“In questo anno del Signore 2015 il numero di rifugiati e di altre persone dislocate nel mondo è più grande che mai”. Esordisce così il segretario generale del World Council of Churches (Wcc), il reverendo Olav Fykse Tveit, in un messaggio scritto per Natale in cui richiama il dramma in corso in tutto il globo di persone costrette a fuggire dalle proprie terre.
Circa 59,5 milioni, secondo le ultime stime; una cifra impressionante e in continua crescita considerando che 10 anni fa — secondo il rapporto dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) — si parlava di 37,5 milioni. Dietro queste cifre scoraggianti ci sono “decine di milioni di donne come Maria, di uomini come Giuseppe e di bambini, come il bambino Gesù alla disperata ricerca di un tetto sotto cui ripararsi”, scrive Tveit nel testo, ripreso da L’Osservatore Romano.
Elenca quindi le drammatiche cause di questa fuga di masse: “Guerre, ingiustizie, persecuzioni, malattie e altre catastrofi naturali, nonché le conseguenze dei cambiamenti climatici”. “Queste cause profonde devono essere affrontate”, afferma il pastore, che racconta di aver avuto l’occasione di rendere visita ad alcuni dei rifugiati che sono ospiti presso strutture messe in campo da diverse comunità ecclesiali, dove sono assistiti e accompagnati in questo difficile momento di prova. “Sono stato sopraffatto dalla generosità”, dice, e dallo sforzo messo in campo per restituire dignità a chi l’ha persa.
“Abbiamo molto da offrirci reciprocamente”, aggiunge il reverendo, “a partire dalla compassione, dall’amore e dalla speranza”, perché “questo è un momento critico nella vita delle Chiese e in generale delle società in ogni continente”. Nel messaggio viene poi citato un comunicato diffuso da diversi leader religiosi europei riguardo alla recente emergenza profughi nel continente, in cui si ribadiva che “come cristiani noi condividiamo la convinzione di vedere negli altri l’immagine di Cristo stesso. Del resto l’esperienza della migrazione è nota alla Chiesa di Cristo. La Santa famiglia era anch’essa rifugiata; l’incarnazione di Nostro Signore è un travalicare il confine tra l’umano e il divino”.
I rappresentanti religiosi sottolineavano inoltre che “come Chiese abbiamo un’opportunità per condividere più ampiamente esperienza e competenza nell’offrire sostegno spirituale e pastorale, cooperazione e costruzione ecumenica e interconfessionale, nonché la costruzione di ponti tra le diverse comunità”.
In questo periodo dell’anno cristiano — esorta allora il segretario generale del Wcc — “ricordiamo il grande amore dimostrato da Dio al mondo attraverso il dono di Gesù Cristo. E ascoltiamo di nuovo il racconto della fuga della sua famiglia in cerca di una casa e di un posto più sicuro. Ricordiamo anche l’insegnamento del Maestro, come riportato in Matteo, 25, 40: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
“In questo tempo di festa in cui si celebra l’incarnazione in Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore – conclude il pastore – onoriamo ogni dono che riceviamo da Dio nella Creazione, e rispettiamo ogni membro della famiglia umana”.