Nella tragica evoluzione dei conflitti armati dell’ultimo secolo, che ha visto passare la percentuale delle vittime civili dal 5 al 90%, particolarmente drammatico è il numero sproporzionato di bambini uccisi e feriti. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite nell’intervento — pubblicato integralmente sul sito internet de L’Osservatore Romano — tenuto il 18 giugno al Consiglio di sicurezza dell’Onu durante il dibattito aperto su «Bambini e conflitti armati».
Ciò deriva, ha ricordato l’arcivescovo, dal fatto che nei conflitti è lacerato l’intero tessuto della vita e della società. Case, scuole, sistemi sanitari, istituzioni religiose non sono più al sicuro da attacchi e operazioni militari. Il rappresentante della Santa Sede ha concentrato il suo intervento sulla “questione del rapimento di bambini nei conflitti armati, perché spesso è la ‘porta’ per maggiori abusi contro i bambini e più gravi violazioni del diritto umanitario internazionale”.
Auza ha poi ricordato il rapimento, nell’aprile dello scorso anno, di centinaia di studentesse nigeriane da parte di Boko Haram, sottolineando che esso “esemplifica gli orrori di questo crimine specifico e mette in evidenza la sfida di portare i gruppi armati non statali terroristici davanti alla giustizia”. Il Vaticano, di conseguenza, evidenzia la necessità che la cura e la riabilitazione dei bambini salvati dai gruppi armati dispongano di risorse adeguate e di lungo termine per fornire loro le maggiori probabilità di reinserimento nella famiglia e nella società.
In questo, la Santa Sede e la Chiesa cattolica sono state e continuano a essere attivamente impegnate nel fornire un supporto specializzato ai minori vittime, ha rimarcato l’arcivescovo, sia sul piano sanitario sia con “l’accompagnamento spirituale e la riconciliazione con le famiglie”. Al tempo stesso è cruciale porre fine all’impunità, perché “senza giustizia, i bambini e le loro comunità non potranno mai completamente guarire. Senza la certezza della pena, non vi è alcun deterrente per i futuri potenziali autori”.
Nella serata di ieri, al termine del dibattito del Consiglio di sicurezza dell’Onu, è stata poi diffusa una dichiarazione nella quale si condannano fermamente “le violenze contro i bambini nelle zone di conflitto, il reclutamento e l’impiego dei minori dalle parti in guerra, la loro uccisione, mutilazione, stupro e altre forme di violenza sessuale, i rapimenti, e gli attacchi nei confronti di scuole e ospedali”, come si legge.
Nel documento, il Consiglio sottolinea inoltre la responsabilità della comunità internazionale di “porre fine all’impunità, perseguire i responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e altri reati perpetrati nei confronti dei bambini”, ribadendo a questo proposito il contributo della Corte penale internazionale.
Dal rapporto del segretario generale Ban Ki-moon è inoltre emerso che il 2014 è stato uno degli anni peggiori nella memoria recente, durante il quale – ha detto – “molte migliaia di bambini in tutto il mondo hanno sopportato atti a cui nessun minore dovrebbe essere sottoposto”.