Il cardinale João Braz de Aviz è perentorio: “Ciascuno di noi sia vino nuovo in otri nuovi. Puntate solo sulle cose che veramente contano. Generate Dio nelle comunità. Così che Lui possa parlare. E poi spostatevi! Chi si mette al centro non può trovare Dio. Solo Dio deve essere al Centro. Solo Dio è Centro”.
Con queste parole, il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha aperto l’incontro-dibattito svoltosi lo scorso 19 maggio, presso l’Auditorium dei Missionari della Consolata, sul tema “Le sfide di Papa Francesco ai consacrati”. L’evento è stata l’occasione per presentare il libro biografico del porporato dal titolo“Dalle periferie del mondo al Vaticano: la mia storia verso la Chiesa di domani”, edito da Città Nuova.
Il volume ripercorre la vita del cardinale brasiliano. Nel presentarlo, il cardinale ha spaziato tra diversi argomenti di grande attualità per la Chiesa e il mondo di oggi. Dalla formazione ai carismi, passando per il sentito tema della fede; dai giovani alle opere, incrociando l’economia; dal sociale alle vocazioni, approfondendo la delicatissima relazione uomo-donna. Senza paura.
Forte e lanciatissimo per le parole e le azioni di Papa Francesco, nell’incontro, organizzato dal Forum di Unità e Carismi, Braz de Aviz ne ha avuto per tutti: “I religiosi sono forse una delle multinazionali più forti esistenti – ha detto – Ci sono ordini ricchi che hanno molti soldi e andrebbero usati per aiutare molto di più. Li devono usare! Per esempio aprendoli a ordini più poveri in difficoltà o anche ai laici e al loro carisma e al loro impegno. Apriamo i rapporti! I carismi sono in tutti e occorre ricostruire i rapporti con gli uomini e le donne di oggi!”.
Al fianco del porporato, don Flavio Peloso,superiore generale degli Orionini. Anche lui ha rincarato la dose, dando ai presenti l’opportunità di sentire, in modo tangibile, la rivoluzione in atto: “Basta con l’idealismo – ha affermato Peloso – Occorre tener più conto del clima che viviamo. E usare tenerezza che, a lungo andare, è capace di cambiare gli atteggiamenti e i comportamenti”.
“Il Papa – ha aggiunto – vuole la conversione e il cammino verso Dio. Ma andando nelle periferie e incontro a chi è lontano da Dio. Per portarglielo. Per farglielo conoscere. Usciamo dalla Chiesa e dall’auto-referenzialità. Andiamo nel Mondo. Andiamo nella società. E nel farlo con felicità. Amiamo e serviamo”.
Ciò che i relatori hanno proposto è dunque “una Chiesa nuova”, una Chiesa “che si asservisce ai suoi fedeli”, senza giudicarli né celarsi dietro a dogmi e dottrine, lontane dalla vita reale. Una Chiesa che, tra l’altro, parla la lingua dei giovani e usa i suoi strumenti. Non in senso tecno-riduzionistico, ma che, con cognizione di causa, si fa viva tra la gente. Una Chiesa vicina e che ama, insomma. Che ama tutti, perché “diversi è bello – ha detto il superiore degli Orionini -. Diversità è arricchimento. Proprio come i nuovi carismi hanno la freschezza e quelli vecchi hanno l’esperienza. Sono diversi. E si arricchiscono a vicenda”.
Proprio la bellezza risulta la chiave di volta in tutto questo piano di rinnovamento proposto. La bellezza in tutte le sue forme. Che spazia dal creato, alle figure maschili e femminili, non antagoniste, ma tra loro complementari. Come vuole la famiglia che torna nucleo centrale e primitivo di formazione dell’individuo e della sua socialità, della sua capacità di relazionarsi e del suo senso di responsabilità.
“Ciascuna famiglia sia una Chiesa e la Chiesa sia la famiglia di ciascuno. Serve un cambio di mentalità. Perché è inutile fare la dieta se hai la testa che è di grasso”, ha detto Braz de Aviz con un pizzico di sana ironia che ha fatto sorridere i presenti. Tutti, infatti, sono usciti dall’Auditorium completamente galvanizzati dall’incontro. La sensazione è quella che finalmente il rinnovamento non sia solo un venticello, ma l’urlo di un ciclone in avvicinamento.