Papa Francesco

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"Voglio che finisca bene la beatificazione di Dehon!"

Il Papa riceve i dehoniani per il Capitolo generale e, in riferimento alla causa bloccata per accuse di antisemitismo, spiega: “Una situazione storica va studiata con l’ermeneutica del tempo, non col tempo di adesso”

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“Avevo preparato un discorso, ma i discorsi sono sempre noiosi….”. Ha preferito parlare a braccio Francesco con i dehoniani, i sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, ricevuti stamane in occasione del Capitolo Generale. Un discorso breve, dai toni amichevole, che ha preso le mosse dal ricordo personale di un caro amico dehoniano, e si è concluso con l’auspicio che la causa di beatificazione del fondatore, Leon Gustav Dehon, vada a buon fine.

Bergoglio è partito raccontando la vicenda del vescovo argentino Virginio Domingo Bressanelli, conosciuto quando faceva il maestro di novizi: “Era stato eletto per venire al Capitolo generale, io ero rettore della Facoltà in quel tempo. Lui era vicino e ha detto: ‘No, preferisco che mandate un altro, io rimango nascosto’. E questo amico nascosto  ha ricevuto una telefonata che era stato eletto Superiore generale! Povero Virginio, che non voleva, ha fatto 12 anni da Superiore generale…”.

Durante questi anni Bressanelli è poi tornato a lavorare con i giovani, i formandi, finché “un giorno – ha raccontato il Papa – gli hanno detto che il nunzio lo chiamava e lui ha detto: ‘Dite che non sono qui’, e si è nascosto un’altra volta. Alla fine il nunzio ha chiamato me per trovarlo: ‘Lei sa dov’è?’. Io sapevo, e ho detto: ‘Non so, cercherò’, ma poi ho detto a Virginio: ‘Ti chiama il nunzio’, e lui: ‘Ma io non voglio’… ed è finito vescovo e vice-presidente della Conferenza Episcopale, bravo!”.

Un esempio di umiltà questo presule. La stessa che il Pontefice ha raccomandato a tutti i membri della comunità religiosa, con i quali si è complimentato per ben due volte per la scelta del motto della Congregazione: ““Misericordiosi, in comunità, con i poveri”. “Mi piace tanto questo motto”, ha detto, ricordando i “grandi confessori” conosciuti, tutti “uomini di misericordia…”.

“Uscire da se stessi come, permettetemi di dire, il ‘quasi’ beato Dehon!” ha poi aggiunto il Pontefice, facendo sorridere i presenti. “Quasi” perché la causa di beatificazione del religioso, dichiarato Venerabile da Giovanni Paolo II nel 1997, già fissata per l’aprile 2005, fu rimandata dopo la morte di Wojtyla e rimasta in una fase di stallo durante il pontificato di Benedetto XVI, a causa di accuse di antisemitismo per alcuni articoli da lui pubblicati su La Croix.

“Un problema dell’ermeneutica”, questo, a parer di Francesco: “Si deve studiare una situazione storica con l’ermeneutica di quel tempo, non con il tempo di adesso”, ha spiegato, lasciando intendere che la vicenda di Dehon va inquadrata in quel momento storico, a cavallo tra il finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, caratterizzato da forti tendenze anti-ebraiche anche in ambienti cattolici.

“Lui – ha aggiunto il Papa – aveva chiesto la grazia dell’umiliazione e si vede che Dio gliel’ha data dopo la morte. Ma Dehon è stato un grande intercessore, e una cosa che mi ha sempre tanto colpito di lui è quella preghiera che raccomandava di fare davanti al Santissimo Sacramento, tutti i giorni, per la Chiesa, l’unità della chiesa, uscire ma pregare”.  Preghiera oggi fondamentale in un mondo che – ha osservato il Santo Padre – “è ferito” e che “ha bisogno delle carezze di Dio” per curare le “tante malattie” che lo affliggono: “Edonismo, odio, volere il potere…”.

“Il Signore vi chiede a voi carezze di misericordia; anche nel confessionale, siate misericordiosi!”, ha soggiunto Francesco, esortando i dehoniani a seguire l’esempio di Cristo “venuto a perdonare e non a condannare”: “Gesù non si spaventava dei peccatori ma andava a pranzo con loro”.

“Misericordia e non sacrificio”, ha insistito, “alla fine quello che conta è trovare Gesù, essere guarito da Gesù, perdonato da Gesù. Forse qualcuno di voi penserà: ma se il Papa sapesse le cose grosse che io ho fatto… Tutti siamo peccatori, non abbiate paura – ha incoraggiato Francesco – se qualcuno di voi ha fatto cose grosse, la festa che farà il signore quando vi ritroverà sarà grossa, una festa della misericordia”.

Prima di concludere con una preghiera alla Madre di Misericordia, il Vescovo di Roma ha chiesto, come sua consuetudine, preghiere per sé “nell’umiltà, anche nell’umiliazione come il vostro fondatore vi ha chiesto”. “Io prego per voi”, ha assicurato, anche perché “voglio che finisca bene questo processo di beatificazione”. 

 

 

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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