Iniziate nelle città di San Cristóbal e Mérida, le proteste si stanno ora diffondendo in tutto il Venezuela, Paese finito nella morsa di una recessione gravissima. Finora, si registrano 43 morti, un centinaio di feriti e migliaia di arresti.
Queste cifre spaventose hanno ispirato uno dei cartelli che diverse decine di manifestanti agitavano ieri davanti la nunziatura di Caracas per chiedere la mediazione di papa Francesco nel corto circuito tra Governo venezuelano e dissidenti. “Il Venezuela è il primo Paese esportatore di angeli in cielo” si leggeva nel cartello, con riferimento all’uccisione di un quattordicenne da parte della polizia durante una protesta.
“Ci stanno uccidendo gli studenti e questo mi fa male”, ha detto Carolina Castro, una educatrice di 40 anni, presente alla manifestazione, che portava sul petto una piccola fotografia dello studente Kluiverth Roa, ucciso nella città di San Cristobal. “Quanti giovani devono ancora morire perché si decida la transizione?”, si chiede invece all’agenzia Fides l’arcivescovo emerito di Los Teques, mons. Ramon Ovidio Perez Morales. Ancora in carcere il sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, accusato di avere legami con un presunto piano di colpo di Stato denunciato dal Governo.
Il Venezuela è arrivato ad avere, nel 2014, un’inflazione pari al 68,5%. Una cifra enorme, basti pensare che in Europa è allo 0,3%. La crisi negli ultimi tempi è aggravata anche dal notevole calo del prezzo del petrolio, da cui il Paese dipende per circa il 95% delle proprie esportazioni. Da rilevare inoltre una diffusa carenza di beni primari.