In musica e in preghiera si conclude la seconda giornata di Papa Francesco in Paraguay, terza ed ultima tappa del lungo e impegnativo viaggio in America Latina. Nella Cattedrale di Asunción dedicata a “Nostra Signora Assunta”, poco dopo le 18 (ora locale), il Pontefice guida la recita dei Vespri alla presenza di circa mille persone tra vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi e movimenti cattolici.

Prima di raccogliersi in preghiera, Bergoglio viene accolto con entusiasmo dai fedeli disposti all’esterno della Cattedrale, costruita alla fine del 1840 dall'architetto basco Pascual Urdapilleta, la cui facciata è invece opera dell'architetto italiano Alessandro Ravizza. Musiche tipicamente paraguaiane o inni composti in occasione della visita risuonano dagli altoparlanti; dalla strada si ergono invece cori di “Viva el Papa!” e “Gracias Santo Padre”. E sul sagrato il sindaco, Arnaldo Samaniego, consegna al Pontefice le Chiavi della Città.

Altre note musicali accompagnano poi l’ingresso del Papa in una Cattedrale maestosamente addobbata di fiori e piante e delle bandiere dei due paesi: sono quelle eseguite da un’orchestra di duecento arpe paraguayane che suonano melodie tradizionali.  

La celebrazione dei Vespri prosegue in maniera ordinata ma intensa. Tanto che il Santo Padre, nella sua omelia, esordisce esclamando: “Che bello è pregare tutti insieme i Vespri! Come non sognare una Chiesa che rifletta e ripeta l’armonia delle voci e del canto nella vita quotidiana?”.

Sogno che si realizza oggi nella Cattedrale della Assunta, “che tante volte ha dovuto ricominciare di nuovo”, sottolinea il Papa, ricordando i numerosi restauri che l’edificio ha subito nel tempo. L'attuale chiesa della capitale paraguaiana è infatti il risultato di un'ampia ricostruzione del 1850, e sorge nel luogo dove nel 1543 si registrò un incendio devastante.

“Questa Cattedrale – dice infatti Francesco - è segno della Chiesa e di ognuno di noi: a volte le tempeste da fuori e da dentro ci obbligano a buttar giù ciò che abbiamo costruito e cominciare di nuovo, ma sempre con la speranza riposta in Dio; e se guardiamo questo edificio, senza dubbio non ha deluso i paraguayani, perché Dio non delude mai e per questo lo lodiamo con gratitudine”.

Il Papa parla quindi della preghiera, quella però “che non vuole essere alienante o solo decorativa”, bensì mezzo attraverso il quale ognuno di noi “cerca di diventare più somigliante a Cristo”. “La preghiera fa emergere quello che stiamo vivendo o che dovremmo vivere nella vita quotidiana”, afferma il Pontefice. Essa “ci dà impulso” per lavorare affinché “la tristezza della sterilità si trasformi in un campo fertile”.

Noi, infatti – evidenzia – “siamo quelli che lottiamo, ci diamo da fare, difendiamo il valore di ogni vita umana, dalla nascita fino a che gli anni sono molti e la forza poca”. Pertanto la preghiera è “riflesso dell’amore che sentiamo per Dio, per gli altri, per il mondo creato”. E proprio il comandamento dell’amore “è la miglior configurazione con Gesù del discepolo missionario”, spiega Bergoglio.

Stare attaccati a Gesù si traduce infatti nell’“assomigliare a Lui in tutto ciò che compie”. Ciò include dunque una “coscienza di lavoro apostolico in comunione”, sempre “a partire dalla natura e dalla funzione ecclesiale di ogni vocazione e ogni carisma”.

L’invito del Papa a sacerdoti, religiosi, laici, seminaristi e anche vescovi è dunque ad impegnarsi in una solida “collaborazione ecclesiale”, specialmente “intorno ai piani pastorali delle diocesi e alla missione continentale, cooperando con tutta la vostra disponibilità al bene comune”. Perché “se la divisione tra noi provoca la sterilità, non c’è dubbio che dalla comunione e dall’armonia nasca l'allegria della fecondità”, assicura il Papa. 

“Tutti abbiamo limiti – soggiunge - e nessuno può riprodurre Gesù Cristo nella sua totalità, e sebbene ogni vocazione si configura principalmente con alcuni raggi della vita e dell’opera di Gesù, ce ne sono alcuni comuni e irrinunciabili”. Ad esempio l’umiltà, “caratteristica di ogni vocazione cristiana”: “Chi è chiamato da Dio non si vanta, non va in cerca di riconoscimenti né di applausi effimeri, non sente di esser salito di categoria e non tratta gli altri come se fosse su un piedistallo”, rimarca Papa Francesco, ma segue appunto l'esempio di Cristo che, come dice San Paolo, "non ritenne un privilegio essere come Dio".

In conclusione, lo sguardo si volge ancora alla Cattedrale, in particolare al campanile rifatto più volte. “Il suono delle campane precede e accompagna in molte occasioni la nostra preghiera liturgica – dice il Papa -: fatti nuovi da Dio ogni volta che preghiamo, saldi come un campanile, gioiosi di suonare a festa le meraviglie di Dio”. L’augurio è pertanto che “il Signore compia, mediante la nostra vita consacrata, grandi cose nel Paraguay”.