È stato il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ad aprire i lavori della prima giornata sul tema “Le persone e il pianeta al primo posto: l’imperativo di cambiare rotta”. L’evento – presentato ieri in Sala Stampa vaticana – è stato avviato oggi a Roma all’Agustinianum, ed è organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace con la rete di ong cattoliche Cisde.
Chiamato a riflettere sulla nuova Enciclica di Papa Francesco “Laudato Si’. Sulla cura della casa comune“, il Segretario di Stato ne ha evidenziato l’importanza non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero, specie in vista dei prossimi appuntamenti internazionali delle Nazioni Unite che si terranno nella seconda metà del 2015. In primo luogo, la Terza Conferenza Internazionale sui finanziamento allo sviluppo, in programma ad Addis Abeba dal 13 al 16 luglio. Poi il vertice delle Nazioni Unite per l’adozione dell’Agenda per lo sviluppo del 2015, a New York, dal 25 al 27 settembre. E infine la XXI Conferenza sul Clima di Parigi, fissata per il 30 novembre-11 dicembre, volta a formulare un nuovo accordo sui cambiamenti climatici.
Ha poi spiegato che per comprendere il significato profondo del testo di Bergoglio, bisogna leggerlo dal punto di vista della scena internazionale, a livello nazionale e locale, e infine incanalarlo nella sfera della Chiesa cattolica. Questo, ha affermato, è il punto di partenza per una riflessione che arrivi al cuore del messaggio che il Pontefice ha voluto trasmettere con l’enciclica: e cioè “reindirizzare i nostri passi” e promuovere una “cultura della cura”. Cultura che – ha evidenziato il cardinale – dovrebbe essere in grado di ripristinare “i diversi livelli di equilibrio ecologico: quello interiore con se stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio”.
In conclusione, Parolin si è soffermato sul capitolo finale di Laudato Si’ dedicato alla formazione, citandone un passaggio significativo: “Molte cose devono riorientare la propria rottta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare”, ha detto il porporato. “Manca la coscienza consapevolezza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione”.