“Tutti i membri della comunità internazionale hanno il dovere morale e giuridico di salvare la vita delle persone in pericolo, indipendentemente dalla loro origine e dal loro status”. È quanto ribadisce il comitato esecutivo del World Council of Churches (Wcc), in una dichiarazione diffusa al termine della visita compiuta la scorsa settimana in Armenia, a Echmiadzin, sede della Chiesa apostolica armena.
Lì il comitato ecumenico ha reso omaggio alle vittime del Metz Yeghém, il genocidio di un secolo fa, cogliendo anche l’occasione per prendere in esame alcuni problemi di pressante urgenza per la Chiesa e per il mondo. In primis la “profonda preoccupazione per la vita di un numero crescente di persone a livello globale che, in fuga da situazioni di violenza, di oppressione, di occupazione o di privazione economica, sono spinte a intraprendere viaggi disperati e rischiosi”. Ad esempio i rohingya in fuga dal Myanmar e le popolazioni che dal Nord Africa si spostano in massa verso le coste europee.
Per il Wcc — si legge nel comunicato ripreso da L’Osservatore Romano – il tema dell’immigrazione è un “problema globale crescente” che richiede risposte rapide ed efficaci seppure in “contesti diversi”. Basti pensare alla “morte di un numero senza precedenti di migranti e rifugiati che cercano di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa” o alla tragedia dei “rohingya e del Bangladesh nel mare delle Andamane”. Ma a preoccupare – spiega la nota – sono anche “le recenti uccisioni dei lavoratori migranti cristiani etiopi da parte del cosiddetto Stato islamico in Libia e la violenza xenofoba contro gli immigrati in Sud Africa”.
Tutte situazioni che hanno come comune denominatore la particolare “vulnerabilità” delle persone che sono costrette a lasciare i propri Paesi d’origine alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per le proprie famiglie. Di fronte a una simile situazione, il World Council of Churches – sottolinea il comunicato – certamente “riconosce e rispetta” le prerogative dei singoli Stati nel definire “le modalità per il controllo dei propri confini e le condizioni di ingresso e di soggiorno”. Si riconosce pure “la sfida rappresentata dal volume dei migranti irregolari”.
Tuttavia, l’organismo ecumenico si aspetta che tutti gli Stati “onorino lo spirito dei loro obblighi di diritto internazionale, compresi i diritti umani e il diritto dei rifugiati”. In questo senso, “riteniamo che sia legalmente ed eticamente inammissibile per gli Stati abdicare alla loro responsabilità di salvare vite umane e di fornire protezione”.