È in Libano il cardinale Angelo Scola, per mostrare la solidarietà della Chiesa di Milano ai profughi fuggiti dalle violenze dello Stato Islamico. Nella mattinata di oggi il porporato è intervenuto al sinodo della Chiesa Maronita avviato ieri a Beirut e presieduto dal patriarca Bechara Rai; nei prossimi giorni si recherà poi in Iraq dove incontrerà i cristiani sfollati da Mosul e dai villaggi della piana di Ninive, occupati dall’Isis.
Proprio sulla situazione drammatica di questa gente, costretta ad abbandonare la propria casa e la propria patria per sfuggire alle persecuzioni e al martirio, si è concentrato l’intervento del cardinale Scola. “Il Medio Oriente di oggi – ha detto – si erge tragicamente in faccia a tutto il mondo come la prova provata che la politica della volontà di potenza portata agli estremi è fallimentare e che i suoi trionfi sono fallaci, vuoti e illusori”.
Secondo l’arcivescovo ambrosiano, “in questo frangente c’è una rilevanza culturale e politica della Croce che attende ancora di essere messa in luce”. Proprio “la logica della Croce – ha sottolineato – è l’unica capace di illuminare fino in fondo anche le scelte politiche di oggi”. E chi “se non i cristiani può e deve dirlo?”, “chi se non i cristiani orientali? Non possiamo prevedere quale sarebbe la risposta dei non cristiani, in particolare dei musulmani, a questo invito a ripensare la politica della regione”.
Il cardinale ha denunciato poi la “reale difficoltà” dell’Occidente nel comprendere quanto sta avvenendo nella regione: “Si pensa di sapere già, di avere la chiave per interpretare i fatti. E si commettono così errori grossolani di valutazione. Senza andare a scomodare Iraq e Siria, basta citare la persistente incapacità a leggere quanto sta avvenendo in Egitto se non nei termini di ‘elezioni tradite’”.
“L’occidentale medio – ha proseguito – non è in grado di pensare una guerra di religione, anche per la sua storia passata, e ragiona unicamente secondo gli assoluti di democrazia e tirannide, senza percepire la necessità di cooperare con tutte quelle forze che si oppongono, per le più varie ragioni, al genocidio fisico e culturale perpetrato da Isis e dagli Stati che, direttamente o indirettamente, la sostengono nel criminale progetto di un Medio Oriente mono-colore”.
Per Scola, quindi, “l’unico linguaggio utilizzabile è quello umanitario”, ovvero “raccontare le sofferenze”, magari individuando “alcuni casi particolarmente eclatanti su cui sollecitare un intervento internazionale”. Il riferimento è in particolare ad Aleppo, già diventata, secondo l’arcivescovo, “la nuova Sarajevo del XXI secolo”.
“La proposta di aprire un corridoio umanitario per alleviare le sofferenze di questa città, prima che finisca anch’essa in mano a Isis, potrebbe avere qualche possibilità di successo anche a livello mediatico”, ha affermato il porporato, aggiungendo: “Di più, realisticamente, non mi pare possibile sperare, nel quadro d’immobilismo internazionale imbarazzante e miope che purtroppo domina”.