Prayer in Taizé church

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La vocazione dei laici dal Concilio ad oggi

Il cardinale Ryłko individua una continuità e, al tempo stesso, un’evoluzione nel magistero di Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco

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Riportiamo di seguito un estratto dell’intervento del cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, in occasione del convegno in occasione del 50° anniversario della promulgazione del Decreto Apostolicam actuositatem.

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[…] Quest’anniversario della promulgazione del Decreto Apostolicam actuositatem ci chiama quindi a ripercorrere ancora una volta il cammino del laicato cattolico dell’epoca post-conciliare: un cammino molto ricco, pieno di frutti che il magistero conciliare ha generato nella vita di tanti fedeli. Quanti laici – uomini e donne del nostro tempo – grazie al Concilio Vaticano II hanno scoperto la bellezza della loro vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo; quanti segni di santità vissuta nel cuore del mondo! E poi la “nuova stagione aggregativa” dei fedeli nata grazie al Concilio che, accanto all’associazionismo di lunga e meritevole storia (l’Azione Cattolica!), ha visto sorgere tante nuove comunità e movimenti ecclesiali di straordinario slancio missionario e di potente capacità educativa umana e cristiana, realtà che anche oggi continuano a essere un grande segno di speranza per la Chiesa. E ancora la crescente valorizzazione e promozione del ruolo della donna, che aiuta la Chiesa a riscoprire sempre di nuovo il suo volto materno. E infine le forme concrete di impegno e di corresponsabilità dei laici per la vita e per la missione delle comunità cristiane, grazie alla valorizzazione e diffusione dei ministeri non-ordinati e dei consigli pastorali diocesani e parrocchiali.

Purtroppo, e specialmente nei primi anni del post-concilio, oltre alle numerose luci di speranza, non sono mancate delle ombre e delle preoccupanti derive dottrinali e pastorali, cause di non poche sofferenze del beato Paolo VI.[1] Non dimentichiamo pure che quella è stata l’epoca della rivoluzione culturale degli anni sessanta, un tempo di radicale contestazione di tutte le Istituzioni sociali di allora. Tuttavia, grazie alla saggia e paziente guida dei Pontefici del post-concilio, i frutti preziosi del rinnovamento conciliare nella vita del laicato sono stati non solo consolidati, ma anche fatti crescere. E questi cinquant’anni passati sono stati segnati da grandi documenti pontifici – vere e proprie pietre miliari – a cui dobbiamo attingere sempre di nuovo: l’Evangelii nuntiandi (1975) del beato Paolo VI; la Christifideles laici (1988) di san Giovanni Paolo II, vera magna charta del laicato cattolico; la Deus Caritas est (2005) di Benedetto XVI; e infine l’Evangelii gaudium (2014) di Papa Francesco, un vademecum fondamentale per ogni discepolo missionario di Cristo. E oggi, trascorsi cinquant’anni dalla chiusura dell’assise conciliare, vogliamo porci alcune importanti domande: qual è l’effettiva recezione dell’insegnamento conciliare sui laici nei nostri tempi? Cosa fare per rivivere nella nostra vita tutta la bellezza e la gioia di essere cristiani? Quali sono le sfide che attualmente si presentano per la Chiesa e per ciascun fedele laico?

Per celebrare un anniversario nella Chiesa – come abbiamo detto – non è sufficiente fare memoria del passato, ma è necessario vivere il presente con rinnovata passione e aprirsi al futuro con speranza… Esattamente questo è l’obiettivo che ci poniamo in questa nostra Giornata di studio. E nel nostro lavoro vogliamo lasciarci ispirare e guidare in modo particolare da Papa Francesco.

Il Santo Padre vuole aprire nella Chiesa una nuova tappa di evangelizzazione, caratterizzata dalla gioia propria del Vangelo. Incalza tutti noi con le sue esortazioni: “Non lasciamoci rubare la speranza!”; “Non lasciamoci rubare la gioia di evangelizzare!”. Papa Bergoglio sogna un laicato “decentrato”, capace di mettere al centro della propria vita la Persona di Gesù Cristo e il suo Vangelo; un laicato animato dalla «dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre»;[2] un laicato “in uscita” verso le periferie geografiche ed esistenziali del nostro mondo, pronto ad affrontare tante povertà materiali e spirituali di questo tempo! E apre davanti a noi il suo cuore di pastore quando dice: «Come vorrei trovare le parole per incoraggiare una stagione evangelizzatrice più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena d’amore fino in fondo e di vita contagiosa!».[3] Per raggiungere tale traguardo tutta la Chiesa deve entrare in un «cammino di una conversione pastorale missionaria, che non può lasciare le cose come stanno».[4]

Come essere dunque veramente, in quanto cristiani, sale della terra e luce del mondo, nonché lievito evangelico che trasforma la realtà terrena dal di dentro? Papa Francesco ha descritto molto bene, in più occasioni nelle sue omelie mattutine a Santa Marta, le varie tipologie di cristiani tiepidi – e potremmo dire qui “insipidi”, come quel sale che ha perso il sapore – quei cristiani cioè che si lasciano irretire dal mondo: cristiani “da pasticceria”, cristiani “da salotto”, cristiani “bolle di sapone”, cristiani “part time”, cristiani “ma non troppo”, cristiani che finiscono per seguire un “Dio spray”, cristiani che, rifiutando la croce di Cristo, rendono la Chiesa una “ONG pietosa” e così via. I fedeli laici, anche se spesso sono assediati dal crescente secolarismo della società e anche se in molti casi sono ridotti in condizioni di minoranza perfino nei Paesi di lunga tradizione cristiana, sono chiamati comunque a essere delle “minoranze creative”, come ha detto Benedetto XVI. Si tratta di minoranze che hanno il coraggio di essere un “segno di contraddizione” nel mondo, “una voce che grida nel deserto” e, guidate dalla dottrina sociale della Chiesa, sanno proporre con convinzione e originalità, prospettive e soluzioni controcorrente, più autentiche, più cristiane (e dunque più umane!), di fronte ai tanti problemi che il vivere quotidiano pone. Per noi cristiani, infatti, il problema fondamentale non è quello di essere minoritari, ma di essere insignificanti nel mondo per colpa nostra; il problema è divenire un sale che ha perso il sapore.

Ma c’è ancora un altro rischio che minaccia l’identità dei fedeli laici, un rischio a cui Papa Francesco è molto sensibile. Si tratta del clericalismo, che rende i laici dei “cristiani di sacrestia”, schiavi di una sterile autoreferenzialità ecclesiale. Il Santo Padre ha messo in luce questo pericolo con parole forti: «Nella maggioranza dei casi, si tratta di una complicità peccatrice: il parroco clericalizza e il laico gli chiede per favore che lo clericalizzi, perché in fondo gli risulta più comodo. Il fenomeno del clericalismo spiega, in gran parte, la mancanza di maturità e di libertà cristiana in parte del laicato».[5] E in un’altra occasione ha spiegato: «I laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!».[6] Occorre dunque che i laici siano sé stessi, fedeli alla loro vocazione e missione, assumendosi le proprie responsabilità nella Chiesa e nel mondo, senza nascondersi dietro le spalle dei Pastori. Anzi, Papa Francesco li incoraggia a non aver paura di rischiare e di “sporcarsi le mani”, lavorando per il Regno di Dio nel mondo e scrive: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze».[7]

I laici, dunque, come il sale della terra e la luce del mondo… Questo implica uno sguardo profondo sulla realtà del mondo in cui viviamo. E viviamo in un’epoca segnata da cambiamenti culturali, sociali, economici e addirittura antropologici estremamente rapidi e profondi. Papa Bergoglio dice che si tratta non tanto di “cambiamenti epocali” quanto di un vero e proprio “cambiamento d’epoca”. Questo tempo richiede, specialmente da parte dei fedeli laici, una spiccata capacità di discernimento, evitando di cedere alla tentazione di visioni pessimistiche e addirittura apocalittiche della realtà. Il Santo Padre dice: «È importante leggere la realtà, guardandola in faccia. Le letture ideologiche o parziali non servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione. Leggere la realtà, ma anche vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi, anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica, difficoltà, sofferenza, ma che porta in sé l’orizzonte della vita, di un rinnovamento, porta la forza della speranza».[8] Questo discernimento, di cui parla il Papa, non è cieco, né improvvisato! Esige innanzitutto la capacità di aprirsi all’incontro con Cristo e di approfondire il rapporto con Lui. Il Papa spiega in proposito: «La fede non riduce mai lo spazio della ragione, ma lo apre ad una visione integrale dell’uomo e della realtà, e difende dal pericolo di ridurre l’uomo a “materiale umano”».[9] Ecco, secondo Papa Francesco, la risposta cristiana alle sfide della post-modernità: «Il discernimento della realtà, assumendo il momento di crisi, la promozione di una cultura dell’incontro e del dialogo, orientano verso la solidarietà, come elemento fondamentale per un rinnovamento delle nostre società».[10]

Questo discernimento – a parere del Santo Padre – deve portare i laici del nostro tempo ad assumersi con particolare urgenza il compito della custodia del creato. Si tratta di acquisire una sensibilità particolare per il dono della creazione che ci è stato affidato da Dio e un profondo senso di responsabilità nel custodire, preservare e consegnare alle future generazioni questo tesoro prezioso della “casa comune” che è la nostra terra.[11] Il Papa parla di un’autentica “ecologia integrale” che «comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali»[12] e non diventi perciò una visione ideologica della natura che arriva a essere ostile all’uomo. Anzi essa vuole preservare l’autentica armonia e l’autentico bene di ogni individuo, di ogni popolo, di ogni essere vivente. E il Pontefice ribadisce con forza: «Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a sé stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato».[13] Allora, oggi è proprio l’uomo nella sua umanità che va custodito in modo particolare. Come non ricordare a questo proposito le parole profetiche di Papa Benedetto XVI: «Viviamo in un tempo in cui i criteri dell’essere uomini sono diventati incerti […] Di fronte a ciò noi come cristiani dobbiamo difendere la dignità inviolabile dell’uomo, dal concepimento fino alla morte […] La fede in Dio deve concretizzarsi nel nostro comune impegno per l’uomo».[14]

Questi sono solo alcuni spunti tratti dal magistero di Papa Francesco su come vivere con passione il presente, in quanto fedeli laici, e su come aprirsi all’avvenire con speranza cristiana, senza paure e senza tentennamenti. […]

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Note


[1] Diceva il beato Paolo VI: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza». E a questa sfida il Pontefice rispondeva: «Appunto per questo vorremmo essere capaci, più che mai in questo momento, di esercitare la funzione assegnata da Dio a Pietro, di confermare nella Fede i fratelli. Noi vorremmo comunicarvi questo carisma della certezza che il Signore dà a colui che lo rappresenta anche indegnamente su questa terra» (Omelia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in “Insegnamenti di Paolo VI”, X (1972), pp. 708-709).

[2] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 21.

[3] Ibidem, n. 261.

[4] Ibidem, n. 25.

[5] Francesco, Discorso ai vescovi responsabili del C.E.L.A.M. in occasione della riunione generale di coordinamento a Rio de Janeiro, in “L’Osservatore Romano”, 29-30 luglio 2013, p. 10.

[6] Francesco, Discorso all’apertura dei lavori della 68° Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), in “L’Osservatore Romano”, 20 maggio 2015, p. 8.

[7] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 49.

[8] Francesco, Incontro con il mondo della cultura durante la visita pastorale a Cagliari, in “L’Osservatore Romano”, 23-24 settembre 2013, p. 7.

[9] Ibidem.

[10] Ibidem.

[11] Cfr. Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 1.

[12] Ibidem, n. 137.

[13] Ibidem, n. 115.

[14] Benedetto XVI, Discorso durante la celebrazione ecumenica nella Chiesa dell’ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt, in “L’Osservatore Romano”, 25 settembre 2011, p. 9. 

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ZENIT Staff

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