Elevando il pianto e le sofferenze di tutto il Medio oriente, il patriarca maronita Béchara Raï ieri, ad Harissa – in una basilica gremita in ogni ordine di posto – ha celebrato, davanti alla statua miracolosa di Nostra Signora di Fatima, il secondo anniversario della consacrazione del Libano al cuore immacolato di Maria, avvenuta il 13 giugno 2013.
L’atto di consacrazione “del Libano e di tutto il Medio oriente” – spiega l’agenzia AsiaNews – è stato ripreso dal patriarca e dalla folla dei fedeli sul finale della Messa, nel contesto di un cammino di fede che considera la preghiera un attore primario della storia.
Durante l’omelia, il cardinale ha duramente condannato i blocchi parlamentari responsabili ai suoi occhi dello stallo nella nomina della carica presidenziale. “Nessuno ha il diritto di privare il Libano di un presidente della Repubblica per più di un anno”, ha tuonato.
La cerimonia di commemorazione – spiega sempre AsiaNews – si è svolta in una navata centrale presa d’assalto da almeno 5mila fedeli, anche se ogni angolo della chiesa era occupato da volti in raccoglimento e mani aperte in preghiera. Il patriarca ha esordito dicendo: “Confidiamo nella provvidenza per i popoli e le nazioni del Medio oriente devastati da conflitti, divisioni e guerre, oppressi da tutte le potenze del terrore e dai mercenari sostenuti a livello finanziario, militare e politico”. Ha poi puntato il dito contro quanti favoriscono “il traffico alla frontiera, gli Stati di Oriente e Occidente”.
Dopo aver ricordato gli atti di consacrazione già celebrati dalla Santa Sede – al Sacro cuore nel 1899 ad opera di papa Leone XIII, al cuore immacolato di Maria nel 1942 da Pio XII e il 21 giugno 1981 da Giovanni Paolo II – il cardinale è tornato in particolare sull’atto di consacrazione che si è svolto due anni fa. “Oggi – ha detto – noi rinnoviamo la consacrazione della nostra gente e della nostra patria, il Libano, così come tutti i Paesi del Medio oriente, alla Vergine Maria, al suo Cuore immacolato colmo di tenerezza e di amore per gli uomini, i fratelli del suo unico Figlio, in conformità alla raccomandazione dell’assemblea del sinodo dei vescovi del Medio oriente (2010)”.
Il porporato ha quindi esortato a “dire il rosario tutti i giorni per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra”; “oggi – ha aggiunto – anche noi consacriamo di nuovo la nostra terra santa d’Oriente, in cui si è manifestato il mistero di Dio e il suo piano di Salvezza”. In primis, Raï ha nominato l’Iraq, patria di Abramo, poi l’Egitto, la Palestina e la Terra Santa, Gerusalemme, Antiochia “ponte di partenza di tutte le missioni evangeliche”, il Libano e Canaa, dove Gesù ha compiuto il suo primo miracolo pubblico. E ancora Damasco, il luogo della conversione di San Paolo, la Siria, che ha dato dei papi alla Chiesa “e dove ha vissuto san Marone”.
“Tutte queste terre, consacrate ancora una volta, sono terre in cui i cristiani erano presenti già sei secoli prima dell’arrivo dei musulmani”, ha osservato il cardinale. Terre in cui, da 1400 anni, stanno cercando di imbastire con i musulmani “una civiltà comune, che possa essere modello di vita per tutte le società in cui coesistono religioni e culture diverse, a fronte dei venti internazionali contrari che soffiano e sferzano le nostre regioni”.
Come in un processo di transizione fra la regione e il Libano, il patriarca ha inoltre denunciato e manifestato tutta la propria sofferenza nel vedere “fratelli (in Oriente), che professano la stessa fede religiosa, uccidersi fra loro”, in riferimento alle violenze fra sunniti e sciiti musulmani. Ha poi concentrato le proprie attenzioni sul Libano, esprimendo “la propria pena profonda per i recenti massacri dei fratelli drusi nel villaggio di Qalb Lozé (in Siria)”.
Infine, il capo della Chiesa maronita ha affrontato le questioni interne al Paese e soprattutto quelle inerenti la presidenza della Repubblica. Dopo aver sottolineato che “gli spazi di collaborazione dell’uomo con Dio” comprendono anche la sfera politica, si è rivolto a deputati e schieramenti politici impegnati nella cosa pubblica, precisando che “nessuno ha il diritto di privare il Libano di un presidente della Repubblica per oltre un anno, ben sapendo che questa vacanza che colpisce il potere legislativo, ostacola l’azione del governo e blocca le nomine nell’amministrazione pubblica”.
“Nessuno – ha soggiunto – ha il diritto di gettare un intero Paese e tutto un popolo in una situazione di anarchia, di povertà e di disagio. Le potenze non hanno il diritto di trattare la patria, il suo destino e le sue istituzioni, in base ai propri umori e interessi personali”.
Di qui l’orazione alla Vergine Maria: “A te, Nostra Signora del Libano e Nostra Signora di Fatima – ha pregato Raï – noi eleviamo le nostre preghiere in questo atto di consacrazione, con la speranza che tu possa condividere i nostri sentimenti e sentire ciò che ci fa soffrire in Libano e nei Paesi del Medio oriente, in particolare in Palestina, in Iraq, in Siria e nello Yemen, nella lotta fra il bene e il male, tra le tenere e la luce […]. Ascolta col tuo Cuore di Madre il pianto sofferente delle vittime di guerra, della violenza e del terrorismo, le grida di quanti sono torturati, cacciati dalla loro terra, sbattuti sulle strade dell’esodo. Che il nostro appello oggi – ha concluso il patriarca – vada dritto al tuo cuore, e interceda per noi presso il tuo divino Figlio, tu che sai come parlare al suo Sacro Cuore”.
La Vergine pellegrina di Nostra Signora di Fatima sarà trasportata in un secondo momento ad Aïn Trez, sede estiva del patriarcato greco-cattolico, al convento di Deir Charfé dei siro-cattolici, e infine a Bzommar, sede del patriarcato armeno-cattolico. Domani è in programma una “messa di addio” che verrà celebrata nella cattedrale di San Giorgio dei maroni, nel centro di Beirut; una cerimonia che promette di attirare, secondo quanto riferiscono gli organizzatori, un gran numero di fedeli.