Aleppo: scoppia l’emergenza idrica

I gruppi armati mantengono il controllo degli acquedotti e chiudono i rubinetti per fare pressione sulla città siriana

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Oltre che di bombe e di fame, Aleppo sta morendo di sete. Lo racconta all’agenzia Fides, Samaan Dadoud, un’ex guida turistica, oggi impegnato in programmi umanitari in Siria, a partire da quelli promossi dai Salesiani.

Ovunque nella città, dove le temperature sfiorano i 50°C, racconta Dadoud, donne e bambini si aggirano con bottiglie e latte di plastica, alla ricerca di acqua, in ogni forma possibile.

“L’emergenza acqua – prosegue l’ex guida turistica – è resa insopportabile dal caldo soffocante di questi giorni. Le chiese distribuiscono senza interruzione l’acqua potabile estratta dai propri pozzi, ma la richiesta è altissima e non si riesce a soddisfarla”.

In realtà le risorse idriche ad Aleppo non mancano, tuttavia “i gruppi armati che controllano le pompe idriche chiudono i rubinetti per fare pressione sulla città – spiega Dadoud -. Non si sa quali trattative stanno tentando di imporre al governo di Damasco, e usano l’approvvigionamento idrico come strumento di ricatto. Quelli che pagano il prezzo più alto sono i civili, che non c’entrano niente”.

Trovandosi la città ai confini con la Turchia, “i ribelli non hanno problemi a ricevere appoggi logistici, armi e ogni tipo di aiuto da quella parte. A livello locale, si possono trovare solo soluzioni provvisorie fondate su equilibri precari”.

Ad Aleppo, la speranza è mantenuta viva dalle chiese cristiane e dalle parrocchie non ancora distrutte dagli estremisti. Particolarmente attivi i Francescani e i già citati Salesiani, che raggruppano nei loro oratori fino a 500 giovani ogni giorno.

“Lì si prova a custodire nei ragazzi anche la memoria di Aleppo com’era prima: una città vitale, allegra, con tante possibilità di incontro. Se vai in queste parrocchie, ancora trovi una luce di speranza. Sono come i fari quando illuminano le notti di tempesta, e riaccendono la speranza per i naviganti che si erano perduti in un mare buio e ostile”, conclude Dadoud.

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ZENIT Staff

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