i resti fossili dei periodi successivi al Precambriano relativamente al fiorire ed allo svilupparsi delle varie forme di vita sulla terra.
Una prima grande stranezza deriva dal fatto che il Cambriano (500-550 milioni di anni fa) poté assistere alla comparsa di nuovi phyla e classi ad una velocità eccezionale, praticamente di colpo ed inoltre contemporaneamente per un gran numero di essi”[x].
Per concludere questa prima parte della analisi della teoria di Darwin, si deve concordare, con quanto afferma D’Arcy Thompson: “L’evoluzione darwiniana non ci ha spiegato in che modo gli uccelli discendono dai rettili, i mammiferi dai primi quadrupedi, i quadrupedi dai pesci, o i vertebrati dagli invertebrati […] e andare in cerca di anelli di congiunzione per colmare le lacune significa cercare invano, per sempre”[xi].
È inoltre necessario riconoscere, come afferma Sagan, che “i reperti fossili potrebbero conciliarsi con l’idea di un Grande Progettista”[xii].
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(La quarta parte sarà pubblicata sabato 5 ottobre)
[i] T. S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1969, p.29.
[ii] A. Gaspari, Da Malthus al razzismo verde. La vera storia del movimento per il controllo delle nascite, XXI Secolo, Milano 2000, p. 78.
[iii] C. Darwin, L’origine delle specie, Boringhieri, Milano 1959, p. 351.
[iv] P. Kier, Relazione, in “New Scientist”, 15 gennaio 1981, p. 129.
[v] R. Carrington, Guida alla storia della Terra, Bompiani, Torino 1958, p.57.
[vi] Gennaio 1979, Vol. 50, n. 1, pp. 22- 23.
[vii] H. Coffin, Relazione, in “ Liberty”, settembre-ottobre 1975, p. 12.
[viii] D. R. de Brienne, Per finirla con l’evoluzionismo, Il Minotauro, Frascati 2003, p. 89.
[ix] R. Monastersky, Mysteries of the Orient, in “ Discover”, April 1993, p. 40.
[x] V. Marcozzi, Alla Ricerca dei nostri predecessori, EP 1990, p. 17.
[xi] W. D’Arcy Thompson. Crescita e forma, a cura di J. T. Bonner, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 360.
[xii] C. Sagan, Cosmo, Mondadori, Milano 1981, p. 29.