La memoria liturgica antoniana ricorre il 13 giugno. Quel lontano giorno di quasi ottocento anni fa, Fernando Martins de Bulhoes (Lisbona, 15 agosto 1195 – Padova, 13 giugno 1231), frate francescano canonizzato con il nome di Sant’Antonio di Padova, fece ritorno alla casa del padre.
Sant’Antonio è sicuramente uno dei santi più amati. La sua Basilica nella città di Padova è meta di un pellegrinaggio continuo da parte di milioni di devoti. In quasi tutte le chiese è presente un altare, o comunque un dipinto, un affresco, una statua, a lui dedicati. Numerosissime sono le associazioni che esprimono in suo nome il loro impegno caritatevole e la loro devozione al magistero della Chiesa.
Ma quali sono le motivazioni profonde di questo culto inesausto, che sfida i confini del tempo ben al di là dei limiti consueti della fragile memoria umana? È la domanda che Isabella Piro di Radio Vaticana ha rivolto a padre Mario Conte, direttore dell’edizione in lingua inglese della rivista Messaggero di Sant’Antonio.
“Sant’Antonio è considerato un amico e la devozione nei suoi confronti viene trasmessa di generazione in generazione – ha risposto il sacerdote -. “Era un Santo molto colto ed è stato il primo insegnante di teologia nell’Ordine Francescano. Però, riusciva a fare breccia nei cuori della gente semplice perché aveva la capacità di predicare, di parlare alle persone riuscendo a farsi capire anche dai bambini, dai contadini… Sempre coerente con il proprio insegnamento, Sant’Antonio è stato un grande difensore degli ultimi, degli umili, dei piccoli, dei deboli…”.
Padre Conte è l’organizzatore di un viaggio devozionale che ha portato le reliquie del Santo in un itinerario di fede ai quattro angoli del mondo: “Ci sono persone devote a Sant’Antonio che provengono dai Paesi più impensati – ha spiegato -. India, Sri Lanka, Cina, Filippine… In questo pellegrinaggio, ciò che colpisce è il carattere multietnico della devozione a questo Santo…”.
La biografia, la tradizione, la storia, l’iconografia e la devozione che riguardano la straordinaria figura di questo uomo di Dio, sono materia assai complessa, anche in considerazione del fatto che la sua vita si svolse verso la fine del Medioevo in un quadro storico di grandi mutamenti. Rinviamo perciò i nostri lettori ad una fonte preziosa e molto dettagliata, come il portale multilingue della comunità antoniana, www.santantonio.org, dove, oltre alle note storiche, potranno trovare tutte le notizie sulle iniziative dedicate alla memoria del Santo.
Da parte nostra, siamo lieti di offrire un umile contributo in onore di Sant’Antonio da Padova, pubblicando un estratto da un lungo poemetto a lui dedicato. Un’opera in versi, composta di endecasillabi suddivisi in quartine a rime alternate, che ripercorre interamente la vita del Santo, dall’attività missionaria alla lotta contro l’eresia. Ne è autore Pier Angelo Piai, il quale, in calce all’opera, confessa: “Mentre scrivevo il poemetto ero in comunione spirituale con Sant’Antonio: infatti molti endecasillabi mi venivano davvero spontanei insieme alle rime. Per questo devo ringraziare pubblicamente Sant’Antonio…”.
A SANT’ANTONIO DA PADOVA
di Pier Angelo Piai
Eri solo ragazzo a Lisbona
al mestiere delle armi formato,
ma volevi servire di persona
Il Cristo che hai sempre amato.
Di origini nobili tu eri
ma più nobile fu l’animo tuo.
I blasoni che ritenesti veri
furon del Padre e del Figlio suo.
Conoscesti i frati francescani
a Coimbra, proprio dove alloggiavi,
diventaron missionari lontani:
della loro fin non immaginavi.
Furon impressi nella tua mente
i cinque martiri sì generosi,
che desiderasti ardentemente
esser in quei luoghi perigliosi.
Fratello francescano ti facesti,
poi in un romitorio alloggiando,
al priore veemente tu chiedesti
di mutare il nome Ferdinando
in quello del gran monaco Antonio
al qual il convento fu dedicato,
non immaginando qual patrimonio
questo nome sarebbe diventato.
Per il Marocco poi ti imbarcasti:
colà giunto una grave malattia
subito con dispiacere pigliasti,
ma ti ordinaron di ritornar via.
La nave per la Spagna fu in rotta,
ma fu scossa da una gran tempesta,
dai flutti in Sicilia fu condotta,
or nell’Isola il ricordo resta.
Ma nel convento che ti ospitava
ti fece trasalire la notizia:
l’Ordine Francescan organizzava,
per superar ogni vile mestizia,
un grande Capitolo Generale
dov’era frate Francesco presente.
Fu per te davvero provvidenziale,
là non volevi essere assente!
Eri un fraticello sconosciuto,
nascondesti pur la tua cultura
perché avevi sempre ritenuto
il Crocifisso come armatura.
Fu poi frate Graziano a scoprire
la tua profonda spiritualità,
Montepaolo dovevi servire
con saggezza e tua gran umiltà.
Una sacerdotal ordinazione
fu per te l’occasion di predicare:
lo facesti con tale devozione
che da Assisi ti fecer chiamare
i superiori più importanti,
per darti l’incarico di portare
il lieto cristian annunzio a tanti,
e l’anime afflitte consolare.
Così girasti in lungo e largo
combattendo pur le grandi eresie
che volevano porre in letargo
la verità con le molte bugie.
Ai Catari di Rimini mostrasti
che i pesci sapevan ascoltare
la verità che i molti contrasti
non riuscivan a far galleggiare.
Persin la mula si inginocchiava
al gran passaggio dell’Ostia Santa
la qual da molto tempo digiunava,
e questo fatto ancora incanta.
Degli eretici fosti martello
predicando nella vicina Francia.
Per tutti il tuo incontro fu bello
soprattutto per quelli che la pancia
pensavan solamente a nutrire,
ma la propria anima trascurando.
Indicasti che è bello servire
Dio nel prossimo sempre più amando.
Poi fosti nominato provinciale
quando in Italia tu ritornasti,
per tutta la zona settentrionale
instancabilmente tu predicasti.
Padova comunque tu preferivi,
per trascrivere i tuoi bei Sermoni,
la Sacra Scrittura tu ben aprivi
e predicasti a pieni polmoni.
Sfinito per la tua attività
e per la malattia che patisti,
cercasti una erma località
e molti luoghi furon da te visti.
Soggiornasti pur a Camposampiero
nel piccolo e parco romitorio
nel silenzio tu cercavi il Vero,
eri come un vivo ostensorio.
Là ti videro con Gesù Bambino
che tenevi estatico in braccio,
il tuo volto sempre più divino:
fu quello il gran mistico abbraccio.
Sul povero carro ti portarono
per terra ad Arcella adagiato,
“O gloriosa domina” cantarono
ed in Cielo te ne eri andato.
Ora sei un santo molto amato
presente in moltissimi altari
e chiunque ti abbia invocato
superò i momenti più amari.
***
I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org
I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.
Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità esp
ressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.
Inviando le loro opere alla Redazione di Zenit, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.
Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.