Era il pomeriggio del 13 marzo dell’anno in corso quando, nella Basilica Vaticana, papa Francesco ha annunciato un Giubileo straordinario, un anno santo della Misericordia. Durante l’omelia Francesco ha infatti sottolineato la ricchezza della misericordia di Dio, evidenziando lo sguardo d’amore che ci riserva Gesù e con quale grande amore guarisce dai peccati il nostro cuore. Ognuno di noi dovrebbe in umiltà fermarsi un attimo e porsi due semplici interrogativi.
Il primo riguarda sia la coscienza generale, che quella personale: davvero si è coscienti dell’anno di grazia che il Santo Padre ha consegnato al mondo e ad ognuno di noi?. Il secondo tende a riconsegnare ad ogni essere umano assorbito dal mondo la sua completa dimensione di terra e di cielo: sa l’uomo della sua reale possibilità di “redimere”, in questo anno giubilare, la natura perversa che sta deturpando il suo futuro?.
Il vecchio e il nuovo testamento, passaggi storici e illuminati della verità di Dio, non certo effetto di una “letteratura straordinaria” sul cammino dell’Umanità, certificano da sempre la natura di questo evento particolare che consente all’uomo, per volere del Signore, di purificarsi da ogni peccato, riconciliandosi con il Padre. Diventa necessario guardarci intorno, mettendo da parte le nostre “gloriose” appartenenze politiche, filosofiche, pseudo-confessionali per svelare, ovunque e in profondità, la Parola di Dio, come il Santo Padre ci ha invitati a fare, con l’enciclica Laudato Si’.
Vedremmo immediatamente le brutture che l’uomo ha inferto a madre terra e alle sue stesse relazioni sociali, che determinano nel quotidiano il cammino della storia. È da qui che si generano i pesanti riflessi sull’economia; sulle istituzioni; sulla convivenza civile; sulle decisioni dei governi; sul diritto alla pace, alla giustizia, alla serenità, all’armonia naturale e personale, all’avversione verso la guerra. Nel Libro del Levitico (25 e 27) emergono chiare le antiche questioni inerenti al Giubileo.
Si legge al punto 25,10: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia”. Tre sono gli aspetti importanti del Giubileo così come viene annunciato nel Vecchio Testamento: la liberazione degli schiavi; il condono dei debiti; la restituzione delle terre.
Tre atti che, al di là della loro interessante valenza socio-economica, fanno capire come l’unica strada per salvare la coabitazione tra gli uomini, passi da una condizione esistenziale che suggerisca espressamente di tornare a vivere come fratelli. Un monito per “abitare la terra” che sembra ai nostri occhi lontano anni luce, ma che nella sua natura esprime la ragione, purtroppo attuale, delle mille ingiustizie e di tante divisioni e guerre che portano l’uomo ad un nuovo esilio, emigrando in massa, per fuggire da massacri e da violenze inauditi.
Non è certo anti-storico riflettere ancora oggi sugli aspetti essenziali che derivano dalla teologia dell’anno giubilare, in cui si possono evidenziare una varietà di temi spirituali e biblici. Le circostanze storiche sono cambiate ma l’entità sostanziale di quei messaggi sapienziali è rimasta ancora tutta intera. Nonostante tutto, essa rimane strumento valido, a mio avviso, per ridiscutere un comportamento umano ormai consegnato nelle mani di un relativismo, pronto a tagliare le radici bibliche che sono in ogni uomo.
Tra gli aspetti su cui riflettere si potrebbero ricordare: la Signoria di Dio; l’impossibile possesso della terra; la giustizia; la gratuità; il perdono; la fine delle disuguaglianze e delle ingiustizie. L’uomo ha infatti completamente dimenticato di non essere lui il signore della terra, ma il Creatore: “Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e pellegrini” (Lv 25,23). Da ciò deriva anche la consapevolezza dell’impossibilità per l’uomo di possedere la terra che, già nello Shabbat, riposo del settimo giorno, si sottrae di fatto al suo dominio.
Per quanto riguarda il riferimento alla giustizia, bisogna sapere che essa, cuore del messaggio biblico e, soprattutto, profetico, si esplica riconoscendo l’amore gratuito di Dio nel mondo, assecondandolo nel fare di esso il principio del proprio agire e del proprio essere. Se quindi l’uomo abita in una terra che viene da Dio, significa infatti che vive in forza di una gratuità che coincide con lo stesso amore disinteressato di Dio. “La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete tranquilli” (Lv 25,19).
L’anno giubilare istituisce la possibilità di un nuovo inizio, perché spezza non solo il meccanicismo delle difformità sociali ma anche quello della stessa colpa. Nello stesso tempo richiama ed esige il perdono, perché il suo inizio coincide con la celebrazione di Yom Kippur, la grande festa della riconciliazione: “Al decimo giorno del settimo mese… nel giorno dell’espiazione, farete squillare la tromba per tutto il paese” (Lv 25,9). Infine, essendo la terra di Dio è necessario che finiscano tutte le forme di sfruttamento riferite ai beni che in essa permangono e all’uomo nei confronti di un altro uomo.
Oggi l’anno giubilare è soprattutto, per noi cristiani e per tutti gli uomini di buona volontà, l’anno di Cristo. Nel Nuovo Testamento, Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l’antico Giubileo, essendo venuto a “predicare l’anno di grazia del Signore”. Nel vangelo di Luca troviamo Gesù nella Sinagoga di Nazareth, mentre legge il rotolo del profeta Isaia (61): “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore…”.
L’anno di grazia non è altro che la remissione di ogni peccato. Il Signore si vuole riconciliare con l’uomo e se questi saprà corrispondere ad un tale grande dono d’amore e di grazia, il mondo potrebbe aprirsi ad un tempo di vera gioia e di vera pace. Non c’è essere umano che possa essere escluso dalla misericordia di Dio. La Chiesa è la casa che accoglie tutti. Papa Francesco ha chiuso così l’omelia dell’annuncio del Giubileo: “Le sue porte permangano spalancate, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono”.
Un’accoglienza che trova la sua immagine simbolica proprio nel rito iniziale del Giubileo straordinario appena iniziato: l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro e delle altre porte sante che saranno aperte in tutte le cattedrali del mondo. Sullo sfondo, per la prima volta, l’abbraccio tra due Papi, prima e dopo aver varcato la Porta Santa.