“Non abbiate paura. Togliete dai vostri cuori ogni paura, non esitate, non disperate”. Così il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo durante la sua omelia nella Celebrazione ecumenica presieduta insieme a Papa Francesco nella Basilica del Santo Sepolcro.
Il Patriarca esordisce ricordando il luogo in cui la funzione si svolge, questa “vivificante tomba” dalla quale “è emersa la vita” e “dove il Signore giacque”, a cui pertanto ci si accosta “con timore, emozione e rispetto” e da cui si irradiano “messaggi di coraggio, speranza e vita”.
Il primo messaggio – sottolinea Bartolomeo – è che la morte, questo nostro “ultimo nemico”, “fonte di ogni paura e di ogni passione”, è stato “sconfitto” dall’amore di Colui che “volontariamente ha accettato di patire la morte per amore degli altri”.
Pertanto, “non si abbia allora paura della morte – esorta il Patriarca – non si abbia paura neppure del male, nonostante qualsiasi forma possa assumere nella nostra vita”. “La Croce di Cristo – rimarca – si è addossata tutte le frecce del male: l’odio, la violenza, l’ingiustizia, il dolore, l’umiliazione – qualsiasi cosa sofferta dai poveri, dalle persone fragili, dagli oppressi, dagli sfruttati, dagli emarginati e dagli afflitti in questo mondo”.
Sia chiaro quindi: “Chiunque è crocifisso in questa vita, vedrà seguire la risurrezione alla croce; l’odio, la violenza e l’ingiustizia non hanno futuro, che invece appartiene alla giustizia, all’amore e alla vita”.
E questo è il secondo messaggio che la tomba simboleggia: “La storia non può essere programmata”, “l’ultima parola nella storia non appartiene all’uomo, ma a Dio”. Dunque, sono assolutamente “vane” tutte quelle “strategie di lungo termine dei poteri mondani”, – afferma il Patriarca ecumenico – e “qualsiasi sforzo dell’umanità contemporanea di modellare il suo futuro autonomamente e senza Dio è una vana presunzione”.
Né la morte, né la paura del passato e del futuro possono scalfire dunque la fede di chi crede nella Resurrezione di Cristo, testimoniata in questo luogo sacro. E c’è anche un altro timore che viene respinto con forza, forse “il più diffuso nella nostra era moderna”, osserva Bartolomeo. Vale a dire “la paura dell’altro, del diverso, la paura di chi aderisce ad un’altra fede, un’altra religione o un’altra confessione”.
Dal Santo Sepolcro si promana per il mondo un messaggio diverso, “urgente e chiaro”: “Amare l’altro, l’altro con le sue differenze, chi segue altre fedi e confessioni”. È lo stesso messaggio che, cinquant’anni fa, ricevettero “due grandi guide della Chiesa”, Paolo VI e Atenagora, i quali “scacciarono via da sé il timore che aveva prevalso per un millennio, una paura che mantenne le due antiche Chiese, quella occidentale e quella orientale, a distanza l’una dall’altra, qualche volta addirittura costituendosi gli uni contro gli altri”.
“Essi hanno mutato la paura nell’amore”, ricorda Bartolomeo. E sulle loro orme, lui e Francesco si sono scambiati “un abbraccio d’amore”, poiché – afferma – “nessun altra via conduce alla vita eccetto la via dell’amore, della riconciliazione, della pace autentica e della fedeltà alla Verità”.
(A cura di Salvatore Cernuzio)