Quello che anni di diplomazia, di manovre politiche e di appelli di pace non sono riusciti a fare, Papa Francesco lo risolve in poche parole: “In questo Luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a Lei, signor presidente Mahmoud Abbas, e al signor presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera”.
Sconvolgono e sorprendono le prime parole pronunciate fuori testo dal Pontefice durante il Regina Cæli, a conclusione della Messa nella piazza della Mangiatoia di Betlemme. Le migliaia di persone presenti rimangono sbalordite e commosse nell’ascoltare la coraggiosa proposta del Papa ai leader delle due popolazioni ferite da decenni da un sanguinoso conflitto.
Bergoglio ha quindi indicato una strada a Peres e Abbas che dal luogo in cui Cristo nacque conduce alla dimora del suo Vicario, a Roma. Il fine è un dialogo, da sempre invocato e mai riuscito, che, nelle intenzioni del Santo Padre, diventa preghiera comune per chiedere a Dio la grazia, o forse il miracolo, della pace in Medio Oriente.
“Tutti desideriamo la pace”, ha affermato Francesco, e sono “tante” le persone che “ogni giorno con piccoli gesti” provano a costruirla. Ancora di più, però, sono quelli che “soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla”.
Tutti allora, – ha ribadito il Papa – “specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli”, “abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera”. È vero: non è facile costruire la pace, ma è ancora peggio condurre un’esistenza scandita da guerra, violenza e perdite umane. “Vivere senza pace è un tormento”, ha sottolineato a gran voce il Santo Padre. E “tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero – ha aggiunto – ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace”.
Ma ardente è anche l’appello del Vescovo di Roma, pronunciato con vigore sotto lo “sguardo” dei suoi predecessori: Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i Papi che prima di lui hanno visitato la Terra Santa, tutti dipinti sul fondale dietro il palco raffigurante una simbolica scena della Natività. Come i Re Magi, i Pontefici sono dipinti in atto di offrire doni al Bambino Gesù, mentre la Vergine Maria osserva tutto con appassionata tenerezza.
Proprio a Lei si è rivolta l’attenzione del Pontefice, prima di concludere la celebrazione: “La Vergine è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù”, ha detto il Santo Padre. E ha affidato, quindi, alla protezione della Madonna “questo territorio e tutti coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità” e anche tutti “i pellegrini che qui giungono per attingere alle sorgenti della fede cristiana”.
Poi, ha elevato al Cielo un’orazione alla Madre di Dio, dicendo: “Veglia, o Maria, sulle famiglie, sui giovani, sugli anziani. Veglia su quanti hanno smarrito la fede e la speranza; conforta i malati, i carcerati e tutti i sofferenti; sostieni i Pastori e l’intera Comunità dei credenti, perché siano ‘sale e luce’ in questa terra benedetta; sostieni le opere educative, in particolare la Bethlehem University”.
Contemplando infine la Santa Famiglia a Betlemme, nel luogo in cui la Vergine ha dato alla luce il suo figlio, il pensiero del Papa è andato “spontaneamente” a Nazareth, dove – ha detto – “spero di potermi recare, se Dio vorrà, in un’altra occasione”. Ha quindi abbracciato idealmente “i fedeli cristiani che vivono in Galilea” e incoraggiato la realizzazione a Nazareth del Centro Internazionale per la Famiglia, promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo. Prima della recita del Regina Cæli, infine, un’altra richiesta a Maria: “Alla Vergine Santa affidiamo le sorti dell’umanità, perché si dischiudano nel mondo gli orizzonti nuovi e promettenti della fraternità, della solidarietà e della pace”.