A glass and bottle of wine

Pixabay CC0

Avremo buon vino

All’uva, che gli si concede con amore smisurato, il torchio dona la più bella opportunità di diventare se stessa, di realizzare ciò per cui è stata creata

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Ho partecipato ad una grande e importante assemblea di ottocento persone; per la precisione tutti sacerdoti e religiosi; molti tra i quali stimati e ricercati filosofi e teologi.

Uno di loro, stufo per le grosse difficoltà che trovava con alcuni dei suoi parrocchiani, era venuto al convegno deciso a chiedere al suo vescovo di essere trasferito in un’altra parrocchia.

Però nei giorni preziosi dell’incontro aveva cambiato idea perchè ha colto l’importanza e la preziosità del dolore, particolarmente di quello che nasce dai difficili rapporti col prossimo. L’aveva folgorato la luce del Risorto presente in ogni morte e dolore: Gesù che impersona, impreziosisce e trasforma in amore ogni tipo di dolore da quando sulla croce ha gridato il suo abbandono da Dio e a Lui si è riabbandonato.

Dialogando al microfono, mi era capitato di ricorrere ad uno dei miei paragoni preferiti e avevo affermato che “il torchio è il migliore amico, il più grande benefattore dell’uva. All’uva, che gli si concede con amore smisurato, il torchio dona la più bella opportunità di diventare se stessa, di realizzare ciò per cui è stata creata.

E chiunque ‘contempla’ questo rapporto tra il torchio e l’uva, alzando gli occhi al cielo ringrazia: “Avremo sicuramente buon vino”.

Il tormentato sacerdote mi era venuto subito a cercare pregandomi di ripetergli parola per parola il paragone che l’aveva illuminato sull’esperienza da vivere in parrocchia a contatto con i parrocchiani più difficili.

“Torno a casa – ha concluso – e dirò al vescovo che la mia è la migliore parrocchia della Diocesi”.

Ciao da p. Andrea

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Andrea Panont

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