Pope Francis presents a rose at image of Holy Mary and Child Jesus prior his Wednesday General Audience

ANSA

Il Papa: "La misericordia rende il mondo più umano. È da ingenui crederlo?"

Nell’udienza generale, Francesco spiega il significato di questo Giubileo straordinario di cui, afferma, la Chiesa ha oggi fortemente bisogno

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“Ma perché un Giubileo della Misericordia? Cosa significa questo?”. Se la saranno posta in tanti questa domanda. Incluso il Papa, che invita oggi i numerosi fedeli riuniti in piazza San Pietro per l’Udienza del mercoledì, reduci della grande celebrazione di ieri, a riflettere su questo Anno Santo appena avviato.  

Prima però ribadisce una certezza: la stessa che l’ha spinto a portare fino in fondo l’intuizione di un Giubileo straordinario della misericordia, andando oltre la paura e le minacce di attentati terroristici e i disagi di una città lenta e politicamente instabile. “La Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario. Non dico: è buono per la Chiesa questo momento straordinario… No, no! Dico: la Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario”, afferma il Pontefice.

“Nella nostra epoca di profondi cambiamenti – spiega infatti – la Chiesa è chiamata ad offrire il suo contributo peculiare, rendendo visibili i segni della presenza e della vicinanza di Dio”. E il Giubileo “è un tempo favorevole per tutti noi, perché contemplando la Divina Misericordia, che supera ogni limite umano e risplende sull’oscurità del peccato, possiamo diventare testimoni più convinti ed efficaci”.

Celebrare un Giubileo significa quindi “volgere lo sguardo a Dio” e ai fratelli bisognosi di misericordia. Significa “puntare l’attenzione sul contenuto essenziale del Vangelo: Gesù, la Misericordia fatta carne” e metterlo di nuovo “al centro della nostra vita personale e delle nostre comunità”.

È dunque un Anno Santo “per vivere la misericordia”. “Sì, cari fratelli e sorelle – sottolinea Papa Francesco – questo Anno Santo ci è offerto per sperimentare nella nostra vita il tocco dolce e soave del perdono di Dio, la sua presenza accanto a noi e la sua vicinanza soprattutto nei momenti di maggiore bisogno”.

Insomma, “un momento privilegiato perché la Chiesa impari a scegliere unicamente ciò che a Dio piace di più”. E cos’è che a Dio piace di più? Gli piace “perdonare i suoi figli – rimarca Bergoglio – aver misericordia di loro, affinché anch’essi possano a loro volta perdonare i fratelli, risplendendo come fiaccole della misericordia di Dio nel mondo”.

“Sant’Ambrogio – ricorda a braccio – in un libro di teologia che aveva scritto su Adamo, prende la storia della creazione del mondo e dice che Dio ogni giorno, dopo aver fatto una cosa (la luna, il sole o gli animali…) dice: ‘Ed io vidi che questo era buono’. Ma quando ha fatto l’uomo e la donna, la Bibbia dice: ‘Vidi che questo era molto buono’. Sant’Ambrogio si domanda: ‘Ma perché dice molto buono?’. Perché Dio è tanto contento dopo la creazione dell’uomo e della donna? No, perché alla fine aveva qualcuno da perdonare. È bello eh? La gioia di Dio è perdonare, l’essere di Dio è misericordia”.

Per questo – rimarca il Santo Padre – in questi dodici mesi fino al 20 novembre 2016 “dobbiamo aprire i cuori, perché questo amore, questa gioia di Dio ci riempia tutti di questa misericordia”. E il Giubileo potrà essere “un ‘tempo favorevole’ per la Chiesa” se impareremo a scegliere ‘ciò che a Dio piace di più’”, senza però “cedere alla tentazione di pensare che ci sia qualcos’altro che è più importante o prioritario”.

“Niente è infatti più importante di scegliere la misericordia di Dio” assicura il Pontefice, ovvero “il suo amore, la sua tenerezza, il suo abbraccio, le sue carezze”, attraverso le quali passa anche “la necessaria opera di rinnovamento delle istituzioni e delle strutture della Chiesa”. Anche questo, annota Francesco, “è un mezzo che deve condurci a fare l’esperienza viva e vivificante della misericordia di Dio” che, sola, può far risplendere la Chiesa.

Seppur solo per un momento dovessimo dimenticare che la misericordia è quello che a Dio piace di più, “ogni nostro sforzo – ammonisce – sarebbe vano, perché diventeremmo schiavi delle nostre istituzioni e delle nostre strutture, per quanto rinnovate possano essere. Ma saremmo sempre schiavi”.

Solo la misericordia “può contribuire realmente all’edificazione di un mondo più umano”, ribadisce quindi il Papa, specialmente in questi nostri tempi “in cui il perdono è un ospite raro negli ambiti della vita umana”. Il richiamo alla misericordia si fa pertanto “urgente” in ogni luogo: società, istituzioni, lavoro e anche famiglia”.

“Certo, qualcuno potrebbe obiettare: ‘Ma, Padre, la Chiesa, in questo Anno, non dovrebbe fare qualcosa di più? È giusto contemplare la misericordia di Dio, ma ci sono molti bisogni urgenti!’”. “È vero, c’è molto da fare, e io per primo non mi stanco di ricordarlo. Però bisogna tenere conto che, alla radice dell’oblio della misericordia, c’è sempre l’amor proprio”.

Quello, cioè, che nel mondo prende la forma “della ricerca esclusiva dei propri interessi, di piaceri e onori uniti al voler accumulare ricchezze”, mentre “nella vita dei cristiani si traveste spesso di ipocrisia e di mondanità”. “Tutte queste cose sono contrarie alla misericordia”, afferma il Vescovo di Roma, “i moti dell’amor proprio, che rendono straniera la misericordia nel mondo, sono talmente tanti e numerosi che spesso non siamo più neppure in grado di riconoscerli come limiti e come peccato”.

Allora bisogna riconoscersi peccatori, sempre, “per rafforzare in noi la certezza della misericordia divina”. Bisogna cioè dire: “Signore, io sono un peccatore; Signore, io sono una peccatrice: vieni con la tua misericordia’”. “È una preghiera bellissima. È facile, eh!”, scherza Francesco, “è una preghiera facile da dire tutti i giorni” .

L’augurio conclusivo è, dunque, che, in questo Anno Santo, “ognuno di noi faccia esperienza della misericordia di Dio, per essere testimoni di ‘ciò che a Lui piace di più’”. Forse “è da ingenui credere che questo possa cambiare il mondo?”. “Sì, umanamente parlando è da folli”, ammette il Santo Padre. Eppure l’apostolo Paolo dice un’altra cosa: “Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini”.

Per leggere il testo completo della catechesi di papa Francesco si può cliccare qui.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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