La bellezza dell'incontro nel mondo del lavoro

Si è svolto questa mattina all’Università Europea di Roma un convegno sulla diversità come patrimonio dell’impresa

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Si è svolto oggi, giovedì 22 maggio 2014, all’Università Europea di Roma (www.unier.it), nell’ambito di Psicologia, il convegno La diversità come patrimonio dell’impresa, che rientra nella settimana delle Scienze Educative della Pastorale Universitaria della Diocesi di Roma, indirizzata al tema dell’Educazione, diversità e ricerca del bene.

L’obiettivo dell’incontro è stato quello di affrontare le problematiche relative all’inserimento nell’azienda di nuove realtà multietniche e multiculturali che si trovano così a convivere e interagire con realtà già sedimentate e, a volte, poco aperte al confronto.

Tali dinamiche relazionali e le conseguenti attività gestionali possono essere viste, da alcuni, come una difficoltà. Mentre, invece, nei fatti, possono trasformarsi in un’opportunità di arricchimento culturale e professionale.

Si deve partire da un atteggiamento di apertura all’altro e al gruppo dei “differenti”, il cosiddetto outgroup, e vivere la diversità come occasione di scambio e patrimonializzazione dei contributi di tutti piuttosto che come un ostacolo al mantenimento dell’“uniformità dell’ingroup”.

L’obiettivo diventa, dunque, quello di allargare il proprio sguardo al riconoscimento dell’altro, non solo in un’ottica di tolleranza “passiva” ma come attivazione di un circolo virtuoso fondato sulla reciprocità.

Insomma, anche nel mondo dell’impresa è possibile mettere in pratica quella “cultura dell’incontro” che Papa Francesco ci invita a vivere.

Tra i relatori del convegno, Paolo Musso, professore di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni all’Università Europea di Roma, ha spiegato che “la diversità di razza, di genere, di religione e di “salute”, la “diversa abilità”, hanno rappresentato una barriera all’incontro tra persone differenti, nascondendo dietro la difesa della propria identità di “gruppo”, l’ingroup, la paura, l’inquietudine e i pregiudizi sulle realtà disomogenee da sé.

Invece molte volte il confronto può avere l’importante funzione di spingere l’individuo a prendere coscienza dei propri limiti e della necessità di intraprendere percorsi di cambiamento, attraverso un processo di consapevolizzazione e di rispecchiamento nell’altro, nel diverso.

L’accettazione della diversità che va vissuta nei fatti e non dichiarata a parole, deve diventare parte di quel processo dialettico che vede nello scambio tra differenti un arricchimento reciproco.

Una chiave interpretativa che va in una tale direzione è data nelle Scritture (Atti 2,1-13 alla luce della Genesi 11,1-9) dove la Pentecoste viene vista come il rovesciamento della Torre di Babele: Dio «confonde le lingue» non per punire la presunzione degli uomini, ma perché la differenza custodisce la vita (precedentemente nella Genesi 10, 5 parlando dello sviluppo dei popoli: “…da costoro derivarono le nazioni disperse per le isole nei loro territori, ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni”) e impedisce una cattiva unità che schiavizza a favore di una sana diversità di culture

Il dono dello Spirito permette di ritrovare una buona unità che non toglie nessuna differenza (anzi, le valorizza) e prefigura un popolo che «esce», e si “disperde” in tutte le nazioni”.

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ZENIT Staff

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