Il Papa: "No schiavi del lavoro, ma neanche vittime di ritmi di festa sregolati"

Nell’Udienza generale, Francesco mette al centro la dimensione ‘sacra’ della festa, soprattutto domenicale, contro “l’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica”

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La festa come “sguardo amorevole e grato sul lavoro ben fatto”. Quindi la festa di due novelli sposi che con il matrimonio celebrano il ‘lavoro’ del fidanzamento, o dei genitori e dei nonni che vedono crescere i propri figli e nipoti. Poi la festa che “sospende” il lavoro professionale, per ricordare che l’uomo e la donna, fatti a immagine e somiglianza di Dio, non sono “schiavi” del lavoro ma “signori”. Dunque una festa che contrasta l’ossessione del profitto economico e il consumismo esasperato che sembrano sbranare qualsiasi ritmo umano.

Si snoda su questi punti chiave la catechesi di Francesco nell’Udienza generale di oggi, in Aula Paolo VI, in cui il Papa continua ad esplorare il vasto mondo della famiglia avviando un nuovo percorso di riflessione su tre dimensioni che scandiscono il ritmo della vita familiare: festa, lavoro, preghiera.

Un percorso che si svolgerà per tutto il mese di agosto, il cui primo step è appunto la catechesi sulla “festa” che – chiarisce subito Bergoglio – “non è la pigrizia di starsene in poltrona, o l’ebbrezza di una sciocca evasione”, ma “un’invenzione di Dio”, come ricorda il racconto della creazione nel Libro della Genesi.

“Dio stesso – evidenzia il Papa – ci insegna l’importanza di dedicare un tempo a contemplare e a godere di ciò che nel lavoro è stato ben fatto”. Lavoro inteso non solo nel senso del mestiere e della professione, ma nel senso più ampio di “ogni azione con cui noi uomini e donne possiamo collaborare all’opera creatrice di Dio”. In tal senso, la festa è “il tempo per guardare la nostra casa, gli amici che ospitiamo, la comunità che ci circonda, e pensare: che cosa buona! Dio ha fatto così quando ha creato il mondo. E continuamente fa così, perché Dio crea sempre, anche in questo momento!”, afferma il Santo Padre.

Osserva poi che, talvolta, può capitare nella vita “che una festa arrivi in circostanze difficili o dolorose, e si celebra magari ‘con il groppo in gola’”. In questi casi, bisogna comunque chiedere a Dio “la forza di non svuotarla completamente”. “Voi mamme e papà – dice il Papa – sapete bene questo: quante volte, per amore dei figli, siete capaci di mandare giù i dispiaceri per lasciare che loro vivano bene la festa, gustino il senso buono della vita! C’è tanto amore in questo!”.

E c’è amore pure quando nell’ambiente di lavoro – “senza venire meno ai doveri” – si prova a “infiltrare” qualche sprazzo di festa: “un compleanno, un matrimonio, una nuova nascita, come anche un congedo o un nuovo arrivo…”. Questo “è importante”, spiega il Pontefice, perché “sono momenti di famigliarità nell’ingranaggio della macchina produttiva”. E “ci fa bene!”.

Tuttavia, il vero tempo della festa – sottolinea Francesco – “sospende il lavoro professionale, ed è sacro, perché ricorda all’uomo e alla donna che sono fatti ad immagine di Dio, il quale non è schiavo del lavoro, ma Signore, e dunque anche noi non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma ‘signori’”.

C’è un comandamento che chiede di “santificare le feste”. Esso “riguarda tutti, nessuno escluso”; eppure – rileva con amarezza il Papa – “ci sono milioni di uomini e donne e addirittura bambini schiavi del lavoro! In questo tempo ci sono schiavi, eh! Sono sfruttati, schiavi del lavoro e questo è contro Dio e contro la dignità della persona umana!”.

“L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita, perché la vita ha i suoi ritmi umani”, aggiunge poi Bergoglio. Proprio per questo esiste il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale, “destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende”.

Anche questo momento ‘sacro’ è messo oggi a repentaglio dalla “ideologia del profitto e del consumo” che “vuole mangiarsi la festa” riducendola “a un ‘affare’, a un modo per fare soldi e per spenderli”. “Ma è per questo che lavoriamo?”, domanda Francesco. “L’ingordigia del consumare, che comporta lo spreco, è un brutto virus che, tra l’altro, ci fa ritrovare alla fine più stanchi di prima. Nuoce al lavoro vero, e consuma la vita. I ritmi sregolati della festa fanno vittime, spesso giovani”.

Bisogna allora ricordare che “il tempo della festa è sacro”, perché “Dio lo abita in un modo speciale”. “L’Eucaristia domenicale porta alla festa tutta la grazia di Gesù Cristo: la sua presenza, il suo amore, il suo sacrificio, il suo farci comunità, il suo stare con noi… E così ogni realtà riceve il suo senso pieno: il lavoro, la famiglia, le gioie e le fatiche di ogni giorno, anche la sofferenza e la morte; tutto viene trasfigurato dalla grazia di Cristo”.

La famiglia in particolare – prosegue a braccio il Pontefice – “è dotata di una competenza straordinaria per capire, indirizzare e sostenere l’autentico valore del tempo della festa”. “Ma che belle sono le feste in famiglia, sono bellissime!”, esclama Papa Bergoglio. E “non è certo un caso se le feste in cui c’è posto per tutta la famiglia sono quelle che riescono meglio!”.

Quindi la raccomandazione a non rovinare questo “prezioso regalo” che è la festa “che Dio ha fatto alla famiglia umana”. “La stessa vita famigliare – aggiunge, ancora a braccio – guardata con gli occhi della fede, ci appare migliore delle fatiche che ci costa. Ci appare come un capolavoro di semplicità, bello proprio perché non artificiale, non finto, ma capace di incorporare in sé tutti gli aspetti della vita vera. Ci appare come una cosa ‘molto buona’, come Dio disse al termine della creazione dell’uomo e della donna”. Quindi, perché rovinare tutto questo? 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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