Gesù si fa dono con la sua presenza

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mt 11,28-30

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Lettura

I pochi versetti del brano evangelico terminano il capitolo 11 di Matteo. Dopo i richiami dapprima alle folle, quindi agli abitanti delle città rivierasche per gli ostinati rifiuti, Gesù termina in forma positiva il suo discorso. Dopo aver dato lode al Padre per aver rivelato ai “piccoli” e ai “poveri” la sua divinità, invita a sé i discepoli, “stanchi e oppressi”. La chiamata non è di un uomo, ma di Dio. L’intimità che unisce il Figlio al Padre è tale che la sua parola è quella del Padre. Per questo Gesù ha il potere di togliere ogni “stanchezza” e “oppressione”, e di presentarsi come un Maestro “mite e umile” che conosce quello che c’è nel cuore dell’uomo (cfr. Gv 2,25).

Meditazione

Al tempo di Gesù, ad “affaticare” e “opprimere” le folle erano i farisei, i manipolatori della Legge. Il Signore li condanna perché erano bravi nel caricare, sulle spalle della povera gente, fardelli difficili da portare, quando loro stessi erano i primi a non muoverli «neppure con un dito». Poco è mutato da quei tempi. L’immensa congerie delle leggi, manipolate ad arte, sono sempre il terreno fertile perché la criminalità e la corruzione trovino il loro spazio e possano fare vittime su vittime. Quando poi una legge è confezionata nel nome di una falsa “libertà”, tanto cara all’“etica” laicista, non può fare che stragi di innocenti. Ma gli oppressi sono soprattutto coloro che non hanno un futuro, hanno perso ogni speranza nella vita, sono costretti a vivere in una società che distrugge la dignità della persona, mortifica i valori umani e spirituali, impoverisce nei mezzi di sussistenza, crea mostruose disuguaglianze sociali, produce solitudine e disinteresse. A tutti Gesù dice: «Venite a me… ». Non c’è solo la stanchezza fisica; vi è pure quella spirituale e morale che toglie ogni respiro. In tutte queste situazioni, più che di un “andare”, si tratta di un lasciarsi “avvicinare” da Gesù. Nell’andare verso la speranza perduta, s’incontra la sua Persona. Sant’Agostino, commentando l’episodio dei discepoli di Emmaus, in fuga con la morte nel cuore, scrive: Gesù «camminava per via come un compagno di viaggio, anzi era lui che li conduceva» (Disc. 235,2). Nei nostri sogni perduti, è sempre lui che si fa presenza personale, si fa nostro prossimo, diventa dialogo, reciprocità e rende possibile una relazione di natura personale, da persona a persona: ci porta. Lui solo ha il potere di entrare nella nostra storia ed essere risurrezione e vita: non si tira mai indietro.

Preghiera: Gesù, mite e umile di cuore, non permettere che le sofferenze e le tristezze della vita possano togliermi la speranza e la gioia della tua presenza.

Agire: Voglio essere buono come Gesù, soprattutto con chi soffre.

***

Meditazione del giorno a cura di mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia-San Remo, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione diEdizioni ART. Per abbonamenti  info@edizioniart.it

 

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ZENIT Staff

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