Daily meditation on the Gospel

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La fede viene dall’ascolto

Meditazione della Parola di Dio di venerdì 23 Dicembre – Feria di Avvento, San Giovanni da Kety, commemorazione

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Lettura
Il racconto della nascita del Battista, sei mesi prima del Natale del Signore, ci è proposto oggi per disporre il cuore alla Solennità ormai alle porte. Il testo non lo dice esplicitamente, ma possiamo immaginare che tutto sia avvenuto sotto gli occhi di Maria che, in Elisabetta, fa le prove generali del suo parto. Elisabetta si è tenuta nascosta, come in clausura, per molti mesi mentre lievitava il suo grembo, ma ora che il bambino è nato, si aprono le porte di casa perché tutti possano entrare a vedere, a congratularsi, a toccare l’opera di Dio. L’ottava della nascita, che coincide con l’imposizione del nome, crea qualche problema come succede ancora oggi. Interviene Zaccarìa con la sua autorità a sciogliere l’enigma, e Dio scioglie la sua lingua che è stata ferma per nove mesi.
Meditazione
I grandi eventi della vita, la nascita, la morte, un matrimonio, ieri come oggi, aprono le porte di casa e tutti possono entrare senza bussare per farsi accanto. La meraviglia accompagna e celebra incontri dove si viene a guardare la vita che sempre stupisce. Il problema del nome da dare al bambino vede pareri discordanti ieri come oggi (torniamo a dare nomi cristiani ai nostri bambini!), divide in fazioni, fa parlare la gente. In questi otto giorni, secondo la consuetudine in Israele, il bambino nato è stato “in anticamera”, deve prima abituarsi un poco alla vita per essere poi inserito nella storia del popolo con il segno della circoncisione. Invano Elisabetta reclama il diritto di dire la sua, l’attenzione è rivolta a Zaccarìa che esce come un monaco dalla sua cella di silenzio. “Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse”: perché “con cenni”? L’angelo aveva detto “tu sarai muto” fino alla realizzazione di queste cose. Scopriamo qui che Zaccarìa era anche sordo e non per vecchiaia, ma perché non aveva prestato orecchio alla Parola di Dio. Nella vita fisica come in quella dello spirito, chi è sordo è anche muto, chi non sa ascoltare e credere non è capace neppure di professare. Invano i parroci fanno a gara a installare gli impianti microfonici più sofisticati nelle loro chiese: i fedeli non ci sentono! Quando Zaccarìa scrive “Giovanni è il suo nome” sulla tavoletta, gli si scioglie il nodo della lingua, alla incredulità era seguito l’essere muto, ora all’ubbidienza segue il dono della parola. Solo una fede ubbidiente diventa professione di fede: come mai tanti cristiani sono muti? E tu?
Preghiera:
“Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”. Metti sulla mia bocca la tua Parola e forami le orecchie perché essa rimanga a lungo nella cella del cuore per essere meditata, ruminata, annunciata ai fratelli. “Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno”.
Agire:
Mi sturo le orecchie o faccio un esame audiometrico, recitando tutto, o in parte, il Salmo 118.
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Meditazione del giorno a cura di mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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