Cardinale Bo (Foto: 2016) / © CCEW - Mazur/Catholicnews.Org.Uk, CC BY-NC-SA 2.0

Papa in Myanmar: “Una visita di guarigione”

“La Chiesa vuole aiutare a costruire la pace attraverso iniziative interreligiose”, dice il card. Bo

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La maggior parte dei cittadini del Myanmar auspica che il viaggio apostolico di papa Francesco, in programma dal 27 al 30 novembre prossimi, sarà una “visita di guarigione”. Lo dichiara il cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, le cui parole sono state riportate oggi, lunedì 25 settembre 2017, dall’agenzia Fides.
“Sia i componenti civili del governo come Aung San Suu Kyi, sia i membri militari, sembrano entusiasti della visita”, osserva il porporato salesiano, classe 1948, che definisce il viaggio apostolico “una benedizione e un contributo per la pace e l’armonia”.
Ma non sarà un viaggio facile, teme il card. Bo, anche a causa della questione della minoranza apolide musulmana dei rohingya, considerati dai nazionalisti buddhisti immigrati illegali provenienti dal vicino Bangladesh.
Infatti, il monaco che guida il movimento ultranazionalisti Ma Ba Tha (Associazione patriottica del Myanmar), Ashin Wirathu, ha già denunciato la visita del Pontefice come “politicamente istigata”, spiega il porporato.
La Chiesa del Paese asiatico consiglia perciò al Pontefice di non usare il termine “rohingya”, ma invece di “parlare dei diritti umanitari dei musulmani che soffrono nello stato di Rakhine, della necessità di una soluzione durevole, dell’adozione di soluzioni non violente e dell’urgenza di una cooperazione regionale”.
Il card. Bo esprime anche il suo sostegno alla leader democratica e Premio Nobel per la Pace 1991, nonché attuale ministro degli Esteri del Myanmar, Aung San Suu Kyi, il cui silenzio sulla crisi dei rohingya è stato criticato dai media internazionali ma anche dai “colleghi” Premio Nobel per la Pace Desmond Tutu (1984) e Malala Yousafzai (2014).
”E’ stata attaccata dai media e talvolta senza pietà” ed “è profondamente delusa dai media occidentali”, dichiara Bo. “Ha sacrificato tutta la sua vita per far risuscitare il Paese dalle rovine dopo sessanta anni di governo di una giunta militare. È un risultato storico. Nelle sue fragili mani tiene i sogni di milioni di questo paese”, ricorda il porporato.
“La sua integrità e l’impegno sono al di sopra di ogni sospetto”, dichiara il salesiano, che apprezza l’impegno della Suu Kyi per l’accordo di pace di Panglong per la riconciliazione con le minoranze etniche e il suo ruolo nella democratizzazione della Birmania.
“Una maggiore democrazia e una più forte inclusione guarirà ferite storiche”, sostiene il cardinale, che ribadisce la volontà della minoranza cattolica di contribuire al processo di riconciliazione. “La Chiesa vuole aiutare a costruire la pace attraverso iniziative interreligiose”, poiché “le soluzioni violente non si sono rivelate efficaci negli ultimi sei decenni”, così spiega. (pdm)

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ZENIT Staff

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