In un mondo dove le tensioni geopolitiche rischiano di riaccendere il cosiddetto scontro fra civiltà, mai come oggi è diventato di fondamentale importanza dare spazio al dialogo interculturale. Ciò è preminente per la religione, essendo essa a rischio di usi ideologici e strumentali come tristemente noto in alcune zone del pianeta. E proprio il dialogo come contrasto all’estremismo è stata la chiave di lettura del convegno – organizzato dall’Isag (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliari) – che si è tenuto il 16 giugno alla Camera dei Deputati.
L’incontro si è svolto sulla scia del Congresso delle religioni del Kazakhstan, il quale costituisce un esempio in tutto il mondo per la sua piattaforma (ispirata agli incontri di Assisi) basata sul dialogo interreligioso. Lo stesso Kazakhstan rappresenta un modello di “equilibrio interno” (una frase spesso ripetuta durante il convegno) fra le sue diverse etnie e confessioni, e ciò grazie anche alla “diplomazia religiosa” del presidente Nursultan Nazarbayev. Nonostante alcuni attacchi terroristici nel 2011, il Kazakhstan rimane uno dei Paesi più stabili e tolleranti dell’Asia Centrale.
Il convegno si è aperto con l’introduzione dell’on. Paolo Grimoldi, il quale ha sottolineato l’importanza di riallacciare i rapporti con la Russia, dato che essa gioca un ruolo fondamentale nella lotta contro il terrorismo. Successivamente Tiberio Graziani (presidente IsAG) ha elogiato le iniziative che hanno reso il Kazakhstan un valido centro di scambio culturale, definendo il dialogo come pietra angolare per la pace.
Dopo i saluti introduttivi, il moderatore Dario Citati (IsAG) ha aperto il primo pannello di relatori, dando la parola all’ambasciatore kazako a Roma, Adrian Yelemessov. Quest’ultimo ha spiegato con un’analisi storica come il Kazakhstan sia riuscito a diventare un “laboratorio di convivenza”. Infatti, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il Kazakhstan si è dato una Costituzione laica e ha maturato una predisposizione al dialogo, specialmente nel Parlamento dove sono istituiti vari meccanismi di pluralismo religioso. L’ambasciatore ha espresso il suo entusiasmo per il successo del Congresso religioso, la cui immagine più bella è stato l’abbraccio fra esponenti dell’Islam e della Chiesa ortodossa. L’ambasciatore ha evidenziato che è nostro dovere mantenere questa armonia al fine di “rafforzare la pace”.
Successivamente il prof. Michele Bernardini (Università Orientale di Napoli) ha sottolineato l’importanza dell’educazione per evitare che le fasce più giovani siano facilmente manipolate da usi perversi della religione. Emmanuel Dupuy (IPSE) ha invece parlato in ambito geopolitico del Kazakhstan, descrivendolo come un Paese che possiede il giusto mix per trasmettere una grande influenza: si tratta del nono Paese più grande al mondo, la popolazione è molto più giovane rispetto ai Paesi occidentali, le risorse (gas, petrolio, uranio) non mancano e i suoi confini sono strategicamente molto importanti (Cina e Russia). Il Kazakhstan inoltre ha una particolare rilevanza, essendo situato nella famosa configurazione geografica della “Heartland”, concetto dell’accademico britannico Halford Mackinder (teoria secondo cui il controllo del territorio eurasiatico gioca un ruolo fondamentale nello scacchiere globale). Inoltre il Kazakhstan è un grande protagonista nell’ambizioso progetto cinese della “nuova via della seta”, che porterà nel territorio kazako grandi progetti in infrastrutture.
Eliseo Bertolasi (IsAG) ha chiuso il primo panello descrivendo le particolarità dell’Islam in Kazakhstan. Bertolasi ha parlato di tre tipi di Islam in Kazakhstan: il primo tradizionalista (principalmente della scuola Hanafi), il secondo statutale (per via dell’eredità politica dell’Urss che tendeva a regolare fortemente la religione a livello istituzionale) e un terzo più radicale (ma minoritario) per via dei contatti con predicatori più estremisti. Bertolasi ha ricordato che il Kazakhstan con una popolazione di 17 milioni contiene circa 11 milioni di musulmani e 4 milioni di cristiani, più una moltitudine di minoranze. Malgrado questo caleidoscopio etnico-religioso, le autorità di Astana sono riuscite ad evitare che sfociassero guerre civili.
Dopo una breve pausa, il secondo pannello è stato aperto dalla prof.ssa Flavia Monceri (Università del Molise). La docente ha cominciato la sua esposizione tentando di sfatare un parere diffuso tra i sociologi, ossia che la religione nell’epoca contemporanea stia vivendo una fase di declino. Secondo la Monceri, una crisi sta colpendo le istituzioni religiose ma non la religiosità. Ed essendo dunque la religione un’esperienza soggettiva, secondo questa analisi, la Monceri ha spiegato che l’attuale prassi di dialogo risulta parziale, poiché essa coinvolge i rappresentanti delle istituzioni religiose e non la moltitudine di esperienze di religiosità presenti nel mondo attuale, le quali possono avere interpretazioni agli antipodi dei concetti di “bene” e di “male”.
Il nostro giornalista Federico Cenci (ZENIT) ha sottolineato, invece, che esiste una legge di ragione, inscritta nella natura umana, che prescinde dalle confessioni religiose e che è caratterizzata dalla propensione a soccorrere il debole. Egli ha spiegato che nel corso della storia il tentativo dell’uomo – definito “prometeico” – di disconoscere questa verità oggettiva ha prodotto e continua a produrre atrocità. Di qui l’importanza delle istituzioni religiose nell’ambito pubblico, al fine di ricordare l’esistenza di una “ecologia dell’uomo”. Come disse nel 2011 Benedetto XVI al Bundestag (parlamento federale tedesco), “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”.
Tema dell’ecologia e della sostenibilità che ha tracciato le linee guida del discorso di padre Luciano Larivera (La Civiltà Cattolica). “Non c’è sostenibilità senza giustizia”, ha dichiarato il gesuita, il quale ha poi sottolineato l’importanza delle istituzioni globali nel difendere i diritti. In un momento in cui però alcune istituzioni come l’Onu sono in difficoltà nel risolvere crisi internazionali, diventano cruciali centri interreligiosi come quelli del Kazakhstan.
Daniele Scalea (IsAG) ha terminato il secondo pannello spiegando gli effetti antropologici della seppa sulle popolazioni nomadi del Kazakhstan, il che ha portato più facilmente a fusioni sincretistiche di varie religioni e culture. La direzione tracciata dal convegno, come direbbe papa Francesco, verte nel “costruire sempre ponti di dialogo e non muri di risentimento”. Rimane, dunque, importante continuare lo scambio interreligioso affinché si consolidi la pace nel mondo e affinché le diversità arricchiscano la cultura anziché insanguinarla.