La Solennità odierna esprime il paradosso più grande, quello che caratterizza l’intera nostra vita: Cielo e terra, Spirito e carne, potenza e debolezza, già e non ancora. “È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società.” (Gaudium et Spes, n. 10).
L’Ascensione di Gesù è il ponte tra la sua Pasqua e la Pentecoste della discesa dello Spirito Santo, esattamente come il Sabato Santo ha unito il Venerdì della Passione alla Domenica della resurrezione. Il Signore è sceso nella tomba con la nostra carne e con essa è risuscitato. Oggi, con la nostra carne ascende al Cielo, per assidersi alla destra del Padre.
Oggi trova compimento il cammino intrapreso con l’Incarnazione, proseguito con la vita pubblica ed il suo esito drammatico della Croce e del sepolcro.
Oggi Gesù risorto schiude a tutti noi la via di ritorno al Padre, e in lui tutti noi, figli prodighi e perduti, possiamo rientrare in noi stessi e convertirci, ritornare a casa, da nostro Padre: “il vostro ritorno sulla via del cielo è qualcosa che va preparato, in un luogo un tempo inaccessibile, da spianare. Il cielo infatti era assolutamente irraggiungibile per gli uomini, e mai prima di allora la natura umana era penetrata nel puro e santissimo luogo degli angeli. Cristo per primo ha inaugurato per noi quella via di accesso e ha dato all’uomo il modo di ascendervi, offrendo se stesso a Dio Padre quale primizia dei morti e di quelli che giacciono nella terra, e manifestandosi primo uomo agli spiriti celesti” (San Cirillo d’Alessandria, Commento sul vangelo di Giovanni, 9).
Ma tra noi e Gesù rimane una differenza sostanziale: Egli è asceso al Padre, noi siamo qui sulla terra. Gli occhi dei discepoli che non potevano staccarsi dalla figura del loro Maestro mentre sfuggiva al loro sguardo inabissandosi nelle altezze celesti, è l’immagine più autentica del nostro intimo.
Al fondo di ogni desiderio, di ogni atto, anche al fondo dei nostri peccati vi è questo moto naturale, questa nostalgia, questo anelare al Cielo: lo struggimento per il compimento della nostra vita.
Per questo nulla ci soddisfa, anche le gioie più grandi generano, immancabilmente, desideri ancor più grandi. Perchè tutto di noi è orientato al Cielo.
Come vivere allora questa precarietà spirituale, questa mancanza originaria, questa incompletezza? Come non soccombere nell’accidia, nella de-moralizzazione, nella disperazione? La risposta è nelle parole del Signore che appaiono nel Vangelo di oggi: “Mi è stato dato ogni potere, in Cielo ed in terra”.
Il potere di Gesù è identico lassù e quaggiù, in Dio e tra di noi. E’ questo potere che risolve la contraddizione che viviamo quotidianamente. E’ questo potere senza limiti che pacifica e riconcilia la nostra esistenza. Ogni potere, il che significa che non vi è aspetto della vita nel quale esso non sia illimitato. Lo possiamo vedere realizzato nella più piccola di tutte le creature, la più umile perchè la più semplice: Maria. In Lei Dio ha mostrato tutto il suo potere soprannaturale: in Lei il Cielo si è fatto terra e la terra si è fatta Cielo. Nella sua carne Dio si è fatto carne e la carne è divenuta dimora di Dio.
Questo potere celeste è consegnato ai discepoli, a ciascuno di noi. Non è più necessario rimanere con gli occhi incollati al Cielo, la nostalgia del nostro compimento è la memoria che ci desta alla vita piena ed autentica: questa memoria che si fa memoriale, esperienza reale e attuale del ritorno di Gesù negli eventi di ogni giorno, fonda la speranza di rivedere, nel nostro ultimo istante di vita, Cristo vivo discendere dal Cielo per prenderci e portarci con Lui per sempre.
Asceso al Cielo, il Signore dona alla sua Chiesa il suo stesso potere: la Chiesa può tutto; nella Chiesa noi possiamo tutto. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, e viviamo come dei pezzenti, elemosinando le briciole di ciò che già ci è stato donato.
Esattamente come Adamo ed Eva che, pur avendo ricevuto il potere di dominare sui rettili, si lasciarono ingannare da un serpente. La Chiesa è il corpo di Cristo asceso al Cielo vivo su questa terra. La Chiesa ha la vita di Cristo.
Ciascuno di noi ha il potere di compiere la volontà di amore di Dio nella storia: come in Cielo così in terra, la preghiera che si fa vita nella nostra esistenza. Possiamo vivere il Cielo nella nostra terra: siamo nel mondo ma non siamo del mondo, ed è proprio quando siamo più deboli che diveniamo più forti, perchè nella nostra debolezza si manifesta pienamente il potere di Cristo.
Nella sessualità, nella lotta per difendere la castità, per non cedere alla pornografia su internet; nella fedeltà quotidiana alla moglie e ai figli; nell’obbedienza; nel rapporto con il denaro; sul lavoro, di fronte alle ingiustizie, al mobbing, alla routine e all’insoddisfazione; nello svago, nella malattia, nella precarietà economica.
In tutto si manifesta il potere di Gesù. Ed è necessario che si scateni in noi, contro la Chiesa e i suoi figli, il potere contrario a Cristo, l’Anticristo. E’ necessario perchè il suo potere si manifesti pienamente di fronte ad ogni contro-potere.
Come fu quella notte sulla barca, il vento contrario scatenato dal demonio che dominava nella Decapoli dove si stava dirigendo, e Gesù a dormire: tanto era più forte il suo potere da lasciarlo tranquillo, sino a dormire, come fu sulla Croce, quando non si difese e si abbandonò al sonno della morte: il potere del Padre lo avrebbe risvegliato eternamente, e questa certezza era un sigillo nel cuore.
E’ dunque necessario che il fuoco delle tentazioni, il male, le persecuzioni, le contrarietà si scatenino e si abbattano contro di noi. E’ necessario per sperimentare il potere di Cristo e mostrare il Cielo al mondo. Perchè Lui ha vinto il mondo.
E’ questo il senso più profondo del cuore del Discorso della Montagna, quando Gesù dice di non resistere al male e di amare i nemici: è la giustizia più grande, il potere del Signore che si manifesta nella mansuetudine e nella mitezza di un Agnello condotto al macello.
Nella debolezza crocifissa il potere del demonio è sconfitto. Laddove sembrava avesse vinto, la stoccata decisiva: l’amore totale ha fatto giustizia del peccato e della morte. Il fallimento umano ha dischiuso la vittoria divina: “Egli, con la propria morte, ha fatto morire quella morte, di cui il peccato era stato l’inizio… “Il mondo”, sotto il soffio della Menzogna originale, divenne nel cuore dell’uomo l’avversario di Dio. E benché il tentatore ripeta sin dal principio: “Sarete come Dio”, questo mondo non è mai capace di offrire, in fin dei conti, all’uomo niente di più, niente d’altro che la morte.” (Giovanni Paolo II).
Per vincere la Coppa del Mondo di calcio occorre affrontare la squadra più forte, per non avere dubbi sul proprio valore, e dimostrare così, inconfutabilmente, di essere i migliori. Altrimenti sorgerebbero dubbi, si addebiterebbe la vittoria alla fortuna, alle circostanze, ad imbrogli.
Come Cristo ha dovuto affrontare il nemico più forte, il demonio, sul suo terreno, la morte, anche noi nella vita di ogni giorno siamo chiamati ad affrontare lo stesso combattimento, stimati come pecore da macello. Agnelli in mezzo ai lupi, perchè si compia in noi la vittoria dell’Agnello..
Così sarà evidente e credi
bile il Cielo, la speranza per noi e per ogni uomo. Perchè apparirà, nella nostra famiglia, al lavoro, ovunque e sempre, che in noi Cristo ha un potere illimitato. Il potere di offrire la vita, di amare sino alla fine, che significa all’infinito. In questa luce si comprendono le parole con le quali Gesù invia gli Apostoli.
“Annunciare il Vangelo, battezzare, insegnare”, non è altro che vivere la presenza di Gesù in questa terra, e mostrarla ad ogni creatura. Soprattutto nella persecuzione.
Lui è con noi tutti i giorni: è asceso al Cielo ma è vivo con il suo potere nelle nostre parole, nei nostri atti, nella nostra vita. Io sono, il nome divino rivelato a Mosè, l’essere che smaschera il non essere, la Verità che svela la menzogna, il potere dell’amore che distrugge il potere del maligno: Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo
Io sono, e per questo, in Lui, anche noi siamo, tutti i giorni con Lui, un frammento d’eternità deposto nel tempo, fragranza dell’incorruttibilità nello sbiadire della corruzione.
La Chiesa, e noi in essa, è il corpo vivo di Cristo oggi qui sulla terra; è la caparra del Cielo offerta ad ogni uomo, la primizia del destino al quale tutti sono chiamati: “Per innalzare la nostra speranza al suo seguito, sollevò anzitutto la sua carne, e perché sperassimo che questo sarebbe toccato anche a noi, ci precedette con quella natura umana che aveva assunto da noi” (S. Agostino).