Amnesty: "Se non fermate le violenze nel mondo, rischio catastrofe"

Presentato il rapporto dell’organizzazione 2014-15 sui diritti umani. Dura denuncia: “Per tornaconto o interessi politici la comunità internazionale non è intervenuta per fermare i massacri”

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Nel 2014 la violenza nel mondo è esplosa in modo “catastrofico”. Lo rivela il Rapporto di Amnesty International sui diritti umani nel mondo 2014-15, edito da Castelvecchi. Il documento è stato presentato presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana, a Roma, da Gianni Rufini, direttore generale dell’associazione, Riccardo Noury, portavoce, e Antonio Marchesi, presidente. Quest’ultimo ha spiegato che “il 2014 è stato un anno catastrofico per milioni di persone intrappolate nella violenza”. E ha inoltre denunciato: “La risposta globale ai conflitti e alle violazioni commesse dagli stati e dai gruppi armati è stata vergognosa e inefficace. Di fronte all’aumento degli attacchi barbarici e della repressione, la comunità internazionale è rimasta assente”.

L’organizzazione fa riferimento, in particolare, al perpetuarsi delle vilolenze commesse da gruppi come Boko Haram in Nigeria, Al Shabaab in Somalia e lo Stato islamico in Medio Oriente, il quale avanza ora anche in Libia. Amnesty avverte che, se i leader mondiali non agiranno immediatamente di fronte alla mutata natura dei conflitti e non rimedieranno alle carenze identificate nel rapporto, la prospettiva per i diritti umani nel periodo 2015-2016 sarà ancora peggiore. Tra i vari scenari inquietanti che Amnesty agita, c’è anche la possibilità che “drastiche leggi antiterrorismo” portino a “sorveglianze di massa ingiustificate”.

Nel 2014 sono stati 35 i Paesi in cui sono stati violati i diritti umani da gruppi armati. Si sottolinea inoltre che 3.400 i rifugiati e migranti sono annegati nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Altri numeri riguardano i rifugiati siriani, arrivati a 4milioni; 119 i luoghi nei quali i governi hanno arbitrariamente limitato la libertà d’espressione; 62 le nazioni in cui le istituzioni hanno messo in carcere prigionieri di coscienza, ossia persone che avevano soltanto esercitato i loro diritti e le loro libertà; 93 i territori dove si sono svolti processi iniqui e sommari 131 gli Stati nei quali si sono registrati maltrattamenti e torture.

Secondo Amnesty, “il Consiglio di sicurezza Onu (l’organo che delibera su atti di aggressione o di minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale) non ha agito di fronte alle crisi in Siria, Iraq, Gaza, Israele e Ucraina, neanche quando sono stati commessi crimini contro la popolazione civile da parte degli Stati o dei gruppi armati, per proprio tornaconto o interessi politici”. A seguito del duro attacco, Amnesty chiede ora ai cinque Stati membri permanenti del Consiglio (Cina, Russia, Stati Uniti, Francia e Regno Unito) di rinunciare al loro diritto di veto nei casi di genocidio o di altre atrocità di massa.

“Tutti – prosegue l’organizzazione -, Usa e Cina compresi, ratifichino il Trattato sul commercio di armi”. Amnesty fa notare che “nel 2014, il reiterato afflusso di armi in Paesi dove sono state usate per compiere gravi abusi da parte degli Stati e dei gruppi armati, ha causato la morte di decine di migliaia di civili”.

Infine Amnesty non risparmia critiche riguardo Mare Nostrum all’Italia e al presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Aveva detto che non l’avrebbe sospesa finché non fosse stata allestita un’operazione efficace, ma siamo rimasti inascoltati”.

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ZENIT Staff

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