Era un argomento che destava molta curiosità e, anziché turbarmi, mi donava forza per incoraggiare chiunque si trovasse a vivere situazioni anche le più terribili e ingiuste.
Sentivo parlare di un’isola particolare dove venivano relegati tutti coloro che avevano commesso delitti o errori di una certa gravità…Privati di ogni diritto, condannati a vivere insieme, a dipendere in tutto dagli altri…Avevano perso tutto, non s’aspettavano più nulla da nessuno. Eppure si diceva che erano contenti di stare così insieme…
Un mio amico venne a conoscenza della loro situazione e chiese di andare per un periodo a vivere con loro. Mi raccontava che rimase stupito della calma con cui si muovevano, della pace che traspariva dai loro volti e soprattutto della loro capacità di ascoltarsi l’un l’altro.
Non c’erano telefoni a cui rispondere, né campane, né campanelli che richiamassero all’orario. Tutto avveniva col semplice e normale rapporto tra persone che vivono costantemente insieme.
Uno dei condannati affermava che era sereno e tranquillo e che non aveva da difendere nessuno, né tanto meno difendersi da nessuno…Non temeva neppure la morte perché – diceva – aveva perso tutto, le persone care e la stima degli altri.…
Vivendo in un tale clima aveva riscoperto e assaporato la bellezza di servire gli altri senza nessun interesse se non quello di sentirsi gratificato dall’amore che donava.
Gli era stato affidato il servizio a mensa. Era talmente contento di servire che, sorridendo, si spostava da una parte all’altra quasi “a passo di danza”.
Ciao da p. Andrea
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