Siria: dopo l'ultimo rapimento cresce la paura dei cristiani

Il monaco di Deir Mar Musa, padre Jihad Youssef, racconta ad ACS lo stato d’animo dei cristiani dopo il sequestro dell’Isis, giovedì scorso, di circa 230 persone ad Homs

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“I cristiani hanno paura, specie nell’area intorno a Qaryatayn. E sempre più fedeli pensano di lasciare le proprie case o addirittura il paese”. Così padre Jihad Youssef, monaco della comunità Deir Mar Musa, racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre lo stato d’animo dei cristiani dopo che giovedì scorso lo Stato Islamico ha preso possesso della cittadina vicino ad Homs e rapito almeno 230 persone.

“Non sappiamo se Isis ha intenzione di uccidere gli ostaggi cristiani. Normalmente ai nostri fratelli nella fede i fondamentalisti offrono tre alternative: pagare la jizya, convertirsi o fuggire. Chiaramente stavolta la terza opzione non è stata offerta ai cristiani, altrimenti l’avrebbero scelta”.

Il religioso del Deir Mar Musa – comunità monastica fondata da padre Paolo Dall’Oglio – non conosce il numero dei cristiani in mano ad Isis. A Qaryatayn ne erano rimasti circa 160, ma alcuni di loro potrebbero essersi salvati. “Trenta dei cristiani sequestrati sono riusciti a fuggire, perché sono dei pastori e conoscono bene la zona. Ora si trovano ad Homs, dove i vescovi siro-cattolico e siro-ortodosso cercano di trovare una soluzione anche per gli altri ostaggi”.

A Qaryatayn la comunità Deir Mar Musa ha un monastero, il Mar Elia, dove viveva padre Jacques Mourad, rapito il 21 maggio scorso assieme al diacono Boutros Hanna Dekermenjian. “Al Sant’Elia sono rimasti dei nostri collaboratori – riferisce padre Jihad – ma è da qualche tempo che non abbiamo loro notizie. Non sappiamo neanche se il monastero è già stato occupato da Isis”.

Nessuna novità neanche su padre Jacques, nonostante i numerosi tentativi della sua comunità. Padre Jihad spera che il suo confratello e il diacono possano essere inclusi in un’eventuale trattativa per la liberazione dei cristiani rapiti la scorsa settimana.

Secondo il monaco del Deir Mar Musa padre Jacques è stato sequestrato a causa del suo impegno nella promozione del dialogo interreligioso. «Per molti anni ha costruito ponti tra le comunità islamica e cristiana e nel monastero di Sant’Elia ha accolto più di 50 famiglie musulmane, con oltre 100 bambini».

Grazie anche al contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Mourad ha aiutato moltissimi siriani a ricostruire le loro case distrutte dal conflitto.Lo stesso padre Jihad conosce molto bene la fondazione pontificia, che in passato ha sostenuto i suoi studi. “ACS ha fatto molto per noi, soprattutto a Qaryatayn. Siamo infinitamente grati a tutti i benefattori e chiediamo loro di pregare per gli ostaggi e per i rapitori. Affinché Dio converta i loro cuori”.

Dall’inizio della crisi, nel marzo 2011, ACS ha finanziato progetti in Siria e per i rifugiati siriani all’estero per un totale di oltre 7milioni e 200mila euro. Soltanto nei primi sei mesi del 2015 la fondazione pontificia ha donato ai siriani 2.742.169 euro.

 
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ZENIT Staff

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