Cinque persone sono state uccise e otto ferite ieri dall’esplosione di un’autobomba a un posto di controllo nella città di Misurata, in Libia. L’attentato è stato presto rivendicato dai jihadisti dello Stato Islamico, al quale hanno aderito le milizie jihadiste locali, lacerando un paese già segnato dalla guerra civile tra fazioni. Si teme, infatti, che anche sul territorio libico possa ripetersi la strategia già in atto sui fronti siriani e iracheni, dove all’azione militare si affianca quella terroristica.
Il Governo islamista, insediato a Tripoli – in conflitto con quello internazionalmente riconosciuto con sede a Tobruk – ha subito reagito all’attentato, lanciando un appello a ufficiali, soldati e forze di sicurezza a mobilitarsi contro l’Isis e alla comunità internazionale ad assisterlo nella lotta contro questa “grande minaccia alla sicurezza della Libia”.
Intanto in Siria e Iraq prosegue l’orrore perpetrato da circa un anno dai jihadisti. Secondo fonti locali, non verificabili, si parla di decine e decine di morti tra ieri e oggi. Il Governo di Baghdad ha tuttavia annunciato l’uccisione, in un raid della sua aviazione, di 28 esponenti dell’Isis che partecipavano a una riunione a Qaim, nel distretto di Falluja. Tra questi ci sarebbe anche Abu Samra, il ‘regista’ e ideatore degli orribili video dello Stato Islamico.
Dalla provincia di Diyala, Iraq nord-orientale, giunge invece la notizia che i miliziani hanno reclutato circa 100 ragazzini, di età inferiore ai 16 anni, perchè combattessero contro l’Esercito governativo. Secondo il capo della polizia provinciale, il generale Jassem al-Saadi, però, il gruppo jihadista “li sta usando anche per gli attacchi kamikaze”.
Sempre in tema di violenze contro minori, la Bbc ha diffuso oggi un video scioccante in cui un ragazzino siriano di 14 anni viene torturato dai jihadisti. Le riprese sarebbero state fatte con un cellulare da un ex miliziano ormai fuori dall’organizzazione. Nel filmato, il giovane di nome Ahmed viene percosso da due uomini a volto coperto, vestiti interamente di nero, mentre è sospeso da terra con una corda che gli stringe i polsi. Uno dei due uomini è armato con un coltello e una pistola, l’altro ha un kalashnikov.
Sopravvissuto miracolosamente, il ragazzo, in salvo in Turchia, ricorda con la Bbc l’incubo vissuto: “Pensavo ai miei genitori, a mia madre – racconta con gli occhi lucidi – Pensavo sarei morto, pensavo che avrei lasciato i miei genitori, i miei fratelli, i miei amici, i miei parenti”. “Hanno cominciato a frustarmi e poi sono passati alle scariche elettriche per farmi confessare”, prosegue Ahmed. “Ho detto tutto… A ogni scarica urlavo ‘mamma’. Ma appena lo facevo, aumentavano il voltaggio, urlandomi di ‘non coinvolgere la mamma’”.
A Raqqa, roccaforte dell’Is nel nord della Siria, Ahmed vendeva il pane. Due uomini un giorno gli hanno chiesto di lasciare una borsa vicino a un luogo di raduno dei jihadisti. Dentro c’era una bomba. I jihadisti dell’Is “pretendono di essere fedeli, religiosi, ma sono infedeli. Fumano – dice – Uccidono la gente”. Ahmed era stato condannato a morte, ma il boia si sarebbe impietosito, lo ha risparmiato e gli ha permesso di fuggire.