La Siria grida: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Nonostante il Paese sia sotto l’occhio dei media da oltre tre anni, nessuno sente la responsabilità verso questa terra storica sia per il Cristianesimo che per l’Islam

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

La Repubblica Araba di Siria è sotto i riflettori di tutti i mass media, nazionali e internazionali, da tre anni a questa parte. Nonostante ciò si può ben affermare che tutti hanno abbandonato la Siria a sé stessa. Forse è finita la Guerra? Forse è caduto il regime? Non ci sono terroristi lì? I rifugiati siriani sono tornati? Domina la pace e tranquillità adesso?

Politicamente il secondo congresso di Ginevra, che si è tenuto per studiare la situazione e per risolvere il problema siriano, non ha avuto nessun risultato. Da pochi giorni Lakhdar Brahimi, inviato Onu in Siria, organizzatore del congresso, si è anche dimesso dal suo incarico. I politici in primo luogo hanno dimenticato la situazione della Siria dopo il susseguirsi dei problemi tra Russia e Ucraina.

Religiosamente, i cristiani sono le vittime di questa guerra internazionale sul terreno siriano proprio dall’inizio; a causa di ciò, più di un milione di cristiani sono emigrati verso il Libano e l’Europa. La maggior parte delle chiese, specialmente le più antiche sono state distrutte (Maalula, Saydanaya e Saddad), i monasteri sono diventati delle caserme per i terroristi; le prime icone sono state trafugate; il sangue dei martiri ha irrigato il territorio siriano e i missionari stranieri presenti da oltre trent’anni in Siria, sono stati uccisi a causa della loro fede (pensiamo solo all’olandese padre Frans Van der Lucht, S.J.).

Umanamente, come non possiamo sentire il grido dei cittadini che sono rimasti ad Aleppo senza acqua per 20 giorni? Come possiamo accettare che nel XXI secolo dei villaggi interi vivano senza elettricità e telefono? Come possono tornare 12 milioni di rifugiati alla loro terra, non sapendo dove stia la propria casa? Come possiamo dormire sentendo il lamento di un bambino che piange per qualche goccia di latte? Come possiamo buttare il cibo nel momento in cui sappiamo che i siriani stanno cercando un pezzo di pane?

Responsabilmente, il regime sta provando a riprendersi i territori nei quali i terroristi hanno dominato: ha liberato Maalula, uno dei villaggi che parlano ancora oggi l’aramaico, la lingua di Gesù; ha liberato la parte vecchia di Aleppo e altre zone; ha arrestato alcuni responsabili dei gruppi terroristi e ha massacrato altri. In varie parte della Siria, il conflitto tra i terroristi e i militari siriani continua con l’appoggio di alcune nazioni arabe, che provvedono ad armare e finanziare i terroristi.

È vero che la situazione in Siria non è tranquilla. È vero che la pace non è neppure lontanamente tornata. È vero che il presidente è ancora lo stesso, anche se il 3 giugno ci saranno le elezioni per eleggerne uno nuovo. È vero che il regime sta riconquistando una gran parte del territorio siriano. Ma oggi nessuno guarda alla Siria né al suo popolo; nessuno dei responsabili prova a risolvere la situazione; nessuno sente la responsabilità verso questa terra storica sia per il Cristianesimo che per l’Islam. Nessuno aiuta le persone che hanno la stessa dignità umana e che sono l’immagine di Dio.

La Siria non grida soltanto verso Dio, ma anche e in primo luogo verso i politici, verso l’umanità e ogni singolo uomo, affinché ognuno si prenda la propria responsabilità. Continuamo a pregare per i siriani e per la pace in Siria, ma prima di tutto per la coscienza di ogni responsabile politico nel mondo intero.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Fadi Rahi

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione