50 anni dopo, nel ricordo degli emigrati di Mattmark

In Mostra alla Biblioteca del Senato a Roma le fotografie della “Tragedia nella Montagna”

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Lunedì 30 agosto 1965, nel Cantone Vallese della Svizzera, ovvero in quel pezzo di territorio che si incunea tra il Piemonte, la Valle D’Aosta e la Francia, si staccò dalla montagna un intero costone del Ghiacciaio dell’Allalin abbattendo il cantiere di lavoro che stava costruendo in alta quota una diga e trascinando con se 56 italiani, 23 svizzeri, 4 spagnoli, 2 tedeschi, 2 austriaci, e 1 apolide. In tutto 88 vittime che diedero alla tragedia una dimensione europea e misero ancora una volta, sotto i riflettori mediatici internazionali, le condizioni di lavoro e di vita degli emigrati.

Quell’evento ebbe la capacità di iniziare a far riflettere la Svizzera e l’intera Europa sulla necessità di affrontare con maggiore forza le politiche di sicurezza sul lavoro sino ad allora ancora trascurate, di affrontare in maniera organica e più incisiva le precarie condizioni di vita civile dei lavoratori e delle loro famiglie, di porsi in maniera più attenta sui rischi ambientali ai quali si andava incontro intervenendo in maniera poco controllata nei contesti naturali.

In quegli anni la Svizzera era meta privilegiata di molti lavoratori soprattutto italiani i quali, attraverso i loro risparmi, avevano la possibilità di potersi costruire una abitazione nei paesi di origine perché vi era sia scarsità di lavoro che di accesso al credito. Soprattutto bellunesi, le vittime provenivano da tante altre regioni italiane, come ben evidenzia una delle foto più pregnanti dal punto di vista sociologico esposte nella mostra dal titolo “Registro dei dispersi”, inaugurata lo scorso 12 febbraio presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, a Roma.

Organizzata dall’Associazione ItaliaVallese e dal Comitato ad hoc Mattmark (entrambi i sodalizi presieduti dal Prof. Domenico Mesiano), con la collaborazione tra gli altri dell’Università di Ginevra, di RaiTeche, Associazione Bellunesi nel Mondo e Fondation Fellini pour leCinéma, l’esposizione apre le manifestazioni per la commemorazione del 50° anniversario della catastrofe di Mattmark.

Nella foto di cui parlavamo vi si può leggere, vicino al nome di ognuno, il luogo di provenienza, la data di nascita, la situazione familiare, la ditta per la quale lavorava ma, soprattutto, quelle due date che indicano il giorno del recupero e quella della partenza della salma, che danno conto del tempo infinito dell’incertezza del dolore familiare, per alcuni protrattosi per oltre tre mesi.

L’eloquente titolazione della prima pagina del Corriere della Sera (all’epoca diretto dal siciliano Alfio Russo) del 1 settembre 1965 è ben visibile in un’altra delle fotografie esposte:

La montagna di ghiaccio continua a franare

non c’è speranza per i sepolti vivi di Mattmark 

lasciando alla penna dello scrittore bellunese Dino Buzzati l’editoriale intitolato Amara Favola (avente per incipit i nomi di alcuni dei lavoratori morti), ed alla cronaca del lucano Alfonso Madeo il racconto di  Morte e Pianto sulla diga maledetta.

Nel bel catalogo in tre lingue realizzato per l’esposizione, oltre alle fotografie in mostra sono raccolte tra le altre le riflessioni di Giuseppe Fabretti, all’epoca responsabile per la manodopera estera del sindacato svizzero SEL, che così scrive: ”Il ricordo delle 88 vite stroncate non attiene insomma ad un caso isolato. Ci richiama invece a un impegno permanente di sicurezza che oggi è più pressante e urgente in quanto non riguarda più soltanto i luoghi di lavoro, ma la vita civile”.

Di grande impatto emotivo le tredici immagini che raccontano dei funerali e della Messa da Requiem che si sono tenuti nelle cittadine svizzere nei giorni immediatamente successivi la tragedia. Le donne con l’abito nero con l’identico ricamo, molti bambini dai biondi capelli corti anche loro in giacca e cravatta scuri e quei tanti volti, molto spesso nascosti o in ombra, come estrema forma di rispetto per un dolore indicibile.

Infine, il fotogramma dell’inaugurazione della diga di Mattmark. Era martedì 25 giugno 1969.

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Antonio D'Angiò

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