Un premio alla memoria di Giovanni Gheddo

Il padre del celebre missionario si distinse per il suo valore umano durante la campagna di Russia

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In occasione della “Giornata del geometra 2015”, tenutasi venerdì 26 giugno nel salone del seminario a Vercelli, è stato consegnato il Premio alla Memoria del geom. Giovanni Gheddo di Tronzano Vercellese (1900-1942), di cui è in corso la causa di beatificazione insieme alla moglie Rosetta Franzi (1902-1934). Ha ricevuto il premio, dalle mani del sindaco di Tronzano Andrea Chemello, il figlio padre Piero Gheddo missionario del Pime, presente anche il fratello Mario con la figlia Chiara. Una targa d’argento con queste parole:

Premio alla Memoria – al geom. Giovanni Gheddo

Per il particolare amore ed attaccamento alla professione
esercitata con competenza, moralità e giustizia
negli anni 1922-1942, prima di sacrificare la vita
nella campagna di Russia in altissimo dono di carità cristiana.
Grande esempio di uomo e professionista
per l’intera categoria.

Dopo una breve introduzione del presidente del Collegio dei geometri Giuseppe Ghisio, ha parlato mons. Giuseppe Cavallone, che ha portato il saluto dell’arcivescovo e spiegato l’impegno dell’Ufficio Famiglia diocesano, di cui è presidente, nelle due Cause di beatificazione dei coniugi Gheddo; la postulatrice delle due Cause, avv. Lia Lafronte, ha presentato la figura del Servo di Dio Giovanni Gheddo nella sua professione di geometra vissuta con onestà e grande senso del dovere.

Dopo una breve introduzione del presidente del Collegio dei geometri Giuseppe Ghisio, ha parlato mons. Giuseppe Cavallone, che ha portato il saluto dell’arcivescovo e spiegato l’impegno dell’Ufficio Famiglia diocesano, di cui è presidente, nelle due Cause di beatificazione dei coniugi Gheddo; la postulatrice delle due Cause, avv. Lia Lafronte, ha presentato la figura del Servo di Dio Giovanni Gheddo nella sua professione di geometra vissuta con onestà e grande senso del dovere.

Infine padre Piero Gheddo ha raccontato di un papà pieno di attenzioni nei riguardi dei tre figli ancora piccoli, afflitto dalla vedovanza ma sorretto da una fede autentica che gli permetteva di affrontare la vita con grande fiducia e serenità. Dedito al suo lavoro, lo svolgeva con serietà e impegno, ad esempio usava le canne per misurare i terreni, non la corda, più comoda ma molto meno precisa. La sua sorella maggiore, l’insegnante Adelaide tutrice dei tre bambini (quando Giovanni va in guerra nel 1940), lo considerava un santo, ma aggiungeva: “Però vostro papà aveva un difetto: non sapeva farsi pagare. Dopo aver mandato la parcella al committente se questi pagava subito ne ringraziava il Signore, se ritardava diceva che occorre avere pazienza nella vita; e se non pagava? Giovanni lo scusava dicendo: “Si vede che proprio non può”.

Il geometra Gheddo non mirava mai ai soldi, anzi, era generoso con tutti, pur essendo la sua famiglia in una condizione economica medio-bassa. Padre Piero ha detto: “Rosetta e Giovanni non hanno lasciato a noi tre figli né case, né terreni, né conti in banca. Ma ci hanno lasciato qualcosa di molto più importante: la fede e i loro grandi esempi di vita cristiana”.

A Tronzano, papà Giovanni era chiamato “Il geometra dei poveri” e, senza nessuna nomina ufficiale, “Il giudice di pace”. Quando c’erano litigi pesanti in una o fra due famiglie, prima di andare da avvocati e tribunali, chiamavano il geometra Gheddo. Nel volume “Questi santi genitori” (Ed. S. Paolo) vi è la testimonianza di un litigio tra due fratelli per l’eredità del padre. Allora hanno chiamato il geom. Gheddo che ha convocato tutte le due famiglie, dicendo loro: “Vostro padre vi ha lasciato una bella cascina, tanti terreni e altri beni materiali. Ringraziate il buon Dio e vostro padre e non bisticciate per pochi metri di terreno, quando la cosa più importante è di volervi bene”. Poi, dopo aver esaminato le proprietà in questione ed averne fatta una stima del valore, le ha divise in due parti eguali e tirato a sorte tra i fratelli, che hanno accettato la proposta e da allora sono sempre andati d’accordo.

Scoppiata la seconda guerra mondiale il geom. Gheddo è richiamato alle armi e mandato a combattere prima contro la Francia e poi in prima linea nella campagna di Russia. Si tratta di una punizione per il suo ben noto antifascismo, dato che aveva diritto al congedo per l’età, per la salute e per il fatto di essere vedovo con tre figli minorenni. Le sue lettere dal fronte raccontano di come si toglieva il pane di bocca per aiutare quella popolazione, stremata dalla guerra. Della sua fine eroica, invece, ha testimoniato un commilitone. Giovanni, capitano d’artiglieria della divisione Cosseria, era schierato sulle rive del grande fiume Don, che a 35-40 gradi sotto zero era ghiacciato e i carri armati russi potevano attraversarlo.Il 16 dicembre 1942 si scatena la grande offensiva sovietica, che travolge le povere forze armate italiane, che non avevano nemmeno le armi anti-carro. L’alto comando militare dà l’ordine di ritirarsi per 35 km. dove avevano preparato un baluardo di difesa. Giovanni dice al sottotenente più giovane, che avrebbe dovuto fermarsi nell’ospedaletto da campo con 35 militari feriti e intrasportabili: “Tu sei giovane, devi ancora fare la tua vita! I miei figli sono in buone mani, salvati tu, qui rimango io”. È il 17 dicembre 1942, data “ufficiale” della sua morte nella steppa russa. Quel commilitone era Mino Pretti, divenuto poi sindaco di Vercelli per due mandati. È andato due volte a Tronzano a ringraziare i familiari perché il capitano Giovanni Gheddo gli aveva salvato la vita, con un gesto eroico che ricorda quello di San Massimiliano Kolbe nel 1942 ad Auschwitz.

Un lungo applauso da parte dei geometri presenti ha accompagnato la premiazione del geom. Giovanni Gheddo, ricevuta con commozione dal figlio missionario padre Piero. Una testimonianza di vita piena vissuta da un laico vercellese dell’Azione cattolica, che speriamo di vedere presto agli onori degli altari insieme alla moglie Rosetta. Una coppia di sposi che ha dato un esempio valido soprattutto oggi. In un tempo come il nostro, in cui il matrimonio è in crisi e il “per sempre” fa paura, Rosetta e Giovanni ci mostrano che costruire “La casa sulla roccia” è possibile e che la fede in Cristo, rafforzata dal sacramento nuziale, aiuta a superare i drammi e le sofferenze che la vita, inevitabilmente, ci pone davanti. Con fortezza e grande serenità.

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Fonte: http://gheddo.missionline.org/

 

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ZENIT Staff

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