Si è tenuto questa mattina un Convegno promosso dall’Ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede e dall’Accademia d’Ungheria in Roma, in occasione del 95° anniversario dell’istituzione della Nunziatura apostolica di Budapest (1920) e del 25° anniversario della sua riapertura (1990).
All’evento è intervenuto mons. Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, il quale ha ricordato quel 7 febbraio di 25 anni fa, quando l’allora segretario di Stato il cardinale Agostino Casaroli, partì per una visita di sei giorni in Ungheria, accompagnato dal nunzio mons. Francesco Colasuonno. “La visita – ha spiegato il presule – segnò la ripresa delle relazioni diplomatiche, tramite l’Accordo firmato a Budapest”, stipulato “a seguito della profonda evoluzione politica e sociale prodottasi in Ungheria, che ha concluso il passato di accordi e norme restrittive della libertà religiosa del periodo di oppressione, ha inaugurato il presente di relazioni amichevoli e ha previsto il futuro di nuovi Accordi bilaterali”.
“La persecuzione contro la Chiesa Cattolica in Ungheria cominciò con la riforma agraria del 1945 – ha rammentato ancora il ministro degli esteri vaticani -, che espropriò la Chiesa della maggior parte delle sue proprietà fondiarie, e proseguì nel 1948 con la nazionalizzazione delle scuole, sino ad allora in gran parte della Chiesa, con gli ostacoli frapposti all’insegnamento religioso nelle scuole, con la repressione delle organizzazioni e della stampa cattoliche, con la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose nel 1950”.
“Un decreto governativo del 1957 rendeva praticamente impossibile alla Santa Sede provvedere al governo delle Diocesi. Per disposizione del Papa Giovanni XXIII, nel 1963 mons. Casaroli, allora Sottosegretario della Congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari, compì due viaggi a Budapest e a Praga per riprendere i contatti, interrotti da anni, con i governi comunisti”.
Fu grazie a tali contatti che, il 15 settembre 1964, venne firmato nella sede del Ministero degli Affari Esteri a Budapest un Atto con annesso Protocollo che riconobbe alla Santa Sede il diritto di nominare i vescovi. “Il governo si riservava, tuttavia, di dare o di rifiutare il proprio consenso alle nomine” e ai vescovi “veniva imposto l’obbligo di prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica Popolare Ungherese”. Tuttavia, nonostante questa intesa – e un’altra raggiunta il 23 gennaio 1969 – “la vita rimaneva difficile per la Chiesa sotto l’occhio vigilante dello stato e dell’ufficio per i culti”, ha sottolineato l’arcivescovo.
L’Accordo del 1990 ha dichiarato chiuso questo periodo: “Le due Parti considerano superate le intese parziali raggiunte con l’Atto sottoscritto a Budapest il 15 settembre 1964 con gli annessi Protocollo e due Allegati e le dichiarano pertanto abrogate”. In secondo luogo, l’Accordo del ’90 ha inaugurato “un nuovo capitolo di rapporti amichevoli”, ristabilendo le relazioni diplomatiche fra Sede Apostolica e Ungheria a livello di nunziatura, da parte della Santa Sede, e di ambasciata, da parte della Repubblica Ungherese. Inoltre, esso ha previsto che in futuro “particolari questioni di mutuo interesse che abbisognassero di intese bilaterali” potrebbero “essere risolte di comune accordo”.
“Mi piace rilevare che l’Accordo del 1990 esprime l’intento di ripristinare ufficialmente e di sviluppare i reciproci rapporti di amicizia”, ha rimarcato Gallagher. “L’amicizia è un rapporto alla pari, basato sul rispetto, sulla stima e sulla disponibilità reciproca. Ma l’amicizia ha un significato particolare per i cristiani a causa del disegno di amicizia rivelato da Cristo”.
“Dio invisibile nel suo immenso amore – ha proseguito – parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Una tale amicizia impegna. La Chiesa, pertanto, non può non stabilire un dialogo con la società umana, in mezzo alla quale vive, ma desidera offrire agli uomini di ogni tempo il messaggio di amicizia, di salvezza e di speranza che Cristo ha recato nel mondo”.
La Chiesa, ha aggiunto il segretario per i Rapporti con gli Stati, “offre a tutti i popoli la sua amicizia, i suoi servizi e le sue energie spirituali e morali. Allo stesso tempo desidera che i rapporti internazionali si sviluppino sotto il segno dell’amicizia”, come auspicato dal beato Paolo VI nella Lettera Enciclica Populorum Progressio, dedicata alla cooperazione tra i Popoli.
Da parte sua la Santa Sede, “dalla quale santo Stefano ricevette la corona”, ha concluso mons. Gallagher, è “rimasta nei secoli simbolo dell’unità nazionale” e “ha desiderio di continuare a sviluppare i rapporti di amicizia con l’Ungheria”. L’augurio è quindi “che i contributi di studiosi che interverranno a questa conferenza facciano conoscere gli importanti avvenimenti della storia ungherese in rapporto con la Santa Sede”.