Preghiera / Pixabay CC0 - StockSnap, Public Domain

Correggere nell’amore e pregare nella concordia, di mons. Francesco Follo

Lectio divina sulle letture della XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) — 10 settembre 2017

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Rito Romano

XXIII Domenica del Tempo Ordinario – 10 settembre 2017

Ez 33,1.7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

Rito Ambrosiano

II Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore.

Is 60,16b-22; Sal 88; 1Cor 15,17-28; Gv 5,19-24

1) Correggere perdonando.

Il Vangelo di oggi ci propone due insegnamenti di Cristo circa la vita della Chiesa, quale comunità di fratelli, perché figli nel Figlio di Dio.

Il primo riguarda la correzione fraterna e dice come procedere in caso di conflitto tra i membri della comunità (Mt 18,15-18). Il brano evangelico di oggi è dedicato alla vita della comunità cristiana e ci insegna che l’amore fraterno comporta anche un senso di responsabilità reciproca, per cui, se un nostro fratello commette una colpa contro di noi, dobbiamo usare carità verso di lui, parlandogli  a tu per tu per fargli capire l’errore commesso verso di noi. Questo modo di fare si chiama correzione fraterna, che non deve essere una reazione all’offesa subita, ma deve essere mossa dall’amore per il fratello, come spiega bene Sant’Agostino: “Colui che ti ha offeso, offendendoti, ha inferto a se stesso una grave ferita, e tu non ti curi della ferita di un tuo fratello? … Tu devi dimenticare l’offesa che hai ricevuto, non la ferita di un tuo fratello” (Discorsi 82, 7).

Il secondo insegnamento riguarda l’“onnipotenza d’intercessione” (omnipotentia supplex) della preghiera fatta dalla comunità, anche se molto piccola, “perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18. 19-20). Dunque, il Signore è presente nell’assemblea liturgica che prega e loda,  nei sacramenti, che comunicano la sua vita e nella sua Parola: “è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura” (Conc. Vat. II, Costituzione sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 7). Certo la preghiera personale è indispensabile, ma il Signore assicura la sua presenza alla comunità che  è unita e concorde, perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, comunione perfetta d’amore.

Continuiamo la nostra riflessione approfondendo brevemente il primo insegnamento che Cristo ci offre oggi e che riguarda il dovere di carità della correzione.

In una predica durante la Santa Messa nella chiesa di Casa Santa Marta, Papa Francesco ha detto: “Chi giudica un fratello sbaglia e finirà per essere giudicato allo stesso modo. Dio è l’unico giudice e chi è giudicato potrà contare sempre sulla difesa di Gesù, il suo primo difensore, e sullo Spirito Santo…. Se noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori dobbiamo essere difensori degli altri davanti al Padre e parlare loro con carità”. Ciò dicendo il Santo Padre ha riproposto pure l’esortazione odierna di san  Paolo: “Fratelli, non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole…L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (Rm 13, 8-10). Fondandosi sull’insegnamento di Cristo, Papa Francesco insegna che la correzione è espressione di amore umile e dolce perché il fratello non sia vittima del male e conosca la gioia del bene.

La correzione fraterna è un frutto puro dell’amore, forse la sua incarnazione più difficile, perché per correggere occorre amare l’altro al punto di desiderare di portare con lui il peso dei suoi peccati. In effetti “correggere” significa “reggere insieme”, per camminare insieme sul retto cammino.

Perché la correzione sia fraterna deve fondarsi sulla preghiera concorde dei fratelli. Quando la preghiera della comunità è unanime, Cristo è presente e porta al raduno concorde della Chiesa la misericordia del Padre.

Quando  nella preghiera viviamo la relazione con i “fratelli che peccano” e li amiamo in Cristo, non li giudichiamo, ma fremiamo di compassione e di misericordia, li guardiamo con gli occhi del cuore e non li lasciamo andar via senza il perdono, che è la correzione secondo il cuore di Cristo.  La preghiera concorde – cioè con il nostro cuore unito a quello dei fratelli e a quello di Cristo – è una preghiera giusta, pura, umile e confidente che ci pone nella luce della comunione con Dio-Trinità, La preghiera è cristiana in quanto è comunione con Cristo e si dilata nella Chiesa, che è  il suo corpo. Le sue dimensioni sono quelle dell’amore di Cristo, presente nella comunità che è luogo del perdono e della festa per il peccatore pentito, corretto dal perdono.

2) Preghiera concorde.

A questo insegnamento sulla correzione fraterna Cristo unisce quello sull’importanza della preghiera, che è l’onnipotenza dell’intercessione, soprattutto quando è fatta in comunità. La preghiera concorde, anche se fatta da due o tre persone solamente, rende presente Dio in essa.

E’ la presenza di Cristo che rende efficace la preghiera comune di coloro che sono riuniti nel suo nome. Quando ci riuniamo concordi per pregare, è Gesù stesso che è in mezzo a noi. Noi siamo sono uno con Colui che è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, quando siamo riconciliati con Lui dal suo perdono, che dobbiamo condividere con i nostri fratelli e sorelle.

E’ davvero consolante sapere che se siamo riuniti concordi in preghiera, Cristo è in mezzo a noi. Ma Cristo non insiste solo sul fatto che dobbiamo uniti, <l<ui dice anche dice che dobbiamo  riunirci nel suo nome. Ci sono tante ragioni per stare insieme: per lavorare, per divertirci, per stare in famiglia, per mangiare, per manifestare, ecc., ecc. Ma c’è un modo di essere insieme che è garanzia della Presenza di Gesù tra noi: se siamo uniti nel suo Nome.

Cosa vuol dire essere riuniti nel suo Nome? Vuol dire:

  • pregare per Cristo: per mezzo di lui, per i suoi meriti, per la forza del suo comando, per la sua autorità;
  • pregare con Cristo: uniti a lui nostro fratello.;
  • pregare in Cristo: chiedere uniti indissolubilmente a lui nella mente, nel cuore, nei pensieri e nei sentimenti, negli ideali, nei desideri: in tutto.

Se, da una parte, la preghiera concorde  è la condizione perché essa sia esaudita, d’altra parte la presenza di Cristo in questa concordia è la garanzia dell’esaudimento della preghiera rivolta al Padre da noi figli nel Figlio. E questo l’insegnamento che Cristo oggi ci dà dicendo: “se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 19 -20).

Se, consultiamo un vocabolario, alla voce “accordo” possiamo trovare che questa parola può voler dire: o: concordanza di sentimenti, conformità d’idee, essere in perfetta concordia = lo stesso cuore, incontro di più volontà.

Se, poi, cerchiamo il verbo “accordare” possiamo trovare questi significati: Mettere d’accordo; Conciliare; Disporre, combinare qualcosa in modo armonico, gradevole, conveniente; Armonizzare tra loro strumenti e voci.

Dunque la frase: “Se due si accorderanno” fa pensare agli strumenti musicali che si accordono tra di loro per poter suonare una sinfonia. Nessun Maestro di musica dà l’attacco per iniziare a suonare una sinfonia con la sua orchestra, se prima non accorda tra loro gi strumenti; nessun Direttore di coro inizia a a fare cantare, se non si sono prima accordate le voci.

Dunque possiamo dire che come in musica l’accordo produce la bellezza armoniosa di due strumenti o di due voci, così l’accordo di due persone nella comunità produce la bellezza di due cuori e di due volontà che si uniscono fino ad essere una cosa sola: Gesù presente tra loro, in loro. E’ lui che diviene la preghiera che il Padre non può non ascoltare, non accogliere, non esaudire.

Il Vangelo di questa domenica ci svela una verità meravigliosa: Dio ascolta le voci accordate, la preghiera concorde, espressa da un cuore che vibra all’unisono con l’altro, la volontà che ricerca nell’accordo con l’altro il bene, perché in questo orante raduno concorde presente il Figlio amato. Prima di rivolgere la nostra domanda a Dio Padre, ci mettiamo d’accordo con l’altro, non perché scendiamo a compromessi ma perché  uniamo il nostro cuore a quello degli altri fratelli e sorelle e lo accordiamo al cuore di Cristo.

Un esempio di questa preghiera “concorde” è quella delle vergini consacrate, che durante il Rito della Consacrazione ricevono il Libro della Liturgia delle Ore e sono invitate ad una preghiera assidua per la Chiesa.

La preghiera costante e unanime è un prezioso strumento che permette a queste donne di svolgere un servizio efficace di intercessione. Il loro essere profondamente unite a Dio mediante il dono totale di se stesse, permette loro di essere anche profondamente unite agli altri. 

Consacrandosi a Dio, esse mostrano che vale la pena fidarsi completamente di Dio. Questa confidenza si esprime con una preghiera concorde assidua, solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce nell’intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù – “perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura” (Mt 10, 30-31).

Infine, con la Liturgia delle Ore queste donne consacrate mettono in evidenza che “la nostra preghiera è pubblica e comune: e quando noi preghiamo, preghiamo non per uno solo, ma per tutto quanto il popolo: e ciò perché noi, tutto intero il popolo, siamo uno” (San Cipriano, De oratione dominica, 8). In questo modo, esse mettono in pratica l’insegnamento di unità che Cristo, Principe della pace e e fondamento della concordia, chiede a ciascuno di noi suoi fratelli e sorelle di pregare per tutti come Lui fece per tutti noi.

*

Lettura patristica

San Cipriano di Cartagine

De oratione dominica 8

Il Dottore della pace e il Maestro dell’unità non vuole che la preghiera si faccia individualmente e in privato, nel senso che chi prega preghi solo per sé.

Non diciamo: Padre mio, che sei nei cieli; e neppure: dammi oggi il mio pane quotidiano; e ciascuno non domanda che gli sia rimesso solo il suo debito; né prega solo per sé affinché non sia indotto in tentazione e sia liberato dal male.

La nostra preghiera è pubblica e comune: e quando noi preghiamo, preghiamo non per uno solo, ma per tutto quanto il popolo: e ciò perché noi, tutto intero il popolo, siamo uno.

Il Dio della pace e il Maestro della concordia, che ha insegnato l’unità, vuole che uno preghi per tutti, così come in uno egli portò tutti.

Proprio questa legge della preghiera osservarono i tre fanciulli gettati nella fornace ardente: essi pregarono in piena consonanza, spiritualmente uniti in un cuor solo. Ce lo testimonia la divina Scrittura, la quale, indicandoci come essi pregavano, ci dà il modello da imitare noi nelle nostre preghiere affinché possiamo essere come quelli. “Allora” – sta scritto – “loro tre, come con una sola voce, cantavano un inno e benedicevano Iddio” (Da 3,51). Essi pregavano come con una sola voce, e tuttavia Cristo non aveva ancora insegnato loro a pregare! Ebbene, la loro preghiera fu efficace, poté essere esaudita, perché una preghiera pacifica, semplice e spirituale attira la benevolenza di Dio.

Così vediamo che pregarono anche gli apostoli, riuniti coi discepoli, dopo l’ascensione del Signore. “E tutti” – sta scritto – “perseveravano unanimi nella preghiera, con le donne, e Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui” (Ac 1,14). Persevera vano unanimi nella preghiera, testimoniando in tal modo, in questa loro preghiera, e l’assiduità e il loro amore scambievole: ché Dio, il quale fa abitare nella stessa casa coloro che sono una sola anima (Ps 67,7), non ammette nella divina ed eterna dimora se non quelli che pregano essendo un’anima sola.

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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