Il linguaggio dell’anima

La parola “poesia” compare per tre volte nel testo dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco

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Negli ultimi giorni è tornato ad accendersi sugli organi d’informazione, il dibattito sulla poesia e sul suo ruolo nella cultura contemporanea. Oggetto d’attenzione sono state, in particolare, le politiche distributive della grande editoria, che terrebbe in scarsa considerazione questo genere letterario, con un graduale smantellamento delle collane storiche dedicate alla poesia.

Come in ogni dibattito, le riflessioni e le conclusioni sono diverse a seconda del punto di vista d’origine. C’è chi parla di “invendibilità” e di “illeggibilità” della poesia. C’è chi mette sotto accusa le strategie della grande industria editoriale, più attenta al marketing che all’analisi letteraria delle opere da pubblicare… In ognuna di queste osservazioni è possibile rintracciare un fondo di verità. Non possiamo negare, infatti, l’autoreferenzialità che ha contaminato alcune correnti poetiche del secondo ‘900; né possiamo non ammettere che il clima utilitaristico delle società contemporanee è quanto di più alieno al libero esplicarsi della parola poetica…

Eppure, a nostro avviso, il cuore del problema non è qui. Non sono (e non saranno) le scelte di poetica degli autori o gli orientamenti strategici della grande industria a sancire la sopravvivenza o meno della poesia. Perché l’arte e la letteratura esistono da molto prima che nascessero i giudizi della critica o lo sfruttamento economico delle opere.

Chi non conosce le pitture rupestri della Grotta di Altamira (che un archeologo definì “la Cappella Sistina della preistoria”)? Dicono che, quando Pablo Picasso le vide, esclamò ammirato: “Dopo Altamira, tutto è decadenza”. L’importanza dell’arte primitiva fu colta anche da Eugenio Montale, che, nel suo celebre discorso per la consegna del Nobel, pronunciò queste parole: “La poesia è nata dalla necessità di aggiungere un suono vocale al ritmo martellante delle prime musiche tribali”.

L’arte e la letteratura sono consustanziali all’uomo. Il termine poesia è etimologicamente connesso al verbo greco “poiein” (“fare”, “creare”). La nozione di poesia racchiude quindi il concetto di creazione, strettamente congiunto all’idea di ispirazione divina. Il poeta è colui che crea ispirato dalle Muse. Nello Jone, dialogo platonico dedicato alla poesia, i poeti sono definiti “messaggeri degli dei”, al pari di Hermes, inventore della poesia.

Ed eccoci ai nostri tempi, con la straordinaria Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli artisti che si apre con queste parole: “Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l’opera del vostro estro, avvertendovi quasi l’eco del mistero della creazione…”.

Sono concetti e parole che riconducono all’essenza della poesia: quella di “linguaggio dell’anima”, teso a dare voce alle mille indefinibili articolazioni che si muovono nel nostro profondo e che costituiscono la parte più autentica di noi stessi. Per questo, fra i molti interventi del dibattito citato in apertura, abbiamo apprezzato, in particolare, quello di Maurizio Soldini, che fa riferimento alla Laudato si’ di papa Francesco, sottolineando che il termine “poesia” compare per tre volte nel testo dell’enciclica.

“L’atteggiamento estatico e contemplativo dei poeti – scrive Soldini sulle pagine di Avvenire – non avrà una utilità immediata, ma ha la finalità nobile di comprendere la realtà esteriore e interiore attraverso il linguaggio, che modula e trasforma il modo di pensare nella casa comune per la salvaguardia di tutto e di tutti. È per questo che non bisogna criticare i poeti. Ed è per questo che la poesia va letta e apprezzata”.

Seguendo il suggerimento di Maurizio Soldini, consigliamo ai nostri lettori di leggere e apprezzare due interessanti componimenti che attestano la vitalità della poesia anche ai nostri giorni. I componimenti sono dovuti alla penna di due autori che abbiamo pubblicato più volte in questa rubrica: il primo s’intitola La metafora mancante ed è stato scritto dallo stesso Soldini; il secondo s’intitola Erba e ne è autore Rosario Giuffrè.

 

LA METAFORA MANCANTE

(a Giuseppe Muraca)

di Maurizio Soldini

 

Davanti allo sconforto ci s’inginocchia

a chiedere perché il destino prenda

una rivincita sulla felicità che dorme.

Come una sera sfatta dalle nuvole

dopo giornate di un azzurro terso

in una primavera di gelsomini e rose.

Davanti alla miseria di questo mondo

per chi non ha futuro ma solo un passaggio

in spazi ristretti muore perfino la speranza.

Come un fiume che strozza il suo alveo

e soffre a proseguire nel cammino

verso una foce che sarà l’ampia sua fine.

Davanti ai potenti che sfilano nella storia

e annientano uomini normali che vivono

di solo pane e non di gloria immiseriamo.

Come un seme lasciato dal vento

sul davanzale lontano dalla terra

che in sua assenza non germoglia e muore.

Davanti allo sconforto alla miseria e ai potenti

non resta che subire o riesumare forze

e con la dignità riabilitare la speranza offesa.

Come… non sa neppure il popolo dei poeti

che aspettano la luce del rivolgimento

per imparare la metafora della giustizia.

 

***

 

ERBA

di Rosario Giuffrè

 

L’erba dei sogni

distorce

la luce

fa

fili di ragno

cattura le mosche

pensieri

ricordi finiti

nell’antro

di un boccale,

molliche

galleggiano

dolorose

vino di aceto

spugna

della vita,

innaturale

espansiva maledizione

gommosa,

chiamata

di fermata

verde tram

di umanità affastellata

respiri umidi

stretti,

ignoti

un l’altro

esilio di vista

fra prossimi

tuttavia,

ore chiamate

cenere mai accesa

Cristo alla parete.

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Inviando le loro opere alla Redazione di Zenit, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

 

 

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Massimo Nardi

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