Costantino il Grande: l’imperatore convertito, padre della nostra civiltà

Il saggio a cura di mons. Enrico Dal Covolo e di Giulia Sfameni Gasparro illustra l’ascesa e l’apertura al Cristianesimo di uno dei sovrani più importanti della storia occidentale e mediterranea

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Analizzare le molteplici sfaccettature di una figura così rilevante e complessa come quella del più importante sovrano del tardo Impero Romano, promotore, con l’Editto di Milano del 313 d.C., della libertà di culto per i cristiani. Questo l’obbiettivo del libro Costantino il Grande, alle radici dell’Europa a cura di monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, e Giulia Sfameni Gasparro, docente di storia delle religioni presso l’Università di Messina. Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stato presentato il 16 giugno presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma. L’evento, oltre ai due autori, ha visto la partecipazione del cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, Emanuela Prinzivalli, professoressa di storia del cristianesimo presso l’Università Sapienza di Roma, e padre Vittorino Grossi, professore emerito di patrologia e patristica dell’Istituto Augustinianum.

I due curatori hanno raccolto nel libro il meglio degli interventi del congresso internazionale del 2012 su Costantino, organizzato, dal Pontificio Istituto Vaticano di Scienze Storiche, in occasione dei 1700 anni dalla battaglia di Ponte Milvio, che sancì la vittoria definitiva dell’imperatore sul rivale Massenzio. L’opera si divide in 3 parti in cui sono analizzati rispettivamente i rapporti fra Chiesa e Impero Romano, la conversione di Costantino e la ricostruzione dettagliata, per quanto possibile, dello scontro iniziato presso l’attuale Saxa Rubra e terminato a Ponte Milvio con l’annegamento di Massenzio nel Tevere. “Una battaglia – ha sottolineato il cardinale Poupard – non strategicamente importante come, per esempio, Stalingrado, Austerlitz o Waterloo, ma fondamentale per il valore simbolico”. “Un evento che – ha evidenziato padre Ardura – influenza profondamente la futura civiltà europea. Segna la fine delle persecuzioni contro i cristiani e l’inizio di un mondo nuovo. Le radici dell’Europa sono presenti nella svolta costantiniana”.

Nel suo intervento padre Grossi ha illustrato come, dal libro, emerga chiaramente che gli imperatori della dinastia dei Severi fossero stati, circa un secolo prima di Costantino, precursori, in qualche modo, della sua apertura al Cristianesimo. Lo dimostrano la presenza di personaggi di fede cristiana in ruoli di peso alla corte imperiale e l’atteggiamento favorevole alla nuova religione da parte di numerose famiglie aristocratiche. Il professore emerito ha inoltre precisato come il volume parli dei cristiani come di “leali sudditi dell’Impero che pagavano regolarmente le tasse e che volevano inserirsi pacificamente nella società senza mirare a sovvertire le fondamenta”. Seguivano quindi l’insegnamento di Gesù: “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

La professoressa Prinzivalli ha invece focalizzato nuovamente l’attenzione sulla battaglia, ricordando come quello di Ponte Milvio sia stato comunque un passaggio decisivo perché ha posto fine a una guerra civile nell’Impero Romano. Un conflitto nato sulle macerie del sistema della tetrarchia ideato, pochi decenni prima, da Diocleziano: governo affidato a 4 imperatori, 2 di rango maggiore, gli augusti, 2 di rango inferiore, i cesari. Dopo 20 anni di regno i 2 augusti dovevano abdicare in favore dei 2 cesari che, diventati augusti, avrebbero dovuto a loro volta nominare 2 nuovi sottoposti.

Nel 305 Diocleziano e Massimiano, rispettivamente augusti di Oriente e Occidente, abdicarono, lasciando il proprio posto a Galerio e Costanzo Cloro, padre di Costantino. La morte prematura, appena un anno dopo, del nuovo augusto d’Occidente fece però saltare subito il meccanismo. Dopo la scomparsa di Costanzo Cloro, le legioni della Britannia non riconobbero il cesare Severo come successore e proclamarono imperatore Costantino, figlio del defunto augusto. Contemporaneamente a Roma, che ormai da anni non era più capitale dell’Impero, i pretoriani acclamarono imperatore Massenzio, figlio di Massimiano. Il principio dinastico si era quindi riaffermato con prepotenza sulla tetrarchia, generando così la guerra civile culminata nella battaglia di Ponte Milvio.

“Inizialmente Costantino – ha precisato la professoressa Prinzivalli – non è il sovrano cristiano che trionfa sul rivale pagano. La leggenda della conversione prima della battaglia fu creata successivamente da Eusebio di Cesarea, primo biografo di Costantino, in nome della propaganda imperiale. Una propaganda che già si era affrettata a dipingere Massenzio e i suoi soldati annegati nel Tevere come gli Egizi travolti dal Mar Rosso mentre inseguivano Mosè. L’interpretazione della svolta costantinana va sempre analizzata alla luce di come le fonti di allora, successive alla vittoria di Costantino, furono influenzate dalla retorica imperiale. Lo stesso Eusebio, nei suoi scritti, ha accentuato il carattere cristiano di alcuni elementi della parabola costantiniana. Non per questo però – ha continuato la professoressa – si deve dubitare dell’autentica adesione al Cristianesimo dell’imperatore, culminata con il battesimo in punto di morte. Ma questo non può far dimenticare il calcolo politico di un monarca che si appoggiò a una religione ancora minoritaria di cui però ne condivideva la visione. Costantino era inevitabilmente figlio di un mondo ancora pagano e riteneva, attraverso la propria figura, di poter fondere con il Cristianesimo gli elementi migliori delle antiche tradizioni romano-ellenistiche. Se ai cristiani si presentò come imperatore convertito, ai pagani voleva apparire come il dio Sole, vertice di un culto monoteista che Costantino non riteneva incompatibile con il dio cristiano. Sempre di monoteismo doveva trattarsi perché l’idea era: un unico sovrano, un unico dio, da contrapporsi all’epoca precedente con il politeismo e ben quattro imperatori”.

Non poteva mancare, infine, un commento di monsignor Dal Covolo: “Ripenso alle parole del mio maestro don Raniero Cantalamessa: troppo si insiste sull’abbraccio soffocante di Costantino sulla Chiesa e vi si insiste anche ideologicamente, ma non per questo si può sottovalutare l’impatto della svolta costantiniana sul Cristianesimo e sulla nostra civiltà. Costantino è davvero alle radici dell’Europa ed è importante non tradire questi valori su cui l’Europa è stata fondata. Historia magistra vitae purché la voce della storia sia ascoltata”.

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Alessandro de Vecchi

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