“Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua…” (Gv 19,34). Questa immagine, scolpita per sempre nel cuore e nella immaginazione del credente, rappresenta un dettaglio non marginale nella Passione del Signore. Tanto che l’evangelista prosegue: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate” (Gv 19,35). Il “colpo di lancia” diventa, dunque, addirittura un elemento decisivo per la fede della Chiesa, che evidentemente -fin dalle origini- gli ha attribuito un valore infinitamente più grande di quel che a prima vista sembra significare.
Nel film The Passion è magistralmente rilevata la sorpresa del legionario, sul quale si effonde, inattesa, una pioggia di “sangue e acqua” che lo costringe a inginocchiarsi di fronte al mistero, che all’improvviso lo investe. Fino ad allora, con i suoi commilitoni, aveva soltanto riso e scherzato, senza alcuna pietà, sulla sorte di quel malcapitato Giudeo, zimbello della soldataglia: ora la Grazia lo travolge, lasciando intuire l’aprirsi di un nuovo e imprevisto cammino di luce e di fede per la sua vita.
È proprio su questo contrasto che vale forse la pena di sostare e di meditare. All’indifferenza, allo scherno, alla chiusura del cuore, Dio risponde con l’invio della Grazia, sanante e santificante. Di fronte alla nostra vita, spesso chiusa e arroccata nelle sue anguste prospettive, Dio interviene con i “segni” efficaci della Misericordia. Nell’acqua e nel Sangue, che sgorgano dal Cuore di Cristo, fin dalle origini la comunità cristiana ha colto un esplicito riferimento al dono dello Spirito; al senso profondo del Sacrificio redentore di Cristo; ai Sacramenti, in particolare al Battesimo e all’Eucaristia.
Paradossale risulta il confronto tra la crudeltà dell’uomo, che infierisce su Gesù, l’Innocente per eccellenza, e l’inarrestabile Amore di Dio, che risponde all’odio, alla violenza, al peccato rinnovando per sempre il suo Patto di Alleanza e instaurando una nuova “economia” salvifica -fondata sul Sangue del Figlio – che trova nei Sacramenti una delle sue più tipiche, vitali e originali espressioni. La logica di Dio sorprende l’uomo, perché di fronte al Male – che si manifesta in una gamma pressoché inesauribile di circostanze e di perverse sfumature- reagisce ancora una volta con il Perdono e con la Misericordia, offrendo una ulteriore occasione di conversione, tendendo la mano a chi rischia di precipitare per sempre nell’abisso delle sue contraddizioni, nell’eterna e orrenda voragine che chiamiamo Inferno.
La tragica scena della Passione e della Morte del Signore è l’atteso annuncio di una dimensione nuova, di cui specialmente San Giovanni, con soprannaturale sapienza, ci rende partecipi nel IV Vangelo. La Croce è il Trono regale di Cristo, il suo patire la medicina che risana; nel suo ultimo Testamento di amore, dall’alto del patibolo, ci eleva a beneficiari di tutti i suoi beni, del Patrimonio spirituale ricevuto dal Padre, inclusa Maria Santissima, la “Donna”, che è eletta come Madre del discepolo amato, Madre di ogni discepolo.
Nella perfetta sintonia di questi due Cuori -quello del Figlio e quello della Vergine- possiamo cogliere l’avverarsi delle antiche profezie: la vittoria del Bene, che finalmente e totalmente trionfa in una creatura, secondo l’originario progetto di Dio. La consonanza di desideri, che accomuna Cristo alla Madre, passa attraverso il mistero del dolore, sofferto e offerto per amore.
A Fatima, proprio nel giugno del 1917, nel corso della seconda apparizione, Maria Santissima rivelò l’intenzione di Gesù di stabilire nel mondo la devozione al suo Cuore Immacolato; e, aprendo le mani, Ella scoprì il suo Cuore coronato di spine, che vi sembravano confitte. “Capimmo -scrive Lucia, nella sua ‘Quarta Memoria’- che era il Cuore Immacolato di Maria, oltraggiato dai peccati dell’umanità, che voleva riparazione”. Anche nelle successive manifestazioni di Pontevedra (1925-27) e di Tuy (13 giugno 1929) in Spagna, a Lucia la Madonna presentò ancora la medesima immagine, invitando la veggente, religiosa nell’Istituto delle Suore Dorotee (solo nel 1948 “approderà” al Monastero delle Carmelitane, di Coimbra) ad avere compassione del suo Cuore Immacolato e a consolarlo.
Impressionante è la descrizione della “visione” del 13 giugno’29, nella quale furono rappresentati, al vivo, il mistero trinitario, il mistero della Croce e la mediazione materna di Maria. Sotto il braccio sinistro della Croce stessa alcune grandi lettere, come se fossero di acqua cristallina, scorrevano sopra l’altare, formando le parole: Grazia e Misericordia.
Consolazione e Riparazione sono le due “parole chiave” che riassumono tutta l’ampiezza e la inesauribile fecondità del messaggio di Fatima. Rappresentano il “versante umano” della promessa celeste: quella, cioè, di non cessare mai di operare in favore e per il Bene dell’Uomo.
Grazia e Misericordia costituiscono “il fronte”, la “linea di demarcazione” lungo la quale si realizza, instancabilmente e incessantemente, il mistero della nostra Redenzione.