"Don Orione mi ha insegnato la carità"

Intervista Giovanna Cavazzoni fondatrice di VIDAS, associazione che da trent’anni assiste gratuitamente i malati terminali

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VIDAS è un’associazione che opera a Milano. Dà assistenza gratuita a domicilio ai malati terminali in città e in 104 comuni della provincia. E presso un hospice dotata di venti stanze all’avanguardia. Alle spalle di questa straordinaria realtà c’è una bellissima storia fatta di valori, di carità, di volontariato. E anche dell’incontro con un santo, don Luigi Orione.

“Quando dicono che non c’è più nulla da fare, in realtà di cose da fare ce ne sono ancora moltissime”, dice Giovanna Cavazzoni, fondatrice di VIDAS. “Non c’è un altro modo per dirlo: oggi si muore male. La cultura odierna ha allontanato l’idea della morte, si vive come se si fosse eterni. Non si è perciò preparati alla fine. Ma noi cerchiamo di andare controcorrente, ci opponiamo a questo modo di pensare. Facciamo il possibile per accompagnare le persone che nell’ultimo percorso della loro esistenza, con amore, dolcezza e attenzione. Lo facciamo da più di trent’anni”.

Giovanna Cavazzoni, 81 anni, scandisce bene le parole. Ha il volto sereno ma nel suo sguardo brucia una determinazione d’acciaio. C’è chi conosce il suo nome soltanto perchè è la ex moglie di Claudio Abbado, il famoso direttore d’orchestra. Ma c’è anche chi la conosce per la dedizione con cui, per tutta la vita, si è occupata del prossimo. “In questi trent’anni, abbiamo dato assistenza a oltre 27 mila malati” spiega la signora Cavazzoni. “La nostra è un equipe socio-sanitaria composta da 70 figure professionali, specializzate in Terapia del Dolore e Cure Palliative, e da volontari, selezionati e formati per l’accompagnamento e il sostegno del malato e della sua famiglia”.

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Mi parli un po’ della sua vita e del perché è nata VIDAS.</p>

Giovanna Cavazzoni: VIDAS è la sintesi di tutto quello che ho imparato vivendo. Sono cresciuta respirando affetto, amore e anche la terra, la natura, il mondo contadino perché dai cinque ai quattrodici anni sono vissuta in due piccoli paesini di campagna vicino a Lecco. L’autenticità della gente mi è stata di grande insegnamento. La mia era una famiglia numerosa, eravamo in undici. C’erano diverse persone anziane e così, fin da piccola, ho conosciuto la vecchiaia, la morte. E ho imparato a rispettarle. Ero una ragazzina curiosa, ascoltavo molto i vecchi e la loro saggezza contadina mi ha insegnato che nulla è eterno. Basta pensare alla vigna: la si coltiva con amore e impegno ma basta una grandinata e tutto finisce. La morte, la fine dell’esperienza terrena, è così: va affrontata con naturalezza e con dignità. Un tempo, nei paesi di campagna, tutti si riunivano attorno a chi stava morendo. Si lasciava questa terra accompagnati, circondati da affetto e comprensione. Non ho mai avuto difficoltà ad ammettere che vivere in un piccolo paese è stato alla base della mia educazione. L’esempio fondamentale è venuto però da mio padre.

E’ stato importante per lei?

Giovanna Cavazzoni: Moltissimo. Mio padre Stefano era una persona straordinaria. Emigrato povero dall’Emilia, aveva un senso politico acuto e pulito tanto che a ventitrè anni era già il più giovane consigliere comunale di Milano. Poi fu ministro e infine senatore. Da lui ho imparato il rigore associato alla fantasia più libera. E questi sono valori che ho voluto anche in VIDAS. I nostri operatori hanno infatti il rigore della preparazione più seria e attenta, e la gioia di accontentare le richieste dei pazienti. Fu mio padre ad incoraggiarmi a frequentare don Orione.

Quando lo ha conosciuto?

Giovanna Cavazzoni: Nel 1937. Lo ricordo molto bene. Con papà e mamma stavo passeggiando lungo i Navigli. Una campanella ci ha attirato in una piccola chiesa e lì, sulla porta, c’era un prete dalle orecchie enormi ma lo sguardo come il fuoco. Era don Luigi Orione e disse a mio padre: “Senatore, la stavo aspettando”. Papà rimase molto colpito da quelle parole. Non ho mai saputo bene cosa avesse voluto dire ma era destino che loro due si incontrassero perché tra mio padre e don Orione ci fu come un colpo di fulmine.  Tornando a casa, mia madre diceva: “Quel prete mi sembra un pazzo. Non gioverà alla tua reputazione.” Mio padre invece non diceva nulla, era pensieroso. Il giorno dopo don Orione venne a casa nostra. Sentiamo suonare alla porta e mia nonna va ad aprire. Poi ci annuncia: “C’è uno strano prete…..” Don Orione entra, saluta e si rivolge subito a mia madre: “Sono venuto per dirle che con me suo marito non perderà nulla della sua ottima reputazione”. Mio padre fondò con lui Piccolo Cottolengo che io vidi nascere pietra dopo pietra. Mi consigliò di andare ad aiutare e da quel momento sono vissuta per il volontariato. Ho insegnato all’istituto penale femminile Nazareth, ai Mutilatini di Don Gnocchi, all’Opera di san Vincenzo. Ma ho anche frequentato il Conservatorio, studiavo canto. E’ lì che ho incontrato Claudio Abbado. Poi ci siamo sposati nel 1956. Siamo andati a vivere a Vienna per frequentare l’Accademia: io studiavo canto e Claudio direzione. Scoppiò la rivoluzione in Ungheria e migliaia di profughi vennero in Austria. Noi giovani musicisti andavano nei campi di accoglienza a dare una mano e ricordo che Claudio e Zubin Metha organizzavano dei concerti per intrattenere tutte quelle persone.

Una vita di volontariato, dunque, che è sfociata nella creazione di VIDAS…

Giovanna Cavazzoni: Esatto. Quando ho fondato VIDAS, nel 1982, avevo in mente una persona in particolare. Si chiamava Rina Torricelli ed era una corista della Scala che mi seguiva quando, a sedici anni, studiavo pianoforte e canto. Eravamo amiche. Poi si ammalò di cancro e fu lasciata sola. A quel tempo era una malattia da tenere nascosta, che faceva il vuoto attorno a chi ne era vittima. Io però non abbandonai Rina e per due anni le fui vicino. Ricordo che mi chiedeva di lasciare una sedia accanto al letto prima dell’arrivo del medico. “Così capisce che se si siede qui cinque minuti e mi tiene la mano, per me è meglio di una medicina. E mi aiuta ad essere meno timida nel fargli quella benedetta domanda: quanto tempo mi resta?”, diceva. Quell’esperienza e quelle parole mi colpirono molto. E’ la stessa domanda che fanno i malati ancora oggi. Adesso VIDAS è la mia vita. Lavoro giorno e notte e sono sempre alla ricerca di fondi e donazioni. “Batto cassa” presso banche e milionari. La struttura ha bisogno di almeno otto milioni di euro l’anno per assicurare il suo servizio gratuito. Troppo spesso però mi scontro con l’avarizia dei ricchi ed è disarmante. Facciamo tutto il possibile e anche il mio ex marito, Claudio Abbado, è molto affezionato a quest’opera e spesso organizza concerti per aiutarci. Altri artisti ci hanno dato una mano come Dario Fo, Giovanni Allevi e anche Sergio Muniz che dopo la sua vittoria all’Isola dei Famosi nel 2004 ci ha fatto un’importante donazione. E’ un ragazzo d’oro e grazie a lui abbiamo una sala di fisioterapia all’avanguardia.

Per maggiori informazioni visitare il sito www.vidas.it

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Roberto Allegri

*Renzo Allegri è giornalista, scrittore e critico musicale. Ha studiato giornalismo alla “Scuola superiore di Scienza Sociali” dell’Università Cattolica. E’ stato per 24 anni inviato speciale e critico musicale di “Gente” e poi caporedattore per la Cultura e lo Spettacolo ai settimanali “Noi” e “Chi”. Da dieci anni è collaboratore fisso di “Hongaku No Tomo” prestigiosa rivista musicale giapponese. Ha pubblicato finora 53 libri, tutti di grandissimo successo. Diversi dei quali sono stati pubblicati in francese, tedesco, inglese, giapponese, spagnolo, portoghese, rumeno, slovacco, polacco, cinese e russo. Tra tutti ha avuto un successo straordinario “Il Papa di Fatima” (Mondadori).

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