Sul tema dell’alimentazione, la Santa Sede non offre “soluzioni tecniche” bensì “orientamenti” che vadano incontro alle esigenze degli uomini e delle donne del nostro tempo, in particolare di quanti vivano situazioni “indegne dell’essere umano e dei suoi diritti fondamentali”.
Lo ha dichiarato monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente delle Organizzazioni delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO, IFAD, PAM), nel suo discorso pronunciato stamattina alla 39° Sessione della Conferenza della FAO, in corso a Roma dal 6 al 13 giugno.
In un “quadro economico precario e sfavorevole”, ha dichiarato il presule, abbondano le “catastrofi naturali” che, in realtà, sono “spesso il frutto pernicioso dell’intervento umano” e di “interessi di parte” che dimostrano “una terribile indifferenza” sul tema della malnutrizione.
L’agenda post-2015, ha aggiunto mons. Chica Arellano, deve rispondere ad una “effettiva giustizia distributiva”, che non sia “meramente legale”.
Un “esempio concreto” è stato indicato dall’Osservatore Permanente nei 72 paesi che sono riusciti a “ridurre drasticamente” le percentuali di fame e malnutrizione: a questi paesi “dovrebbe essere offerta una collaborazione diversa” rispetto a quella dei paesi meno sviluppati e con carenze di cibo persistenti.
La lotta alla fame e alla malnutrizione, quindi, dipenderà da “opportune iniziative politiche nazionali per salvaguardare il finanziamento di attività multilaterali” con “misure generose e di sostegno per continuare in modo efficace per aiutare chi esce da condizioni deplorevoli e inumane”.
La Delegazione della Santa Sede auspica la non riduzione dei temi dell’agricoltura e del cibo a “mera gestione professionale dei programmi”, poiché “gli affamati non sono fredde cifre in balie delle statistiche” ma “persone reali” che “soffrono e spesso urlano e piangono senza nessuno che li ascolti”.
Più che di “sviluppo sostenibile”, ha osservato monsignor Chica Arellano, sarebbe più “incisivo e coerente” parlare di “sviluppo umano sostenibile”, vale a dire di uno sviluppo che ponga “al centro la persona, le sue capacità reali, i limiti, le peculiarità e le esigenze, sia a livello individuale e familiare”.
Se i parametri economici non tengono in debita considerazione tutto questo, “il danno risulta evidente e irreparabile”, pertanto “una visione etica e umanamente fondata sullo sviluppo ci chiama invece a condividere risorse, strategie e finanziamenti, ma soprattutto ci ricorda l’importanza e l’urgenza del primato della solidarietà e la determinazione di porre fine una volta per tutte il sottosviluppo del mondo rurale”, ha poi concluso l’Osservatore Permanente. [L.M.]